LO SGUARDO DI ORFEO

 

di Maricla Boggio

FELICITÀ DISPERAZIONE ILLUSIONE

MORTE E PACIFICA ZIONE

DI ORFEO

 

ORFEo cantore di ORFEi

Personaggi

IMENEO
ORFEO
EURIDICE
IL SERPENTE
IL POETA

 

(Imeneo arriva correndo. È avvolto in un manto color zafferano. Tiene alta in una mano una torcia accesa. ORFEo ed Euridice sono abbracciati. Un serpente di dimensioni umane afferra Euridice ad un piede e la trascina via. Il Poeta osserva quanto accade)

EURIDICE ORFEo!!!. ..

(ORFEo affronta il serpente. Imeneo assiste immobile. I due lottano, ma il serpente non abbandona la presa su Euridice. ORFEo è gettato a terra. Il serpente e Euridice spariscono fuori scena)

ORFEO Euridice!!! ...

(La torcia di Imeneo si spegne sfrigolando. Imeneo si avvicina ad ORFEo impietrito)

IMENEO Di corsa ero venuto al tuo richiamo con la torcia di fuoco
ad augurarvi un'unione felice. Ma la tua sposa, Euridice,
il serpente l'ha rapita:
Persefone e il re delle ombre l'hanno voluta con sé.

ORFEO Vado da loro.
Li convincerò a restituirmela.

(ORFEo si concentra, poi comincia a parlare)

Divinità sotterranee, mi sentite?
Non sono venuto qui per visitare il vostro regno
né ad incantare i mostri a custodia delle entrate.
Motivo di questo viaggio è la mia sposa.
Un serpente l'ha uccisa, e non aveva l'età per morire ...
L'amore mi ha portato fino a voi: sulla terra
è un dio ben conosciuto, non so se lo sia anche qui, ma lo spero.
Persefone, tu la rapisti un tempo, Plutone; vi siete uniti per amore ...
Vi prego allora, ricomponete l'esistenza spezzata di Euridice!
Tutti quanti vi siamo dovuti:
dopo un tempo breve passato di sopra, presto
o tardi ci affrettiamo verso questo luogo.
Anche lei sarà vostra quando avrà percorso intera la sua strada;
ma adesso rimandatemela indietro,
come un regalo perché possa stare insieme a lei!
Se mi negate questa grazia io non voglio più andarmene:
sarà un vanto per voi averci morti tutti e due!

(ORFEo tace assorto)

IL POETA Piangevano le anime esangui
mentre parlava ORFEo.
L'aria era piena della musica e delle suggestioni del suo canto ...
Tantalo non cercava di afferrare l'acqua che gli sfuggiva nelle onde ...
La ruota di Issione era ferma, stupita ...
Gli avvoltoi non colpivano più col becco il fegato a brandelli di Prometeo ...
Le figlie di Belo avevano abbandonato le brocche ...
Sisifo si era seduta sul suo sasso.
Per la prima volta sulle guance delle Furie, scorrevano le lacrime.
E la Regina delle ombre, il Re stesso non hanno il coraggio di rifiutare:
chiamano Euridice. Lei era tra le ombre
appena giunte: e vedendo ORFEo gli si avvicina,
il passo lento per la ferita. Lui
la prende per mano, ma in quel momento
viene anche a sapere la condizione:
di non guardarla finché non fosse uscito dalla valle dei morti:
altrimenti svaniva il dono di Euridice.
Attraverso muti silenzi percorrono un sentiero
in salita, difficile, oscuro, denso di nebbia fitta ...
Ed erano ormai quasi all'uscita quando ORFEo,
temendo che lei non ci fosse più, avido di vederla da amante
volge indietro lo sguardo: e in un attimo viene ricacciato indietro
e tende le braccia tentando di afferrare l'amato e di essere afferrata da lui,
ma non riesce a stringere nient'altro che l'aria e subito quell'aria sfugge.
Muore un'altra volta Euridice e non lo rimprovera, perché
di che poteva rimproverarlo se non di essere amata?
Gli grida «addio» un'ultima volta, a stento lui la sente e scivola indietro di nuovo:
ORFEo rimane impietrito. Prega invano Caronte che lo traghetti ull'altra volta;
per sette giorni rimane sulla riva con tristezza infinita, senza toccare
nessun cibo tra quanto la terra gli offre:
affanno, lacrime, dolore sono il suo nutrimento.
Maledice poi la crudeltà degli dei infernali e se ne va sul Rodope battuto da vento.

Per la terza volta il Sole aveva chiuso il suo giro
nei Pesci, segno d'acqua. ORFEo aveva sempre rifuggito le donne:
e per il dolore provato e perché l'aveva promesso.
La smania di congiungersi con il poeta possedeva tuttavia molte di loro,
ed erano in tante a rattristarsi del rifiuto. Lui aveva anche indotto
i popoli di Tracia a trasferire l'amore sui maschi ancora teneri
e a cogliere i primi fiori di quella primavera breve che è l'adolescenza.

C'era un colle, e sul colle una radura
perfettamente piana, che i fili d'erba rendevano verdissima.
Mancava l'ombra in quel terreno; ma quando il poeta divino
si sedette nella radura e toccò le corde della lira,
in quel luogo l'ombra venne; e non mancò la pianta
della Caonia, né il bosco delle Eliadi o il rovere dalle larghe fronde,
né i molli tigli, il faggio e il vergine alloro,
e i noccioli fragili, e il frassino adatto a fare lance,
e l'abete senza nodi e il leccio incurvato dalle ghiande, e il platano festoso
e l'acero dai tanti colori insieme ai salici che vivono sui fiumi
e il loto d'acqua, e il bosso perpetuamente verde e le tenui tamerici,
e il mirto di doppio colore e il lauro selvatico ceruleo di bacche ...
E voi pure veniste, edere che vi inerpicate tortuosamente,
insieme alle viti coi loro pampini e gli olmi intrecciati alle viti,
e i frassini selvatici e i pini, e il corbezzolo ornato di pomi rossastri
e le palme snelle premio di vittoria al vincitore, e il pino dall'alta chioma irsuta,
caro alla madre degli dei, Cibele, se è vero che suo figlio Atti
per lei lasciò l'immagine di uomo e si indurì in quel tronco ...
Si unì a questa folla il cipresso nitido e scuro:
albero ora, ma prima fanciullo amatissimo ...

Questo bosco aveva attratto il poeta,
ed egli sedeva in mezzo ad una moltitudine immensa
di fiere e di uccelli. Lui prese allora a cantare.
Storie di giovinetti e di fanciulle ... Amori felici e infelici...
Trasformazioni per la gioia e la disperazione ... Storie ... storie ... storie d'amore ...

 

MARCO E GIORGIA

fatto di cronaca

Personaggi

MARCO
GIORGIA
SILVIO
MEDICO

Una discoteca, oggi

(Marco e Giorgia arrivano in discoteca sopra una moto.
Musica rock. Scendono. Siedono abbracciati)

MARCO È bello avere una compagna. Prima ero sempre triste.
Nessuna fiducia in me stesso. lo canto ... suono ... ma quanti fanno queste cose?
E il successo quando arriva è montato ...
Prendono te perché in quel momento gli vai bene, sei biondo, hai gli occhi neri ...
o perché il tuo gruppo ha tentato un discografico,
che spera di cavarne un bel sacco di soldi.
Allora diventi una star. .. Combinazioni fortunate,
non c'è gran merito nella riuscita ... E quando non vai più, ti gettano via.

GIORGIA lo ti ho voluto proprio perché eri tu.

MARCO E quello che sono ... quello che sento veramente ...
è anche Giorgia. Non credevo che si potesse amare tanto una persona.

GIORGIA lo sono una che studia e che lavora ... come tante ragazze.
Ma quando mi hai guardato, mi sono sentita speciale ...
Tu da solo e io da sola siamo spenti. Invece insieme
diventiamo una luce ... Non so come spiegarti. ..

MARCO Le parole ... Non bastano, le parole.

(La abbraccia)

Sai che cosa provo in questo momento?
Voglio fartelo sentire abbracciandoti.
Con le parole posso dirti soltanto ...
sono dentro un'onda caldissima e ho una voglia pazza
di correre ... di gridare di ridere!

(Ride in preda a una gioiosa frenesia e bacia Giorgia facendola volteggiare.
Ballano. Sono fermi di nuovo, gli occhi persi l'uno nell'altra)

GIORGIA Dirai ancora così quando non sarò più bella?

MARCO Mai non sarai più bella.

GIORGIA Tanti si separano al primo segno degli anni.

MARCO Se ti ammalerai, ti amerò ancora di più.

GIORGIA E se non potrò più fare l'amore con te?

MARCO Anche vecchi e malati.
Se potremo soltanto tenerci per mano e aiutarci a non cadere ...

GIORGIA Marco sarà sempre il mio amore ...

MARCO ... e Giorgia il mio.
Ma oggi abbiamo ancora tutto! Oggi è meraviglioso.

(Marco e Giorgia ballano)

GIORGIA Come sei caldo!. .. Le mani ... il viso ...
tutto il corpo ... Bruci!

MARCO E tu sei sudata ... Lucente ... splendida ... Sei viva! Viva! Viva!. ..

(Giorgia si stacca da Marco)

GIORGIA È tardi... Devo andare. I miei restano svegli ad aspettarmi. ..

(Giorgia corre via)

MARCO Ancora un bacio ...

(Giorgia è già fuori. Sulla musica un fortissimo colpo di clacson.
Entra Silvio)

SILVIO Marco.

MARCO Eh? ..

SILVIO Non so come dirtelo ...

MARCO Sì, andiamo via anche noi.
Lo so, è tardi. Ti porto sulla moto.

SILVIO Marco. È successa una cosa. Marco ...

(Marco urla)

MARCO Giorgia! Dov'è?

SILVIO Correva. Marco. Una macchina.
Non ha guardato ...

(Marco è come svuotato. Pressocché afono)

MARCO Non è vero.

(Afferra Silvio al petto)

Mi stai prendendo in giro! Tu e i tuoi affari di droga!. ..

SILVIO Non puoi crederci ma è vero.

(Un silenzio. Poi Marco urla)

MARCO Se fossi andato via con lei morivo anch'io!
L'ho rincorsa, è sparita ... Oh! Non potevo fermarla?!...
Era li. È ancora li! Un attimo! È passato un attimo soltanto!

(Corre verso il punto in cui è uscita Giorgia.
Protende le braccia come se lei fosse ancora là. Febbrile, allucinato)

MARCO Marco e Giorgia felici.
Marco e Giorgia e niente altro. Niente siringhe niente roba niente di quello che tu vendi. Adesso tutto cambia. Adesso devi darmela una dose!
Me la devi dare perché devo rivedere Giorgia!

SILVIO Va bene.

(Tira fuori una bustina e una siringa.
Si china su Marco e gli inietta una dose. Si mette da una parte)

MARCO Ah!! ... Pace finalmente ...
Cos'è questo profumo? Di rossetto, sì. .. dentro la tua pupilla ...
Buio intorno ... So che sei qui ... Profumo di rossetto e l'occhio scuro ... Affondo ...

(Appare Giorgia di lontano. Velata. Si avvicina a Marco)

GIORGIA Ci eravamo promessi di non lasciarci.

MARCO Ero certo che saresti venuta. Abbracciami. ..

(Giorgia abbraccia Marco avvolgendolo nel velo insieme a lei)

GIORGIA Sono tornata, ma è un'eccezione. Finché la tua vita non sarà conclusa,
non ci vedremo piu. A noi non è permesso ricomporre ciò che ormai è diviso.
lo li ho pregati. Il tuo dolore ha raggiunto la loro indifferenza divina e li ha sorpresi
per la sua violenza. Allora è stata fatta un'eccezione.

MARCO Dovevo assolutamente rivederti. Perché ti amo.

GIORGIA Per questo mi hanno dato il permesso di venire,
e hanno scusato il mezzo di cui ti sei servito.
«Per questa volta», hanno detto.

MARCO Ma io non pòsso vivere di nuovo solo! Giornate squallide
tutte ... uguali ... Eri tu a dare senso alla mia vita.

GIORGIA E alla mia l'avevi dato tu.
Adesso è tutto cambiato.

MARCO Ho chiesto a Silvio che mi dia quella sua roba.
Per averti vicino ...

GIORGIA Mi rattristi se parli cosi. Ci rivedremo quando sarà il tempo.
Vivi! Anche per me. Non rinunciare ...

(Giorgia è andata via. Silvio viene accanto a Marco)

MARCO Cosa è successo? Giorgia, dov'è?

SILVIO È morta, Marco.

MARCO Allora è vero. È stata la tua droga a illudermi.
Non ho di nuovo più niente di lei.

(Supplica disperato)

Devi aiutarmi!

SILVIO Ti ho già dato una busta. Era una dose forte.
Non puoi prenderne un'altra, moriresti!

(Marco lo afferra al collo con violenza)

MARCO Ne vendi a tutti, perché ti preoccupi per me?
Non te l'avevo chiesta mai! Venivi qui tutte le sere con la roba,
chi aveva i soldi bastava che chiedesse ... Adesso devi darla a me!

(Tira fuori dei soldi, li sparge per terra)

Tutti i soldi che ho! Ti ammazzo, Silvio, se non me la dai!

SILVIO Sembri uno che si buca da anni. Uno assuefatto in crisi d'astinenza ...

(Con rabbia tira fuori una busta)

Te la do! Ma sì, tela do ... Farai la fine di tanti disgraziati.
Mi dispiace di perdere un amico ...

(Marco rovescia Silvio a terra, come un animale che afferra un uomo alla gola)

MARCO Non mi basta! Vedrò Giorgia soltanto per un attimo. E poi?
Di nuovo solo?! No! Voglio averla per sempre!

SILVIO Di giovani disperati come te ne incontro ogni giorno.
Si bucano per non sentire che la vita fa male ...
E io gliela do questa cosa che li illude. ·Se non ci fossi io sarebbe un altro ...
Delle volte gliela regalo, mi fanno pena. Ma tu sei un amico ...
E suoni . .. canti. .. i ragazzi ripetono le tue canzoni
e tengono il poster della tua faccia sopra il letto.
Nella vita puoi fare ancora tante cose che ti daranno gioie.
Ti è morta la ragazza, ne troverai un'altra ...

MARCO Un'altra? Sei pazzo, non sai che cosa dici. .. Me le devi dare tutte le tue buste!
Niente è peggio di quanto sto soffrendo!

(Si lancia su Silvio. Lottano. Marco atterra Silvio.
Silvio getta delle bustine, siringa e laccio in faccia a Marco)

SILVIO Fa come vuoi! Se hai deciso di crepare ... lo ti ho avvertito.

(Se ne va. Marco raccoglie le bustine e il resto.
Si rannicchia tutto su se stesso. Schiena al pubblico, “si fa”)

MARCO Giorgia, questa volta quando verrai ti seguirò.

(Si sdraia quieto)

Devi venire a prendermi. Giorgia ...

(Come una litania ripete il nome dell'amata)

Giorgiagiorgiagiorgiagiorgia ...

(Appare Giorgia. Più pallida di prima, più evanescente negli abiti)

GIORGIA Hai voluto che tornassi.

MARCO Ho dato tutto per stare con te! Non posso più tornare indietro.

GIORGIA Sei ancora in tempo.

MARCO In tempo?

GIORGIA Per restare. «Se Giorgia è d'accordo», hanno detto. lo voglio che tu rimanga. Che tu viva anche per me. Da vivi consideriamo la vita come se ne avessimo altre
di ricambio. Tu non sai che cosa stai per buttar via per tanto poco ...

MARCO Tanto poco l'amore che ci ha dato la felicità?!

GIORGIA La felicità dura un attimo e noi l'abbiamo avuta. La vita
è un'altra cosa, e tu hai ancora tanti anni davanti a te.
Quando sarà il momento, ci riuniremo.

(Sorride misteriosa)

Sarai tranquillo, allora. lo ti accoglierò serenamente.
Adesso sono così confusa .

MARCO La macchina... Senti dolore? Allora in te
c'è qualcosa di vivo! Qualcosa che ci unisce!

GIORGIA Soltanto un malessere leggero, un disagio per il cambiamento.
Sta già passando ...

MARCO Sorridi. Come puoi sorridere!?

GIORGIA lo sono morta, Marco.

(Prende la siringa rimasta accanto a Marco)

Questa spada! Ah, non è dolce il suo calore. Gettala via!

(Getta lontano la siringa)

MARCO Tienimi la mano sulla fronte. La tua mano fresca ...

(Piange)

GIORGIA lo provo tenerezza per il tuo dolore.
Ma non ne faccio parte, Marco. Devi aspettarmi...

(Si allontana)

... e io aspetterò te ...

MARCO Giorgia! Non andartene! Vivere senza di te, no!
Aspettami! Giorgia!

(Tenta si alzarsi e di raggiungere Giorgia.
Ricade senza forze. Entra Silvio con un medico)

SILVIO Teneva in mano parecchie bustine. Urlava che se le voleva fare tutte insieme ... Gli è morta la ragazza ... Era come pazzo, aveva deciso di farsi fuori.

(Sollevano il corpo di Marco e lo portano via)

SILVIO Se la caverà?

(Giorgia, invisibile ai due, si avvicina a Marco e gli da un buffetto sulla guancia.
Marco sospira e geme come se stesse riprendendosi)

MARCO Hmm!!!

MEDICO lo dico che se la caverà.

(Giorgia appoggia la mano sulla fronte di Marco e accompagna i due che lo portano via)

ERACLE

Personaggi

TANATO
ADMETO
ALCESTI
AMICO
ERACLE

(Tanato è un bellissimo ragazzo vestito di nero. Trascina per i capelli Alcesti, ne rialza una ciocca. Con un grande paio di forbici la recide incendiandola. Mentre la ciocca arde, Alcesti si torce in preda a spasimi)

TANATO Admeto. Alcesti. Che muoia lui o lei è lo stesso per me. La moglie
ha preso su di sé la pena del marito. Gliela risparmia, la consuma.
Ha vissuto nel segno della carità, pianto e dolore accompagneranno la sua morte.

(Tanato avvolge in una carezza il corpo di Alcesti. Esce)

Mi fa pietà. Poteva vivere, ma Admeto lei lo ama più della vita.

(Entra Admeto. Corre a sorreggere Alcesti)

ADMETO Ti ho amato e non te l'ho mai detto. Perdonami.

ALCESTI Non avevi tempo per me, eri di tutti. Ti amo anche per questo.

ADMETO Non lasciarmi!

ALCESTI Una notte d'ombre si stende sui miei occhi.
Non ho più forze ...

ADMETO È il tuo amore a lasciarmi in vita.

ALCESTI Senza di te io non volevo vivere! Una cosa ti chiedo - oh!
non che equivalga alla vita, niente ha più valore della vita,
ma una cosa giusta. Tu vuoi bene ai nostri figli: non ti sposare!
Non dare una matrigna alle nostre creature,
non sarà affettuosa con loro e ne vorrà degli altri, suoi.
Non sposarti! Sono io che te lo chiedo.

ADMETO Sarà cosi, sarà così, non devi aver timore.
Anche da morta sarai la mia sposa. Mi bastano i figli che mi hai dato,
spero di poter stare insieme a loro, con te ho vissuto così poco ...

(Admeto si esalta compiacendosi del suo lutto)

Non ci saranno più nella mia casa le feste delle sere d'estate,
con tanta gente allegra e fino a notte le chiacchiere
con gli amici e i canti e gli scherzi e le risate ...
Non suonerò più, non ci sarà più gioia nel mio cuore,
che cosa potrei cantare ormai?

(Solleva tra le braccia Alcesti)

Farò fare una statua che ti somigli in tutto, la chiederò allo scultore più bravo.
Il corpo, i lineamenti, i colori dovranno essere fedelmente i tuoi ...
Ti adagerò sul nostro letto. Le mie braccia ti circonderanno.
Ti chiamerò ripetendo il tuo nome ... Alcesti ... Alcesti ... Alcesti ...
Mi sembrerà di averti ancora con me, stretta al mio petto ... sarà
come averla qui con me la donna che io amo ... anche se tu non ci sarai più ...

(Alcesti sussurra con sforzo)

ALCESTI Sono ancora con te ... Questo mio corpo è vivo ...
Baciami ... le mie labbra conservano il calore della vita ...

ADMETO Questo momento appartiene al passato. Saprà di gelo quel piacere,
di tenere di te fra le braccia soltanto un'immagine.
Ma più leggero farà il peso dell'anima. Tu verrai nei miei sogni e io ne sarò consolato.

(L'immaginazione di Admeto si fa orgasmo nella celebrazione di sé)

Se avessi la poesia di ORFEo e fossi capace di cantare come lui,
ammalierei il cuore di Persefone ... Allora potrei rubarti all'Inferno!
Il cane di Plutone non mi tratterrebbe ... Caronte che sta al remo
e trasporta le anima non saprebbe opporsi ... Farei tornare la tua vita alla luce.
Ma tu aspettami ... aspettami laggiù, ti raggiungerò
quando anche per me sarà venuto il tempo della morte.
Prepara la casa dove tu e io abiteremo insieme ...

(Alcesti è disperatamente protesa in un pensiero)

ALCESTI Non sposerai un'altra! L'hai giurato.

ADMETO Quello che ho detto lo farò.

ALCESTI Su questa tua parola ti affido i nostri figli.

ADMETO Come farò senza di te, da solo ...

ALCESTI Addio ...

ADMETO Che fai? Mi lasci? Sono perduto ...
Oh!, mia povera vita ...

(Solleva il corpo inanimato di Alcesti ed esce.
Entra Eracle accompagnato dall'amico di Admeto)

ERACLE E ti ricordi poi di quella volta che siamo andati a caccia di cinghiali? Ah!
Lui era il più coraggioso! Certo io ero il più forte, ma Admeto
correva incontro agli animali con una gioia! Tu lo guardavi e ti ridevano gli occhi ...

AMICO Sì. Erano i momenti più belli ...

ERACLE Ma tu quasi non parli. Perché? Non ti piace ricordare quei tempi?

AMICO Admeto è triste oggi. E io lo sono per lui.

(Entra Admeto)

ERACLE Mi riconosci?

ADMETO Sei la mia gioventù! Eracle! Eracle!
Quelle notti d'inverno al fuoco dei camini ... le canzoni ... i racconti delle battaglie ...
Poi all'alba la caccia. Tu portavi la sfida che sempre guidava le tue imprese.

ERACLE Mi fai festa ma non sei allegro.

ADMETO A te non posso nascondere il mio animo.
È morta una donna una donna di qui. L'affetto che mi lega a questa gente
mi impedisce di festeggiarti come vorrei.

ERACLE lo ridevo ... gridavo ...

(Indica l'AMICO)

Ma lui non me l'ha detto.

ADMETO Non lo sapeva. Avrai le cure che ti meriti, soltanto
non potrò farti compagnia. Ma una stanza comoda, un pasto cucinato. bene,
del buon vino e la presenza di questo amico premuroso
che mi sostituirà come me stesso ti mostreranno l'affetto
che conservo immutato per te.

ERACLE È per voi un fastidio ospitarmi durante questo lutto.
Mi aspettano per un'impresa, tornerò un'altra volta.

ADMETO Se te ne vai mi offendi. La mia offerta è dal cuore, non rifiutarla
anche se non passeremo la serata insieme. È buio ormai.
Volentieri sostituirei al dolore la gioia di restare con te.
Se le parole non ti bastano, sappimi leggere nel cuore.

ERACLE Sento il calore dell'antica amicizia. Rimango, allora.

ADMETO I servi ti daranno quanto occorre. E per la cena verrà con te il mio amico.

(Eracle esce)

AMICO Non gli hai detto di Alcesti. È lei, te lo leggo sul viso.

ADMETO Dirti di sì sarebbe come ammetterne la morte.

AMICO Alcesti ha voluto sostituirti. Nessuno ne era stato capace.

ADMETO Ho accettato lo scambio concesso dagli dei.
Nessuna generosità in loro, semplice condiscendenza. E disprezzo,
un morto per un altro, identico valore numerico.

(Piange, per la prima volta)

Alcesti, io sono vivo. Ma la vita, era con te.

AMICO Tuo padre e tua madre la vita te l'avevano già data,
non hanno voluto fare di più. E anch'io che cosa ho fatto? Quante volte
nella nostra amicizia facevamo danzare le parole delirio della mente, fino a esaltarci ...
Ci siamo vantati di un amore fatto d'aria e di vento, ognuno poi,
alla prova, è rimasto gelosamente a difendere se stesso. Lei soltanto ... una donna.

ADMETO Lei, si. E mentre già moriva, io immaginavo una statua che le somigliasse ... Stava morendo e io la consolavo ... credevo!
di consolarla descrivendole quell'immagine di lei, immortale.
Era egoismo il mio, soltanto adesso, nell'assenza, ne sono consapevole,
volevo illudermi per non soffrire.

AMICO Riempi di sentimenti il tuo cuore, Admeto, non di rimpianti sterili.
lo non ho avuto la forza di morire per te, ma senza di te non posso vivere.

ADMETO Sono spezzato in due. Mutilato. Devo soffrire fino in fondo la privazione.

(Admeto esce. Entra Eracle)

ERACLE L'acqua del bagno era calda. Odorava di viole.
Mi sento in pace e ho fame.

AMICO Tutto è pronto per te.

(L'Amico batte le mani.
Entra un servo con un carrello di vivande vivacemente elaborate)

Non hai che da scegliere.

ERACLE Scegli anche tu.

(Eracle va prendendo qua e là i cibi che più lo attirano.
Si ferma accorgendosi che l'amico non fa altrettanto)

Non mangi?

AMICO Sì...

(L'amico mette svogliatamente dei cibi su un piatto.
Ma subito si ferma, incapace di proseguire)

ERACLE Oh! Stai sforzandoti per me!. ..

(Getta il piatto da una parte)

SÙ dimmi: chi era quella donna?

AMICO Amore. Carità. Era Alcesti.

(Eracle afferra l'amico per la gola)

ERACLE Che cosa sono io? Un bruto privo di sentimenti,
pronto soltanto a soddisfare il suo corpo?! Credete che io possa dividere con voi
soltanto le giornate allegre?! Il dolore che avvicina le anime
riunendole in un comune sentimento d'amore non è per me?!

(Abbandona la presa, sconsolato)

Ecco che cosa mi porta la vittoria delle mie fatiche, a non essere considerato un uomo ...

AMICO Era difficile. Difficile per noi dirtelo.

ERACLE Se c'è l'amicizia, perché? Mi nascondi qualcosa.

AMICO È ... un senso di vergogna. Admeto doveva morire.
Alcesti ha accettato lo scambio ...

ERACLE Lo scambio?

AMICO Si è offerta lei, per amore. Sperando di riunirsi al marito nell'altra vita.
Ma adesso è lui a soffrire il distacco.

ERACLE Lasciami solo.

(L'amico esce)

E adesso, a tu per tu con me stesso. Uomo? Dio? Che cosa sono io?
Due nature mi contendono. Eterno è bello. Quello che mi addolora
è che gli uomini debbano morire. Come dio, fermerò lo Spirito della morte.

(Entra Tanato tenendo Alcesti per mano)

Tanato, devi darmi questa donna!

TANATO È mia. Perché dovrei ridartela?

ERACLE Perché io te lo chiedo.

TANATO E chi sei tu, per farmi questa richiesta?

ERACLE Un uomo e un dio.

TANATO Un dio ha concesso a Admeto la vita in cambio della moglie.
E dunque Alcesti è mia.

ERACLE Ma può capire un dio se non è anche uomo,
il sacrificio di una donna che si offre perché un altro viva al posto suo?

T ANATO Vivrà nell'altro, questa sarà ta sua vita. Non chiedermi di più.
lo sono qui per eseguire l'ordine di un dio.

ERACLE Lascia allora a me la decisione. Restituiscimi questa donna.

TANATO E che dirò all'Inferno quando mi vedranno arrivare senza Alcesti?

ERACLE Che l'amore è stato più forte. Cosa ne sanno loro delle sere d'estate, q
uando la calura spinge fino al mare e ridendo fra gli spruzzi l'uomo porta,
dolce peso, la sua donna sulle spalle, fingendo di temere le onde nere che lo sovrastano?
Che ne sanno del tocco leggero delle mani sulle spalle affaticate
di un bambino di ritorno dal gioco ... Del parlottare irrequieto
tra i piccoli e la madre nell'alba chiara mentre l'acqua scorre sui giovani corpi
a cancellare l'apatico abbandono del sonno? Non sanno niente di queste cose,
che sono la vita degli uomini. E dunque
a chi ti chiederà dirai soltanto che l'amore è stato più forte.

TANATO Mentre parlavi mi è venuto il desiderio di sensazioni
che non ho mai provato ma che immagino belle. Per questa nostalgia
di cose non vissute io ti do Alcesti, che almeno lei
che tanto deve averle amate possa ancora goderne.

(Tanato affida Alcesti a Eracle che la prende per mano. Esce.
Entra Admeto con una corona di fiori. Piange. Eracle copre il volto con un velo)

ADMETO Cuore che non trema, anima grande a cui nessuno è uguale per virtù,
io ti saluto. Prima che tu scompaia ai nostri occhi, voglio adornarti con questi fiori.
La tua bellezza resterà dentro di me come il tuo amore ...

ERACLE Era Alcesti a morire e tu non me l'hai detto!Merito così poca stima io,
che tu non voglia rivelarmi l'angoscia che ha sconvolto la tua vita fino ad oggi serena?!
Di Eracle ha prevalso in te l'immagine del dio, è stato giusto allora
escludermi dai sentimenti degli uomini.

ADMETO Volevo che tu restassi nella mia casa. Addolciva il mio cuore ferito
saperti ospite trattato con cura. Ma chi è la donna che tieni per mano? Alcesti ...
il suo nome a guardarne la figura mi sfugge dalle labbra; in ogni caso
richiama le sembianze di lei, la statura, il portamento, la figura, e perfino il profumo ...
Portala via! Il cuore mi si spacca ... Ora soltanto mi rendo conto
della perdita immensa da me stesso voluta.
Come una smania mi scava dentro e mi trascina ...

ERACLE È l'amore, sì, l'amore! Per averli amati
siamo tratti a piangere su quelli che la morte ci ha rapito.
Questa donna io te la offro. Prendila, è tua.

ADMETO Ho giurato! Mai più per me una sposa! Ho giurato
e non sapevo se le mie azioni sarebbero state fedeli alle parole.
Ma ormai io vivo nell'attesa di riunirmi ad Alcesti.

(Eracle mette la mano di Admeto in quella di Alcesti e le toglie il velo)

ERACLE Dammi la mano, non aver paura. Guarda se in lei
scopri qualcosa che sia degno della donna che hai amato.

ADMETO È Alcesti! È vero oppure è un'illusione questa gioia che mi toglie a me stesso?

ERACLE lo non evoco ombre. È la tua sposa. Toccala. Parlale. Non è un sogno il tuo.

(Admeto abbraccia Alcesti)

ADMETO Sei tu ... Sei proprio tu ... unica incomparabile per me!

Ma come hai fatto, Eracle, a condurla alla luce dopo l'ombra?

ERACLE Ho affrontato il demone che la teneva in suo potere.
Accompagnala nella vostra casa, rispetta il suo silenzio; per tre giorni tacerà,
sacra agli dei sotterranei. Rifletti su quanto ti è successo e agisci nel futuro
secondo i sentimenti dell'amore.

(Eracle esce)

AMICO Sono molte le forme degli eventi. L'opera degli dei sovente si rivela
contro la nostra attesa. Quello che si credeva non si avvera
e un dio trova la via a cose delle quali non si aveva speranza.


CIAO L'INCOMUNICABILIT À

una storia di oggi

Personaggi

LUI LEI

(Due giovani stanno seduti uno accanto all'altra. Non si guardano)

LUI Ma perché?

LEI Se non lo capisci da te, come posso spiegartelo io!

LUI Che cosa devo capire? Lo avevi lasciato ...

LEI Oh! Ma non è questo!

LUI Non è ... per quello là?

LEI Ma no!

LUI Allora è un altro? Un altro ancora!?

LEI Eh! Sarebbe facile se fosse così...

LUI Vuoi dire che ritorneresti con me se si trattasse di un altro?

LEI Sì.

LUI Oh Dio! Questa non me l'aspettavo ... Per un bel po' di tempo sei rimasta indecisa
fra Aris e me. Capisco che lui potesse piacerti...

LEI Ma io pensavo che piacesse a te! Ti ridevano gli occhi,
ti illuminavi tutto quando lo vedevi arrivare!. ..

LUI Credevo che fosse il tuo migliore amico! Studiavate insieme, lavoravate
in quei vostri impegni, nei quartieri di periferia .
Ero contento che ti volesse bene Non avrei mai creduto che facesse l'amore con te.

LEI Non è stato l'amore ad unirci. Aris era ed è
soltanto un amico, per me. E come amico l'ho cercato, perché mi aiutasse ...
Te l'ho già detto, non è quello il motivo.

LUI E allora, è come temevo. Non ho mai visto altri uomini intorno a te.
E credimi, avrei preferito un tradimento, un avversario
contro cui poter combattere, insomma.

(Si preme i pugni sugli occhi, rabbiosamente. Lei lo guarda ironica)

LEI Stai attribuendo a me quello che invece provi tu.

(Lui rialza il volto di scatto e la fissa iroso)

LUI Che cosa vuoi dire? Spiegati meglio!

LEI È a te che piacciono quelli del tuo sesso.

(Lui si alza di scatto in piedi, teso nell'ira)

LUI lo sto con loro perché dobbiamo preparare le tournées!
Vivo col gruppo! Per forza, è uno scambio continuo! Prove! Prove!
Nessun tipo di orario! Incisioni! L'uno per l'altro, uno scopo comune!

LEI Finalmente! Ecco che l'hai detto, per te ha valore quello che a me rifiuti.

LUI Ma se ogni tuo desiderio è stato per me sempre un motivo di gioia,
quando potevo fare una cosa che ti facesse piacere!

LEI Tu! Tu! Sempre tu: «Tu» potevi fare! «Tu» venivi incontro ai miei desideri!
Ma io voglio essere libera! La vuoi capire questa semplice parola? «Libera! »,
che non ha niente a che vedere con le tue piccole lamentazioni, con le tue gelosie mascherate di generosità, con le tue squallide insinuazioni su chi frequento?!

(Lui rimane muto, confuso, umiliato. Riprendendo a parlare dopo una pausa)

LUI Avevi avuto delle storie, prima. E io ti ho sposata.
Mi hai presentato i tuoi amici e li ho accettati senza chiederti niente di loro.
Sei bella, ti volevano da tutte le parti. Guadagnavi, avevi successo ...

LEI Ma cosa stai dicendo? Enumeri le concessioni
che la tua superiorità di maschio mi ha accordato?

LUI Tu continui a non dirmi quella che è la verità.
Già una volta te n'eri andata da casa nostra.Sono sceso a prenderti, laggiù,
dai tuoi che ti trattavano come una bambina ... Stavi per tornar via con me,
poi sei scappata. Tutta una serie di tentativi di stare insieme, di ritorni e di fughe.
Di nuovo adesso non vuoi più: perché?

LEI Ti avevano detto, i miei, di lasciarmi stare. Che fino a che non fossi uscita
da quello stato d'animo, tu non dovevi guardarmi non dovevi impormi la tua volontà,
hai voluto riprendermi troppo in fretta, con impazienza,
come hai fatto sempre. E mi hai perduto.

LUI Perché non avrei dovuto guardarti? Ti amavo!
Guardare te era come contemplare me stesso.

LEI Tu credi che sia così. Ogni essere guarda a sé prima che a qualunque altro.
Non capisci? E allora, ìo devo farti sapere. Guardami, ORFEo!

(Avvicina il volto a quello di lui cercandogli gli occhi)

Forse tu credi di avermi sempre guardato. Ma mi hai appena sfiorato con lo sguardo, provavi piacere a vedere la mia immagine. Guardami adesso. Che cosa vedì?

LUI Una donna che non conosco.

LEI Perché è la prima volta che mi guardi veramente. Hai sempre visto di me ciò che volevi tu. Ti dirò allora come è andata questa storia che hai tanta voglia di sapere. E perché non tornerò con te.

LUI Sei ben sicura di volermelo dire?

LEI È’ meglio per tutti e due.

LUI lo non voglio. Questo ricordatelo, dopo.

LEI Adesso non vuoi più? È troppo tardi.
Devo cominciare da lontano. Aris era un compagno di studi.
Affettuoso, discreto ... un fratello. Gli parlavo sempre di te.
Poi, via via che veniva fuori questo mio amore che vedeva in te ogni risorsa della vita,
mi accorgevo che lui rimaneva in silenzio ad ascoltarmi,
con un piccolo sorriso ... appena accennato, che gli stirava i lati delle labbra.
Quando gli parlavo di te, non si univa al mio entusiasmo come faceva per tutto il resto che mi stava a cuore, i progetti che andavamo immaginando, gli amici, i lavori,
le cose della mia vita, insomma. Sentivo che non approvava
quello che gli raccontavo, ma non voleva dirmelo: forse per non contraddirmi
o perché voleva che ci arrivassi da sola, a vedere.
Eravate diversi, voi due. Compleamente.
Lui, come noi, di campagna. Famiglia antica, non ricchi ma stimati.
Chiuso di carattere. Adorava gli animali, le api in particolare, per il miele:
diceva che era l'unico cibo che non creava violenza; non moriva nessuno
nutrendosi di miele, né animali, né piante, e neanche frutti. Timido.
Tutto un'altra cosa da te, che sorridi alla gente che ti riconosce per strada
e canti e suoni e perfino le bestie sentono il fascino della tua voce ...
Ma proprio perché voi due eravate così diversi, Aris era il mio amico e tu l'amore.
Di lui mi piaceva quel lavorare per la gente che aveva bisogno,
la solidità con cui agiva, migliorando la vita degli altri
e sentendosi bene per questo, senza tante parole.

LUI Secondo te allora non serve a niente il canto?! La musica non ha una forza divina?! Non ti riscalda, non ti esalta?

LEI Lavorando con Aris, io mi sentivo utile. E per questa sensazione
che mi confermava di essere parte del mondo, sono stata io
che ho voluto fare l'amore con lui. Sentirlo unito a me come compagno di una lotta quotidiana che richiede un aiuto reciproco, giorno dopo giorno ...
Non c'entra la passione. Dovevo riempire il senso di inutilità, il vuoto
che mi prendeva alla gola dopo averti adorato
per la gioia di vivere che sprigionavi mentre col tuo gruppo
cantavi e suonavi. Perfino quando ero stata con te e avevo provato la felicità
di sentirci uniti, avvertivo questa angoscia nel mio cuore.

LUI I compagni di lavoro, è un'altra cosa. La gente dei concerti,
le ragazze ... niente conta per me, soltanto tu.

LEI Purché io sia pronta ad esser li, per te. Senza una vita mia.
Cosi sono andata da Aris, era la mia prova di libertà. La conferma
che esistevo per me stessa. Poi ho deciso di ritornare dai miei.
Perché avevo rotto l'armonia tra noi, che forse ci eravamo soltanto immaginata.
Aris non l'ho più incontrato. Volevo rivederlo. E sono andata a spiarlo di lontano,
mentre se ne stava in mezzo agli alveari. Ascoltava il ronzio degli insetti.
Sorrideva, tra sé affascinato da quel suono evanescente.
Mai a me aveva sorriso in quel modo cosi estasiato.

LUI I tuoi erano contenti che tu tornassi a vivere con me. È ‘vero, tua madre
diceva «Attento! Lasciala stare un po', la nostra Euri ... ». Lasciala stare?!:
Tu mi avevi stretto la mano con tanta forza! ... quando ci eravamo finalmente incontrati nel giardino, quella sera ... Eravamo al buio, la centrale elettrica aveva tolto il contatto: quando minacciava un temporale facevano sempre così in campagna,
i tuoi ce lo hanno detto ridento, perché non avessi paura.
Ci siamo amati nell'oscurità. Entrare dentro di te
è stato come lasciarsi andare a un richiamo d'infanzia.
Leggera e calda mi avvolgevi col tuo corpo, io ero di nuovo felice.

LEI Volevo provare il mio potere su di te. Che tu sentissi il piacere
perché ero io che te lo davo. Temevo di non reggere fino alla fine ...

LUI E invece hai gridato! Eri di nuovo la mia donna!

LEI Ho gridato perché tu finalmente ti lasciassi andare e potessimo parlare.
Non era il piacere a farmi gridare. Quel momento di unione vera, fisica e spirituale
che avevo tanto desiderato, non riuscivo più ad averlo con te. Forse
perché ero stata con Aris. Ma non volevo darti quel dolore. Così ho gridato.
E tu, ormai sicuro del tuo potere di maschio, ti sei concesso di godere.

LUI Ma dopo non abbiamo parlato. lo ho acceso un fiammifero per la sigaretta.
E il tuo viso si è illuminato, ridevi, come liberata da un'angoscia.
Ho fumato, e nel tempo breve in cui il tabacco diventava cenere, ti sei addormentata.

LEI Fingevo. Perché non c'era niente che potessimo dirci!
L'avevo capito guardandoti negli occhi in quell'attimo di luce del fiammifero.
E avevo riso perché ero disperata. La tua premura nell'accendere la sigaretta ...
Ti eri goduto il mio corpo, eri di nuovo lontano. Perso dietro alle tue canzoni,
con la mente ad organizzare le tournées dove io
potevo servirti da ispiratrice o da riposo notturno.

LUI Eri mia moglie. Che altro volevi?

LEI Vivere, volevo. Ti ho lasciato. Semplicemente. Mentre dormivi.

LUI Forse ti ho cercata troppo presto. Avrei dovuto lasciarti libera,
finché non fossi ritornata tu.

LEI Ritornare perché?! Tu vivi soltanto per te stesso.
Credimi, ORFEo, tu non mi hai mai conosciuto.

LUI Non possiamo cominciare adesso?

LEI È’ tardi.

LUI Non puoi andartene così!

LEI Noi due non ci conosciamo, eppure ci conosciamo molto bene ...

(Euridice si alza, gli scompiglia i capelli con un gesto affettuoso.
Lui tenta di prenderle la mano, ma lei si scioglie svelta da quel tentativo di abbraccio)

LUI Te ne vai? Hai proprio deciso? lo non capisco ...

LEI Ciao.

(Esce. ORFEo chiude gli occhi. Urla)

LUI Euridice!!!

(Riapre gli occhi. Euridice non c'è. Singhiozza. Si ricompone. Prova su tonalità diverse
a pronunciare il nome. Lo spezza, lo sussurra, lo canta ritmandolo in forme sincopate
o melodiche. Poco per volta ne trae una canzone)

ORFEO Euri Euri Euridice!. ..

Euridice ... dice dice dididi ... didi ... didi ... dì!

Euri ... Euridice . ..

(A poco a poco al suo canto si aggiunge una musica rock che lo accompagna.
Infine è il boato degli altoparlanti e l'urlo dei fans in delirio in un incrocio
psichedelico di luci da concerto.
Applausi. ORFEo si inchina al suo pubblico. Sorride trionfante).

 

SALOTTO CVETAEVA RILKE - PASTERNAK

omaggio a tre poeti

 

Personaggi

 

MARINA
CVETAEVA
PASTERNAK
RILKE

 

(Un salotto a Parigi. Anni '25.
La poetessa Cvetaeva in abito da sera.
Pasternak, a cui Marina si rivolge. Rainer M. Rilke di lato;
poi interverrà con la sua poesia)

 

MARINA Oh!, caro Pasternak, io Marina Cvetaeva, sarei riuscita
a convincere ORFEo: «Non voltarti!».
ORFEo che si volta indietro
è opera delle mani
di Euridice ...
ORFEo che si volta
o è la cecità dell'amore di Euridice,
la sua capacità di controllarlo ...
oppure è l' “ordine” di voltarsi
e perderlo. Tutto ciò che in lei provava ancora
amore, l'ultima memoria, l'ombra del corpo,
una minima sporgenza del cuore ancora non sfiorata
dal veleno dell'immortalità ...
Fossi stata io Euridice, avrei avuto vergogna e
“Indietro! ... “.

(Pasternak tace)

MARINA Ma, inutile ragionare.
Qui vale la poesia.
E allora ...

(Rimane assorta in silenzio per un attimo.
Tace, poi riprende a parlare, facendosi avanti.
E’ allora la sua poesia, con passione)

“Per chi ha sciolto gli ultimi brandelli
del velo (né guance, né labbra!. .. )
non è forse abuso di potere
ORFEo che scende all' Ade?
Per chi ha slegato gli ultimi anelli
del terrestre ... e sul letto ha lasciato
l'alta menzogna del vedere in volto
e in dentro guarda, il nuovo incontro è spada.
È già pagato - con tutte le rose
del sangue - questo dovizioso taglio
d'immortalità ...
Fino all'alto Lete
amante tu, io chiedo a te la pace
della smemoria ... Perché in questa casa
illusoria tu, vivo, sei fantasma, e vera
io, morta ... Che posso dirti, oltre:
Dimentica e abbandonami!
Non riuscirai a turbarmi! Non mi farò portare!
Non ho neanche mani! Né labbra
da posare! Dal morso di vipera dell'immortalità
la passione di donna prende fine.
È già pagata - ricorda le mie urla!-
questa distesa estrema.
ORFEo non deve scendere a Euridice.
I fratelli, turbare le sorelle”.

(Marina Cvetaeva si ritrae.
Rilke è rimasto assorto.
Come se proseguisse il discorso con la Cvetaeva, RiIke dice i versi della sua poesia «ORFEo Euridice Hermes»: uno scambio tra poeti, nel loro linguaggio)

RILKE «Era l'ardua miniera delle anime.
Correvano nel buio come vene
d'argento, silenziose. Tra radici
sgorgava il sangue che poi sale ai vivi
nella tenebra dura come porfido.
Poi null'altro era rosso.
V'erano rocce
e boschi informi. Ponti sopra il vuoto
e quell'immenso, grigio, cieco stagno
che premeva sul fondo come un cielo
di pioggia sui paesaggi della terra.
Fra i prati tenue e piena di promesse
correva come un lungo segno bianco
l'incerta traccia della sola strada.
E quell'unica strada era la loro».

(Marina Cvetaeva avverte una immedesimazione in quell'ORFEo con quella Euridice e lei con Rilke: in una dimensione poetica, vivendo la poesia come situazione, e si muove di conseguenza. Anche Rilke è preso da quel gioco. Pasternak è Hermes che dirà poi una battuta e resta accanto a Marina-Euridice, come RiIke è ORFEo.
Marina riprende a dire i versi di Rilke, che lui continuerà a sussurrare all'unisono con lei)

MARINA ... «Avanti l'uomo nel mantello azzurro
agile, con lo sguardo volto innanzi
muto e impaziente. Il passo divorava
la strada a grandi morsi. .. »

(Rilke prosegue il suo verso)

RILKE ... «Gravi, rigide
cadevano le mani dalla veste
e ignoravano ormai la lieve lira
cresciuta alla sinistra come un cespo
di rose in mezzo ai rami dell'ulivo.
E i suoi sensi rompevano discordi:
lo sguardo andava innanzi, si aggirava
come un cane, era accanto e poi di nuovo
lontano, fermo sulla prima curva -
l'udito indietro come resta un'ombra.
Talvolta egli credeva di tornare
ai due che indietro sulla stessa via
dovevano seguirlo. Poi di nuovo
alle spalle restava appena l'eco
dei suoi passi e il mantello alto nel vento».

(Torna la Cvetaeva a sussurrare, come insinuandosi nel pensiero poetico di Rilke e nel suo desiderio di immedesimazione)

MARINA «Ma diceva a se stesso ... »

RILKE ... «Essi verranno,»

MARINA «ad alta voce, e si sentiva spegnere.»

RILKE «E tuttavia venivano ma due
dal lentissimo passo. Se egli avesse
potuto volgersi un istante (e volgersi
era annullare tutta quell'impresa
che si compiva ormai) li avrebbe visti,
i due che taciturni lo seguivano.
Il dio dei viaggi e del lontano annunzio
che innanzi a sé reggeva la sottile
verga, e aveva sugli occhi il breve casco
e alle caviglie un palpitare d'ali:
e affidata alla sua sinistra: lei.
lei così amata che più pianto trasse
da una lira che mai da donne in lutto;
così che un mondo fu lamento in cui
tutto ancora appariva: bosco e valle,
villaggio e strada, campo e fiume e belva;
e sul mondo di pianto ardeva un sole
come sopra la terra e si volgeva
coi suoi pianeti un silenzioso cielo,
un cielo in pianto di deformi stelle:
lei cosi amata.
Ma ora seguiva il gesto di quel dio,
turbato il passo dalle bende funebri,
malcerta, mite nella sua pazienza».

MARINA «Era in se stessa come un alto augurio
e non pensava all'uomo che era innanzi,
non al cammino che saliva ai vivi.
Era in se stessa, e il suo dono di morte l
e dava una pienezza.
Come un frutto di dolce oscurità
ella era piena della grande morte
e cosi nuova da non più comprendere».

(È’ Pasternak a fare sua la poesia. Rilke-ORFEo vi aggiunge la sua voce, a tratti sussurrando, a tratti giocando a rincorrere la voce dell'altro.
Marina segue protesa ogni verso)

PASTERNAK «Era entrata a una nuova adolescenza
e intoccabile: il suo sesso era chiuso
come i fiori di sera, le mani
cosi schive del gesto delle nozze
che anche il contatto stranamente tenue
della mano del dio, sua lieve guida,
la turbava per troppa intimità.
Ormai non era più la donna bionda
che altre volte nei canti del poeta
era apparsa, non più profumo e isola
dell'ampio letto e proprietà dell'uomo.
Ora era sciolta come un'alta chioma,
diffusa come pioggia sulla terra,
divisa come un'ultima ricchezza.
Era radice ormai».

RILKE «E quando a un tratto il dio
la trattenne e con voce di dolore
pronunciò le parole:»

PASTERNAK-HERMES «Si è voltato,»

RILKE «lei non comprese e disse piano:»

(Marina si fa avanti)

MARINA-EURIDICE «Chi?»

RILKE «Ma avanti, scuro sulla chiara porta,
stava qualcuno il cui viso non era
da distinguere. Immobile guardava
come sull'ombra di un sentiero erboso
il dio delle ambasciate mestamente
si volgesse in silenzio per seguire
lei che tornava sulla stessa via,
turbato il passo dalle bende funebri,»

I TRE INSIEME «malcerta, mite nella sua pazienza.»

(Il gioco delle alternanze e delle immedesimazioni può essere variato e accresciuto secondo la sensibilità del regista e degli interpreti così come la composizione dei movimenti.
I tre si guardano, tornando a se stessi dopo il gioco poetico e immedesimativo)

 

MARINA Capite, amici, perché, fossi stata io Euridice,
avrei avuto vergogna e ... «Indietro! ... ».

 

ORFÉ’ IL POETA

 

omaggio a Pier Paolo Pasolini

 

Personaggi

 

ORFÉ’ il Poeta
IL RAGAZZO RICCIO
RAGAZZI
ANGELO
I PICCHIATORI
CAPO

I. - Periferia. Un campetto tra discariche.
Orfé da una parte, con un quaderno fra le mani. Dietro di lui in atteggiamento protettivo il Ragazzo Angelo, dalle grandi ali piumose, presenza spirituale che nessuno vede.
Un gruppo di ragazzi di quartiere entra correndo, con un gran vociare.
Tirano con le fionde ai lampioni. Rumore di vetri infranti.
Uno stormo di rondini in volo. I ragazzi tirano alle rondini.

RAGAZZI E ddai balordi! Tirateje!
Mortacci sua l'ho presa!
Daje a la rondine!
Falla mori!

(Una rondine cade colpita.
Il Ragazzo Riccio corre accanto alla rondine.
Gli altri escono gridando, continuando a tirare con le fionde.
Il Ragazzo Riccio tiene la rondine nel palmo della mano, la accarezza.
La rondine pigola piano.
Orfé si avvicina al Ragazzo Riccio)

ORFÉ’ Non vai con loro?

RICCIO La rondine ...

ORFÉ’ Volevano ammazzarla ...

RICCIO Noi nun semo bboni che a distrugge ...

ORFÉ’ Tu l'hai raccolta ...

RICCIO Stava qua, davanti a me ... Nun me so' sentito ...

(Accarezza la rondine che pigola)

ORFÉ’ Sei di questo quartiere?

RICCIO E de ddove sennò?

ORFÉ’ Hai qualcosa di diverso dai tuoi compagni. La faccia
è la stessa. E i capelli, ricci. I vestiti, le scarpe ...
uguali. Ma gli occhi, gli occhi li hai diversi.

(Il Ragazzo Riccio guarda Orfé con aria incerta)

RICCIO lo so' de qqua ...

(Ride)

ORFÉ’ Riso di zucchero ...

(Il Ragazzo Riccio ride più forte senza capire)

ORFÉ’ Vieni.

(Prende sottobraccio il Ragazzo Riccio)

Troveremo un nido per la rondine. Volerà ancora.

(Escono. 1/ Ragazzo Angelo sospira)

ANGELO (in un sussurro)

«E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima».

(I ragazzi passano correndo con le fionde. Risate e grida. Rumori di vetri frantumati)

RAGAZZI Vaffanculo!
Mortacci tua nun l'hai beccato!
Pijala! Pijala! E nun la vedi! Pijala!
La lucertola!
La lucertola l'averno da brucià!

(I ragazzi accendono un falò. Musica assordante.
Una lucertola viene appesa all'estremità di un bastone sopra le fiamme.
I ragazzi corrono via. Il Ragazzo Angelo spegne il fuoco poi se ne va)

II - Un mucchietto di cenere, residuo del falò. Entrano Orfé e il Ragazzo Riccio.

ORFÉ’ Dove te n'eri andato?
Sono mesi che ti cerco ...

( Il Ragazzo Riccio ride)

RICCIO Affari ...

Nun m'hai dimenticato.

ORFÉ’ No. Andiamo?

(Il Ragazzo Riccio esita)

Ci mettiamo d'accordo. Quello che vuoi tu ...

RICCIO Nun è per questo ...
Va bbè. 'Ndo 'namo?

ORFÉ’ La macchina. È’ sicuro ...

RICCIO Se va bbene per te ...

ORFÉ’ Si sta comodi. Si parla ...

RICCIO Ma parlà de che? .. Le mie so' storie de tutti i ggiorni. ..

ORFÉ’ Si. Quelle. Di cose che fate voi.
Che vi incazzate ... che siete allegri. E quando
vi disperate ... Come vivete insomma.

(Il Ragazzo Riccio ride sornione)

RICCIO Eh!. .. Che scriveresti senza de noi?

ORFÉ’ È vero. In un certo senso. Ma voi ...
nessuno conoscerebbe la vostra vita ...

(II Ragazzo Riccio ride)

RICCIO E che ce ne importa?!

Miserie e scazzi. .. infamie. Tu ce fai un libro.

ORFÉ’ A voi la vita piace e la gettate via.
A noi non ce ne importa, tante volte.
Ma ce la conserviamo, siamo pieni di riguardi...

RICCIO lo a voi nun v'ho capito.
Sete istruiti, ci avete i soldi, tutto.
E invece de godervela, la vita, ve mettete
a scrive, perdippiù la vita delli artri.

ORFÉ’ Un libro può cambiare il mondo.
Più di una guerra. Più di una scoperta scientifica ...
Può cambiarlo in meglio.

RICCIO Mah! Tante parole ... eppoi sei come li artri.

(Si avvia)

A la machina ... ! 'Namo!. ..

(Orfé guarda il Ragazzo Riccio senza muoversi)

No? Nun voi più? Pariamo, d'accordo ...
Eppoi facciamo quello che dovemo fà.
Te va bbene così?

ORFÉ’ Vorrei essere come te.

(Il Ragazzo Riccio ride)

RICCIO Proprio 'na stravaganza da signore!

ORFÉ’ Essere come te. Né dubbi né problemi.
Tu non discuti. Se il mondo.

RICCIO Che belle frasi! Da poeta proprio. Orfé er poeta!...
Andiamo ammore!. ..

ORFÉ’ Sì. Andiamo.

(Escono. Entra il Ragazzo Angelo)

ANGELO (in un sussurro)
« ... Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
e anche d'inverno, per le strade abbandonate
al vento, tra le distese d'immondizia contro i palazzi
lontani, essi sono molti - non sono che momenti della solitudine ...
.....
Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più,
l'atto è compiuto, la sua ripetizione è"u!l rito ... ».

(Entrano i ragazzi lanciandosi un pallone. Vociare greve. Musica assordante.
Il Ragazzo Angelo segue le mosse del gioco, ora guarda un ragazzo ora un altro)

RAGAZZI A me! E tira!
Forza! E nun mollà!
E sta 'n campana!
Sete tutti ammappiti!
A sderenato!
A caposotto!

(I ragazzi corrono via. Entra Orfé. 1/ Ragazzo Angelo gli va accanto.
Orfé parla al Ragazzo Riccio, che non c'è)

ORFÉ’ Quando mi lasci, per me è morire.
Te ne vai sicuro di te. Sopravvivi
alla miseria, ti fai cosa pur di esistere.
Corri via senza voltarti, hai già dimenticato
il nostro incontro, ti trovi con gli amici
del quartiere, insieme partite per le vostre
spedizioni malandrine. lo invece resto solo,
non sono compagnia le fredde discussioni filologiche,
avere la meglio con la forza stringente
della ragione. Allora cerco per me la chiave
del tuo esprimerti che è del cuore anche
quando è crudeltà o dileggio. Teorizzo,
e quando la tua risata è svanita anche nel mio ricordo,
sono di nuovo solo. Mi invade l'angoscia,
la solitudine di sentirmi diverso. E scrivo. Tutto
quello che mi hai raccontato, come atto d'amore.
Tento di fissare sulla pagina le tue risate.
Il tuo modo di respirare, di arrabbiarti, come ti godi il sole.
E gli insulti, anche quelli: litanie consacrate
di cui non offendersi. Sei capace di maledire,
te la prendi con chiunque e se qualcuno lo fa con te,
urli di rabbia come un dio. La tua giornata
si consuma nel gruppo, ma nessuno è più individualista
di te. Rubi, organizzando i furti secondo inderogabili
regole di spartizione. Hai il tuo posto nella gerarchia,
non c'è chi oserebbe occupartelo. Tua madre ti prende
a cazzotti per la paura che tu finisca in prigione,
ma di notte quando torni dai tuoi giri balordi si alza
e ti prepara da mangiare. Tuo fratello è sempre malato
e tu gli fai sparire le medicine per rivendertele.
Tua sorella batte e vorrebbe sposarsi; tu sei geloso
di chiunque, vorresti farla vivere da signora,
ma ogni tanto la schiaffeggi e le gridi che ti fa schifo
perché si prostituisce ... Racconti senza drammi,
e sopra storie scellerate sghignazzi come il più disincantato
dei viveurs, invece sei un angelo caduto dal cielo.
Scrivo, allora. E ad ogni frase mi appare la tua faccia.
Mi sento bene in quei momenti, sono capace di creare,
tu sei la mia ispirazione, e così ad altri come me
faccio conoscere cose che nessuno saprebbe mai. L'incontro
fra me e te si fa storia: questa è la mia forza,
e per il tempo che lavora in me il ricordo, sono felice.
Poi questa sensazione si allontana. Mi ritrovo svuotato
e inutile. Allora ti cerco di nuovo. So che ti troverò
in luoghi degradati. La stazione, dentro e fuori provvisorietà,
rimedio estremo alla sopravvivenza. Esistere
violento, sopraffazione: ti ci muovi agile, evitando lo scontro.
Periferia, il prato grigio. Sporco osceno
dappertutto. Tu riappari qui. Di lontano
non riesco a distinguerti. Ti avvicini e sei di nuovo l'unico.
A nessuno somigli nello sguardo. Tutto allora ricomincia.

(Entra il Ragazzo Riccio)

ORFÉ’ Ti aspettavo.

RICCIO Quando vengo con te sei generoso. Però, de tempo
me ne prendi!. .. La cosa che piace tanto agli altri
quasi nun t'interessa, e me chiedi e m'interroghi ...
Me rendo conto, dopo, che t'ho detto de più de quello
che me pareva de conosce. Ce ripenso e nun so' più
bbono de ridì le stesse cose: sei tu a avecce '
sto potere su de me ...

ORFÉ’ Non mi sazierei mai di questa tua vitalità.
Con te io vivo una cosa speciale, soltanto nostra.

(Escono. Il Ragazzo Angelo sospira)

ANGELO (in un sussurro)
«Sono migliaia. Non posso amarne uno.
Ognuno ha la sua nuova, la sua antica
bellezza, ch'è di tutti: bruno
o biondo, lieve o pesante, è il mondo
che io amo in lui - ed accomuno,
in lui - visione d'amore infecondo
e purissimo - le generazioni,
il corpo, il sesso. Affondo
ogni volta - nelle dolci espansioni,
nei fiati di ginepro - nella storia,
che è sempre viva, in ogni
giorno, ogni millennio. Il mio amore
è solo per la donna: infante e madre.
Solo per essa, impegno tutto il cuore».

(Il Ragazzo Angelo corre via)

lII - Periferia. Un albero fiorito.
Entrano Orfé e il Ragazzo Riccio.

ORFÉ’ Con te è diverso. Sì, subito è stata
questa meravigliosa attrazione della carne.
Adesso è un viaggio ... Tu scendi, risali
da questa mia automobile che scappa ...
Si sta insieme un poco, un percorso tra una meta
e l'altra ... Ci si lascia ogni volta senza sapere
se ci si rivedrà ancora. Ma la speranza,
io ho sempre la speranza.

RICCIO Prima io nun sapevo manco ch'ero vivo. Ora
me guardo intorno e vedo un po' coll' occhi tua,
che stai sempre a scoprì le cose belle anche se a me
me paiono monnezze ...

ORFÉ’ È questa la cosa bella. È la vita stessa
in ogni suo momento, che si fa e si disfà.
lo della nostra vita sono insaziabile ...

RICCIO E me so' scoperto i sentimenti.
La donna è 'na creatura bellissima.
Le premure, li occhi dolci, la voce che te trema ...
tutte cose che me parevano frescacce. 'Sta ragazza
che ho incontrato, nun m'ero accorto e stava
sotto casa. Lei m'ascolta, nun fiata, proprio come fai tu
ma nun pe' scrive, è perché me considera il suo uomo.
E insieme, sai, semo 'na bella coppia.

(Il Ragazzo Riccio ride beato.
Entra il Ragazzo Angelo come richiamato da Orfé che sta soffrendo per quanto ha appena detto il Ragazzo Riccio)

ORFÉ’ Ti stai facendo grande.
Come in tutte le storie di passione,
l'amore si allontana, si profila
l'amicizia, sua fredda sostituta .

RICCIO Le corse in macchina li prati
sono cose che dovevano finire.
Sono cresciuto, anche tu l'hai detto.

(Orfé sta per crollare. Il Ragazzo Angelo lo sostiene)

ORFÉ Ti sposi. Vuoi avere dei figli, la tua casa,
una donna, una vita normale. C'è qualcosa
che non sia più che giusto in quello che desideri?

(Non si guardano in faccia. Il silenzio è una ammissione)

E allora sposati. Sarò amico della tua famiglia.
Sentirò per la tua donna un affetto di figlio
e terrò a battesimo i figli che ti nasceranno.
Non voglio perderti. Non posso rinunciare a te.

RICCIO Ora devo andare. Ciao.

(Corre via. Orfé lo guarda allontanarsi)

ORFÉ’ È’ cominciato come un gioco.
Come con altri prima. Con lui
è diventato amore ... E adesso
di nuovo sulle strade, a rubare
la gioia di una notte ...

(Orfé esce)

ANGELO (in un sussurro)

«Per loro, i miei coetanei, i figli, in squadre
meravigliose sparsi per pianure
e colli, per vicoli e piazzali, arde
in me solo la carne. Eppure, a volte,
mi sembra che nulla abbia la stupenda
purezza di questo sentimento. Meglio la morte
che rinunciarvi! lo devo difendere
questa enormità di disperata tenerezza
che, pari al mondo, ho avuto nascendo.
Forse nessuno è vissuto a tanta altezza
di desiderio - ansia funeraria
che mi riempie come il mare la sua brezza».

IV. Entrano i picchiatori in tute di pelle nera, sopra moto rombanti. Spavaldo davanti a tutti il Capo. In mezzo a quella girandola è il Ragazzo Riccio, sballottato qua e là come un animale dai picchia tori che sghignazzano gettandoselo l'un l'altro e malmenandolo. lt Ragazzo Angelo tenta di difendere il Ragazzo Riccio standogli davanti. Ma non è visto da nessuno, né la sua presenza impalpabile può realmente costituire una difesa.

CAPO Lo sai che i frocetti come te
noi li castriamo, cosi non screditano
la nostra razza di maschi stupratori?!

PICCHIATORI Stai sempre a batte! '
Na volta o l'artra te toccava!
E batti e batti e batti ...

RICCIO Ma che batte! lo ciò la ragazza!

(I picchiatori ridono con scherno e mosse oscene)

PICCHIATORI Sè! cià la mecca!
La gioiosa!
Te conosciamo, Riccio!
Te conosciamo bene!
L'ammore der poeta!

(Si avventano sul Ragazzo Riccio)

RICCIO Ma che v'ho fatto?
E lassateme!

PICCHIATORI Ce dai fastidio!
Orfé l'amico tuo nun ce sta bbene!

CAPO Vuole salvare il popolo, il poeta!

PICCHIATORI E co' la scusa de l'impegno ...
Se fotte li ragazzi come tte!

RICCIO Pure voi ce state co' quelli quanno che ve fa comodo!

CAPO E mordi pure!

(I picchiatori si avventano sul Ragazzo Riccio)

PICCHIATORI A smidollato!
Nun finisce così!
Devi da pagà!

(Si fa avanti il Capo. Gli altri indietreggiano lasciando il Ragazzo Ricco isolato. Il picchiatore capo lo prende alla gola)

CAPO Questo Orfé a noi nun ce piace, capito?
Tu ce porti da lui, in uno de quei bei prati
dove fate le zozzerie, e noì a te
te lassamo in pace. Okkei?

RICCIO lo ciò la ragazza ...
Orfé è 'n'amico ...
Nun ce vado più nei prati co' lui ...

CAPO O lui o te, per noi siete la stessa cosa,
politicanti sovversivi e rottinculo. Meglio però
che paghi lui, tu resti sempre uno dei nostri.
Okkei, allora?

(Il Ragazzo Riccio si dibatte sotto la stretta del picchiatore)

RICCIO (in un soffio, vinto) Okkei ...

( IlCapo molla la presa.
I picchiatori urlano per la vittoria. Si allontanano sulle motociclette con fragore.
ll Ragazzo Riccio si rannicchia, il volto nascosto tra le braccia chiuse sui ginocchi, scosso dai singhiozzi. Il Ragazzo Angelo lo abbraccia avvolgendolo nelle sue ali. Entra Orfé. Il Ragazzo Riccio si tira su sforzandosi di sembrare disinvolto)

RICCIO Nun te sei fatto più vede ...

ORFÉ’ Pensavo che non venissi più da queste parti.
La ragazza ... Starai cercando casa ... Un lavoro, forse ...

(Ride amaro, teso)

RICCIO Allora, nun m'hai dimenticato.

(Orfé ha un 'incredula meraviglia sul volto. Come se vedesse rivivere chi considerava morto per sempre)

ORFÉ’ È un sogno in cui non speravo, rivederti.
Cercavo di cancellarti. Eppure soltanto te
io volevo incontrare. Riso di zucchero ...

(Il Ragazzo Riccio tace)

Era te che aspettavo.

RICCIO Va bene. Dove?

(Orfé ritrova l'antica connivenza)

ORFÉ’ La macchina. È sicuro.

(Il Ragazzo Riccio ride perché la macchina può farlo sfuggire all'agguato dei picchiatori)

RICCIO Se va bbene pe' te ... Okkey, la macchina è sicuro.

ORFÉ’ Ci stiamo comodi. Si parla ... Ti ricordi?

RICCIO Nun sei cambiato.

ORFÉ Anche se finirà presto, mi basta che tu sia tornato.

RICCIO 'Namo. Dobbiamo andare subito.

(I picchiatori irrompono subito con le moto a tutto gas. Girano intorno ai due come impazziti. Urla feroci. Qualche sparo. Orfé e il Riccio sono in mezzo a quel dannato carosello. Il Ragazzo Angelo è immobile, disperato e impotente)

PICCHIATORI Er frocio tutt'arrazzato!
Er fusto che nun ci azzecca co' le donne!
Hai rimorchiato er ragazzetto?!
Mo' te divertirai!

CAPO Addosso!

(Silenzio di tensione e immobilità per un attimo. Orfé fissa con sguardo imperioso il gruppo che sta per scaraventarsi su di lui. Poi si volta al Ragazzo Riccio che abbassa gli occhi. Il Capo afferra il Ragazzo Riccio e lo sbatte da una parte. Il Ragazzo Angelo abbraccia il riccio che singhiozza. I picchiatori si avventano su Orfé e lo percuotono con dei bastoni e delle mazze fino a che non rimane a terra, ricoperto di sangue. Poi partono sulle moto con rumore assordante.
La testa insanguinata di Orfé emerge dal buio. Gli viene accanto il Ragazzo Angelo diventato del colore del sangue. Con voce sempre più nitida il Ragazzo Angelo dice le parole del poeta)

ANGELO « ... I ragazzi
leggeri come stracci giocano alla brezza
non più fredda, primaverile; ardenti

di sventatezza giovanile la romanesca
loro sera di maggio scuri adolescenti
fischiano pei marciapiedi, nella festa

vespertina; e scrosciano le saracinesche
dei garages di schianto, gioiosamente,
se il buio ha reso serena la sera,

e in mezzo ai platani di Piazza Testaccio
il vento che cade in tremiti di bufera,
è ben dolce, benché radendo i capellacci

e i tufi del Macello, vi si imbeva
di sangue marcio, e per ogni dove
agiti rifiuti e odore di miseria.

È’ un brusio la vita, e questi persi
in essa, la perdono serenamente,
se il cuore ne hanno pieno: a godersi

eccoli, miseri, la sera: e potente
in essi, inermi, per essi, il mito
rinasce ... Ma io, con il cuore cosciente
di chi soltanto nella storia ha vita,
potrò mai più con pura passione operare,
se so che la nostra storia è finita?»

Nota a Orfé il Poeta

Il testo è liberamente ispirato a Pier Paolo Pasolini, e gli è dedicato, ma non intende offrirne una dimensione biografica.
Soltanto le brevi sequenze del Ragazzo Angelo riportano poesie di Pasolini, e risultano circoscritte rispetto al resto della stesura scenica.

 

MC.B

 

LAZZARO

 

dal Vangelo di Giovanni

Personaggi

 

CRISTO
TOMMASO
MARTA
MARIA
LAZZARO

Cristo è seduto a terra in silenzio. Con le dita disegna sulla sabbia parole e segni. Un apostolo gli si avvicina.

TOMMASO Cristo ...

(Cristo si riscuote e alza gli occhi)

CRISTO Che cosa c'è?

TOMMASO Non possiamo tornare in Giudea. Vogliono ammazzarci.

CRISTO Ci dovremo tornare. Presto ...

(Cristo fa un gesto vago e torna a disegnare)

TOMMASO Marta e Maria ti mandano a dire
che Lazzaro sta male. Delira e ti chiama ...

CRISTO La malattia non è mortale. È per la gloria di Dio.

TOMMASO Una malattia per la gloria di Dio?

CRISTO Per la gloria di Dio.

(Tommaso si allontana. Cristo continua a disegnare, assorto.
Una pausa. Tommaso ritorna con un altro mantello)

TOMMASO Mi hai chiamato ...

CRISTO Andiamo in Giudea.

TOMMASO Ci odiano, in Giudea. Ci ammazzeranno.

CRISTO Il giorno è chiaro, dura dodici ore.
Se uno cammina nel giorno non inciampa
perché vede la luce. Se va di notte,
allora cade.

TOMMASO Noi veniamo con te.

CRISTO Il nostro amico Lazzaro dorme. Vado a svegliarlo.

TOMMASO Se dorme, guarirà.

CRISTO Tommaso, Lazzaro è morto. Mi rallegro per voi
che io non fossi là, perché cosi crediate.
Vado da lui.

TOMMASO Veniamo anche noi.

(Cristo e Tommaso si allontanano. Marta entra, il viso tra le mani. Entrano Cristo e Tommaso)

MARTA Cristo, se tu eri qui, mio fratello non moriva.
Ma qualunque cosa tu chieda a Dio, Dio te la concede.

CRISTO Marta, tuo fratello rivivrà.

MARTA Certo, al tempo della resurrezione. L'ultimo giorno ...

CRISTO lo sono la resurrezione e la vita.
Chi crede in me, anche se è morto vivrà.
E chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.
Tu credi a questo?

MARTA Credo che tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivo,venuto sulla terra.

CRISTO Vai a chiamare Maria.

(Marta si allontana. Cristo rimane silenzioso.
Marta torna con Maria. Maria si getta ai piedi di Cristo)

MARIA Cristo, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto.

(Cristo piange)

CRISTO Ah! lo soffro per questo. Dove l'avete messo?

MARIA Vieni ...

(Cristo, Tommaso, Marta e Maria escono. Una parete bianca in scena.
l quattro rientrano.
Cristo piange)

MARTA (a Maria) Vedi quanto lo amava?

MARIA Allora perché ha lasciato che morisse?
Per volontà sua il cieco ha visto, lo storpio
ha camminato. Il pane, lui lo ha moltiplicato,
ha cambiato l'acqua in vino. Lazzaro, non poteva
fare in modo che non morisse?

CRISTO Togliete la pietra!

MARTA È morto da quattro giorni ... Ormai è corrotto.

CRISTO Non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio?

(Marta e Maria tolgono una pietra dalla parete. Cristo alza gli occhi al cielo)

CRISTO Padre, ti ringrazio per avermi ascoltato.
Lo so che tu mi ascolti sempre, ma ho parlato
per chi mi sta intorno, che creda
che tu mi hai mandato.

(Grida imperiosamente)

Lazzaro, vieni fuori!

(Lazzaro esce dal muro bianco, come se spezzasse il sottile guscio di un uovo. È coperto di bende)

CRISTO Slegatelo!

(Marta e Maria slegano le bende. Cristo e Lazzaro si abbracciano)

 

QUEM QUAERITIS?

visitatio sepulcri

 

Personaggi

 

L'ANGELO
LE TRE MARIE
CRISTO
UN UOMO DAL PUBBLICO
UNA DONNA DAL PUBBLICO
CORO

 

Quattro attori si staccano dal gruppo degli attori in attesa. Si avvicinano ad un altare sopra il quale sono alcuni abiti e arredi.
Uno di loro indosserà una veste bianca e terrà in mano una palma. Si disporrà poi accanto ad un sepolcro aperto, in un altro altare. Gli altri tre attori indosseranno tre vesti di tipo femminile: dovranno rappresentare le tre Marie.
Le tre Marie, con turiboli da incenso tra le mani, facendo un percorso tortuoso arriveranno al sepolcro, dove già è seduto l'angelo.
L'inizio del dramma è quello scarno, in latino, della prima versione del testo relativo all'ufficio notturno della Pasqua, quando, dopo la prima battuta, che è la domanda dell'angelo, si inseriscono le successive: quelle delle Marie che rispondono all'angelo; si prosegue poi con quelle di rimaneggiamenti successivi, in una versione in italiano più teatralizzata. La resurrezione del Cristo si pone come sviluppo di Orfeo iniziatore dei misteri

ANGELO Quem quaeritis?

MARIE Jesum Christum.

ANGELO Non est hic. Resurrexit.

MARIE Alleluja! Il signore è risorto.
Oggi è risorto il leone forte, il Cristo, figlio di Dio.

ANGELO Venite a vedere il luogo dove era posto il Signore.
Alleluja!

(Le Marie si avvicinano al sepolcro.
Depongono il turibolo, prendono il sudario dentro il sepolcro, lo mostrano al pubblico)

MARIE È ‘risorto dal sepolcro il Signore, che per noi
pendette dal legno della croce, alleluja!

(Appare Cristo, vestito di bianco e d'oro)

CRISTO Sono risorto, e sono sempre con voi.

UOMO DAL PUBBLICO È’ lui il vero Agnello che ha tolto
i peccati dal mondo!

DONNA DAL PUBBLICO È’ lui che morendo ha distrutto la morte!

UOMO DAL PUBBLICO È’ lui che risorgendo ci ha ridato la vita!

(II coro inizia a cantare)

CORO «Te Deum laudamus ... ».

 

RESURREZIONE FINALE

 

Personaggi

 

CORO
GIOVANNI EVANGELISTA
PAOLO APOSTOLO
RAGAZZO
CRISTO

Dal gruppo degli attori, vestiti con i costumi dijogge, epoche e civiltà differenti, che hanno recitato in tutti i precedenti «Orfei», esce a coro un 'invocazione

CORO Salendo in cielo
ha portato con sé i prigionieri.
Dio è per noi
Dio di salvezza!
Dio può liberare dalla morte!

(Dal coro si stacca un ragazzo, Giovanni l'Evangelista)

GIOVANNI E quando lo vidi,
caddi ai suoi piedi come morto.
Ma lui pose la sua mano sul mio capo
e mi disse: «Non temere,
lo sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente.
lo ero morto, ma ecco
ora sono vivo per sempre
e ho potere
sulla morte e sull' Ade».

(Dal coro si stacca un uomo, è Paolo, l'Apostolo)

PAOLO Fratelli, vi annuncio un mistero:
noi non moriremo, siatene sicuri,
ma tutti saremo trasformati,
in un istante, in un batter d'occhio,
al suono dell'ultima tromba: suonerà
infatti la tromba e i morti risorgeranno
incorrotti e saranno trasformati.
Quando questo corpo mortale sarà fatto immortale,
si compirà la parola della Scrittura: «La morte
è stata ingoiata, si è ribaltata in vittoria.
Dov'è, morte, la tua vittoria? Dov'è, morte,
il tuo pungiglione?» ...

(Dal coro esce un ragazzo di oggi. Si trascina dietro un cassonetto dell'immondizia, da cui fuoriescono brandelli degli oggetti e dell'abbigliamento della nostra epoca: dischi, videocassette srotolate, registratori, televisori, caschi da moto, abiti punk, abiti yuppies, clergymen, strisce sfatte di reclames e di manifestazioni elettorali, e siringhe, come lance appuntite sopra tutto quel lerciume)

RAGAZZO Dov'è, morte, la tua vittoria?
Dov'è, morte, il tuo pungiglione?
Qui, in questa spazzatura. E noi. ..
noi siamo spaventosamente coinvolti.
Cristo, ci sei? E se ci sei,
potremmo vivere insieme a te?
Questa promessa tu l'hai fatta. Noi
ce ne siamo dimenticati. E viviamo nel mondo
contrastasti ... impediti... disperati.
Ma tu questa promessa ce l'hai fatta ...

 

(Torna nel gruppo con il suo cassonetto di spazzatura. Tutti mettono le mani nella spazzatura, cercando qualcosa. Cartacce, brandelli e oggetti si sparpagliano a terra. Dall'informe ammasso escono suoni e rumori: musiche di oggi, da concerto rock, brusii da stazioni televisive, telegiornali, lamenti, discorsi politici, frasi concitate o supplichevoli, sigle e voci in varie lingue. Sopra i suoni si innalza fino ad annullare tutti gli altri il suono dell'inno alla gioia di Beethoven.
Ormai tutto il contenuto del cassonetto è a terra. Dal cassonetto vuoto emerge la figura del Cristo, quello stesso bianco e oro del «Quem quaeritis?»)

CRISTO Questa è la volontà del Padre
che mi ha mandato a voi:
che chiunque crede nel Figlio
abbia la vita eterna
e io lo resusciterò nell'ultimo giorno.

(II ragazzo e il Cristo si abbracciano. Tutti gli altri fanno gruppo intorno a loro).

 

DOPO GLI ORFEI

 

Ovidio conclude

 

IL POETA Orfeo cantava queste storie, e affascinava le piante]
e le bestie, perfino le pietre intorno a lui
protese ad ascoltarlo. Ma ecco che, agitate nell'animo,
le donne dei Ciconi coperte di pelli di fiere,
dall'alto di un colle lo vedono mentre accompagna
il canto col tocco armonioso delle corde.
E una di loro scuotendo i capelli nell'aria leggera
«Eccolo - gridò - ecco l'uomo che ci disprezza!»,
e lanciò un bastone contro la bocca di Orfeo
che stava cantando: ma il bastone era coperto di foglie,
e gli lasciò un segno ma non lo ferì. Un'altra
gli getta contro un sasso, ma il sasso mentre è sospeso
in volo rimane estasiato dal canto soave
e quasi a supplicare il perdono per quella pazzia
cade ai suoi piedi. Cresce la battaglia insensata,
divampa sfrenata, impera la Furia impazzita.
Le armi avrebbero potuto essere ammansite dal canto,
ma il grande clamore, i rozzi strumenti usati dalle donne
e le urla sommergevano il suono della lira.
Così i sassi si tinsero del sangue del poeta
che non si udiva più.
Le Baccanti fecero prima strage degli uccelli,
rimasti incantati dalla voce del cantore;
e uccisero i serpenti e le schiere di animali
che erano il segno vivente del trionfo di Orfeo. Poi, con le mani
grondanti di sangue, si rivoltano contro di lui:
il poeta pareva il cervo destinato a perire
nell'arena, preda dei cani. Le Baccanti lo assalgono,
gli lanciano contro i bastoni ancora verdi di foglie.
Gettano zolle di terra, rami strappati dagli alberi,
scagliano pietre. Ed altre armi ancora vengono loro
sottomano: dei contadini stavano faticosamente lavorando la terra,
unico modo per ricavarne da vivere. Fuggono
alla vista della torma impazzita; abbandonano gli attrezzi,
i buoi sotto il giogo, e i secchi, i rastrelli, le zappe.
Le pazze si precipitano a raccoglierli, fanno a brandelli
i buoi che le minacciano a cornate, corrono ad ammazzare il poeta
che protendeva le braccia, per la prima volta pronunciando parole
prive di effetto, senza riuscire più ad affascinare.
Lo uccidono, le sacrileghe: da quella bocca ascoltata dai sassi,
che le fiere capivano, l'anima esalato l'ultimo respiro si disperde nel vento.
Mesti gli uccelli ti piansero, Orfeo; ti piansero le turbe delle bestie feroci
e i sassi più duri, e le selve che avevano sovente seguito il tuo canto. Gli alberi,
deposte le fronde, restarono senza chioma in segno di lutto. E anche i fiumi,
dicono, aumentarono per le lacrime, e le Naiadi e le Driadi
misero mantelli neri sui veli e andarono in giro con i capelli scompigliati.
Le membra giacciono qua e là. Tu, Ebro, accogli la testa e la lira.
E, prodigio!, mentre se ne vanno in mezzo al fiume,
la lira suona un non so che di triste e la lingua esanime
mormora con tristezza e con tristezza rispondono le rive.
Portate fino al mare lasciano il fiume e si arenano sulla costa di Lesbo,
dov'è Metimma. Qui un feroce serpente si avventa contro la testa
sbattuta sulla spiaggia, sui capelli cosparsi di gocce di rugiada. Ma ecco,
Febo interviene e blocca il serpente che sta per mordere,
e congela in pietra le fauci spalancate, le indurisce aperte
così come sono.
L'ombra di Orfeo discende sottoterra e riconosce ad uno ad uno
i luoghi già veduti; cercandola nei campi delle anime pie,
trova Euridice e la abbraccia con amore. Qui passeggiano insieme,
uniti nel passo; a volte poi lei lo precede e lui la segue;
a volte è Orfeo che cammina davanti e, ormai senza temere
di perdere Euridice, si gira indietro e la contempla ...

 

EPILOGO

Personaggi

 

ORFEO
EURIDICE

Orfeo e Euridice camminano tenendosi per mano. È’ buio.
La strada costeggia un fiume.
Euridice si stacca da Orfeo e indietreggia di qualche passo

EURIDICE Orfeo ...

(Orfeo si ferma e si volta a guardarla. Euridice ride)

EURIDICE Oh! era soltanto perché tu mi guardassi!
Adesso non devo più lasciarti, per questo sguardo.

ORFEO Non siamo più divisi. lo nel mondo dei vivi, tu
sottoterra. Siamo insieme. Tutti e due
nella stessa situazione, eternamente uguale.

EURIDICE Che la vita fosse un prestito non lo sapevamo,
quando eravamo vivi. La morte
è la condizione immutabile. Ma non sapendolo,
quanta ansia e angosce e lacrime ...
Quanto dolore per quello che sembrava
una separazione irreparabile.

ORFEO Vienimi vicino.

(Euridice va accanto ad Orfeo)

Camminiamo abbracciati. Si è conclusa la passione,
quieto e profondo ci unisce l'affetto ...
Passata, realizzata l'ambiziosa ricerca
della parola e del canto per celebrare l'amore.
Nel corpo e nello spirito godiamo di una pace
vicina al divino.

(I due camminano abbracciati. Orfeo dopo qualche passo si ferma.
Euridice continua a camminare come se non si fosse resa conto che Orfeo si è fermato)

ORFEO È’ bella questa quiete. Mi ci immergo
pigramente senza affanni, dimentico anche me stesso.
È’ svanito il mondo; non lotto, non soffro più ...
ma anche la gioia ha appena i palpiti
della consolazione. Sì, questa donna
io l'amo. Ma con Euridice accanto non c'è battaglia
né intesa della mente. Con lei passeggio
nell'assenza di incertezze, vuoto dei rischi
del quotidiano, incapace di canto, analfabeta
nel connettere parole da cui balzi viva
la sfumata varietà dei significati che prima ancora informi
sentivo dentro di me come vago affanno del cuore ...

(Euridice si volta, accorgendosi che Orfeo è rimasto indietro)

EURIDICE Orfeo ...

ORFEO Sì cara, vengo.

(Euridice riprende il cammino)

Ormai siamo uniti. La morte non mi consente
di risalire alla luce, né voltarmi cancella
con lo sguardo lei tanto amata ...
Nessun ostacolo insorge a questo legame perfetto.
Ma in fondo al mio animo un desiderio oscuro
di quella solitudine in cui cantavo
il desiderio e la solitudine
mi tormenta come una parola dimenticata
e impossibile a esprimere ...
Tempo concluso, definitivamente ...

(Euridice si volta un 'altra volta.
La sua espressione è contenutamente imperiosa)

EURIDICE Orfeo!

(Orfeo corre fino a Euridice e l'abbraccia)

ORFEO Euridice!

(Riprendono a camminare. Euridice si ferma e Orfeo continua a camminare)

EURIDICE Averlo accanto suscita in me
un orgoglio senza limiti. Ma l'emozione
di quando si è voltato perdendomi
mai più l'ho provata cosi forte.
Ha sfidato l'inferno per avermi,
uno sguardo mi ha cancellato dai suoi occhi.
Soltanto le lacrime sono state compagne
ai suoi giorni, nessuna donna mai
mi ha sostituito accanto a lui.
Le altre invidiose della sua fedeltà
ne hanno distrutto la bellezza facendolo a pezzi. ..
Tutto questo per me, per amor mio.
E nella mia mancanza, il dolore della perdita
gli ispirava poesie, canti divini. ..
Ora siamo appagati della nostra unione.
Tace la voce di Orfeo che smuoveva le pietre,
non più la dolcissima musica della sua lira
a richiamare perfino le piante, le bestie
ed ogni altra creatura ...
Insieme senza sussulti.
Non i tremori dell'attesa,
non i tormenti dell'assenza.
Non più sfide né rischi.
Lui mi è accanto sicuro, non freme
il mio cuore temendo per lui,
né Orfeo sogna che un destino crudele
mi ha rapito, portandomi lontano, invisibile ...

(Orfeo si è fermato, senza voltarsi a Euridice. Anche lui parla tra sé)

EURIDICE Lo invade la nostalgia, io lo sento.
Vorrebbe cantare la straziante solitudine
del cuore. Non può: io riempio la sua esistenza
e sono parte di lui, siamo beati eternamente ...
felici di essere insieme e insieme
infelici di questa felicità,
e non possiamo esprimerla perché siamo insieme;
a chi se non a noi stessi, che già lo sappiamo,
possiamo ripetere questo perverso gioco
felice infelice? Ci sorridiamo in silenzio,
perduti gli occhi negli occhi. ..
Le nostre braccia intrecciate ...
le labbra a sfiorarsi in un bacio infinito ...

(Orfeo ha mormorato sottovoce tutto quanto ha detto Euridice. Le ultime parole vanno a sovrapporsi a quelle pronunciate da lei)

ORFEO ... Le nostre braccia intrecciate ...
Le labbra a sfiorarsi...
in un bacio infinito...

(I due si avvicinano l'uno all'altra e si baciano. Abbracciati riprendono il cammino.
Quando saranno lontani Orfeo si volterà indietro da una parte e altrettanto farà Euridice dalla parte opposta. Poi escono di scena).

 

LAMINETTE ORFICHE

tramiti fra gli Orfei

 

Giovinetti e giovinette in abiti antichi o moderni si rivolgono al pubblico, tra una scena e l'altra dello spettacolo. Sul petto recano una laminetta d'oro su cui sono incise le sacre parole che permettono all'anima di avere un soggiorno protetto nell'aldilà. Ogni giovinetto o giovinetta tende agli spettatori, avvicinandosi a loro, la propria laminetta e insieme sussurra o grida le parole che vi sono incise. Ci sono poi, oltre alle laminette vere e proprie, altri brani da Platone a Atenagora a Apollonio Rodio: notizie sulla complessa vicenda umana e divina di ORFEo, fino a introdurre il tema dei misteri. Queste parti costituiscono un tramite tra un episodio e l'altro: possono riempire il tempo di un cambiamento, se gli episodi si svolgono su di un 'unica scena, oppure accompagnare gli spettatori da un luogo all'altro, se lo spettacolo si svolge in luoghi diversi e distanti fra loro.

 

... Orfeo, lo cacciarono dall' Ade. Lui era deluso ...
Gli avevano soltanto mostrato un fantasma della donna
per la quale era andato laggiù ... Non gliela avevano data
perché a loro sembrava ... era un suonatore di cetra ...
sembrava un uomo debole, privo di coraggio di morire
per amore come aveva fatto Alcesti per Admeto ...
un uomo preoccupato invece di riuscire a entrare da vivo
nell' Ade ... Proprio per questo gli imposero una pena
e decisero che la sua morte avvenisse per opera di donne ...

(Platone, Simposio 179 D)

... Libri ... tanti ibri ... una catena ... Li hanno scritti
Museo e Orfeo progenie di Selene e delle Muse ...
E c'è gente che segue quei libri ... quello che c'è scritto ...
Compiono sacrifici e persuadono molti. .. anche capi,
che guidano città che c'è possibilità di liberarsi,
di purificarsi da atti compiuti ingiustamente ... Possono farlo i vivi, ma soprattutto quelli che sono già morti ... Si fanno offerte, e giochi, e feste ... cose chiamate iniziazioni ... Ci sciolgono i mali di laggiù ...
Quelli che invece non fanno sacrifici, pene terribili
li attendono ...

(Platone, Repubblica 364 E-365 A)

 

Questa è la tomba di Mnemosine.
Quando sarà venuta la tua ora di morire,
andrai a raggiungere le solide case dell' Ade:
alla destra c'è una fonte, e accanto alla fonte
un bianco cipresso diritto. Là scendono
le anime dei morti e perdono il loro calore...
A questa fonte non andare troppo vicino... Ma
di fronte troverai acqua fresca che scorre
dalla palude di Mnemosine. Sopra stanno
i custodi, che ti chiederanno con la saggezza dell'animo
che cosa vai cercando nelle tenebre dell' Ade
che soltanto dolore può darti ... Di’ loro:
«Sono figlio della Greve e di Cielo stellante ...
Sono riarso di sete e muoio ... Ma
datemi subito l'acqua fresca che scorre
dalla palude di Mnemosine».
Allora ti mostreranno benevolenza per volontà
del Re che sta sottoterra. Allora ti lasceranno bere
dalla palude di Mnemosine. Farai poi
molta strada, per la sacra via che percorrono gloriosi anche gli altri che sono iniziati
e posseduti da Dioniso ...

(Laminetta Orfica trovata a Ipponio, 4 A62)

 

... Troverai a destra delle case di Ade una fonte,
e accanto a essa un bianco cipresso diritto:
a questa fonte non accostarti neppure,
non andarle vicino ... E più avanti troverai
la fresca acqua che scorre dalla palude di Mnemosine:
e sopra stanno i custodi che ti chiederanno
perché sei arrivato fin là. Ma a loro racconta bene
tutta la verità. Di':
«Sono il figlio di Terra e di Cielo stellante ...
il mio nome è Asterio ... Sono riarso di sete:
ma lasciatemi bere alla fonte ... »

(Laminetta trovata a Farsalo, 4, A64)

 

Vengo dai puri pura, Regina degli Inferi,
Eucle, Eubuleo e voi altri, dei e demoni,
perché io mi vanto di appartenere alla vostra stirpe
felice, e ripagai la pena di azioni ingiuste,
che incombesse su di me la Moira oppure
il bagliore delle folgori. E ora vengo a pregare
la casta Persefone perché mi sia amica e mi mandi
nei luoghi abitati dalle anime pure ...

(Laminetta trovata a Turi, 2, E3)

 

A Io sono riarso di sete e muoio.

- Ma bevi, sù, bevi dalla fonte che scorre perenne alla destra, dov'è il cipresso.

- Chi sei? E di dove sei?

- Sono figlio di Terra e di Cielo stellante ...

 

B lo sono riarso di sete e muoio.

- Ma bevi, sù bevi
dalla fonte sempre fluente,
alla destra, dov'è il cipresso.

- Chi sei? E di dove sei?

- Sono figlio di Terra e di Cielo Stellante.

 

C lo sono riarso di sete e muoio.

. Ma bevi, sù bevi,
dalla fonte sempre fluente,
alla destra, dov'è il cipresso.

. Chi sei? E di dove sei?

- Sono figlio di Terra e di Cielo stellante.

 

D Sono riarso di sete e muoio.

. Ma bevi, sù bevi,
dalla fonte che scorre perenne,
alla destra, dov'è il cipresso.

. Chi sei? E di dove sei?

. Sono figlio di Terra e di Cielo stellante.

 

E lo sono riarso di sete e muoio.

. Ma bevi, sù bevi,
dalla fonte che scorre perenne,
alla destra, dov'è il cipresso.

. Chi sei? E di dove sei?

. Sono figlio di Terra e di Cielo stellante.

 

F lo sono riarso di sete e muoio.

. Ma bevi, sù bevi,
dalla fonte sempre fluente,
alla destra, dov'è il cipresso.

Chi sei? E di dove sei?
Sono figlio di Terra e di Cielo stellante.

(Laminette trovate a Eleuterna, I, 6)

 

Era disceso nell' Ade per via della sua donna
e aveva visto come sono le cose di laggiù ... Orfeo
allora cessò di onorare Dioniso, mentre considerò Helios
il più alto fra gli dei, e lo chiamò anche Apollo ...
Si svegliava di notte, quando era quasi mattino,
e subito sul monte Pangaion attendeva il sorgere del sole,
per vedere Helios ... Per questo Dioniso si adirò con lui
e gli mandò contro le Bassaridi, come dice Eschilo il poeta
delle tragedie: queste donne lo sbranarono e dispersero
le sue membra, ogni parte del corpo staccata alle altre ...
Le Muse poi le raccolsero insieme e le seppellirono
nella città di Libetra ...

(Pseudo - Eratostene, 24)

 

Per primo inventò la lira
Orfeo della musica variegata ...
figlio di Calliope, nella Pierìa . ..

(Timoteo, «Persiani», 234-236)

 

Le torce e i cortei dei misteri ineffabili
li mostrò Orfeo ...

(Pseudo-Euridipe, «Reso», 943-957)

 

Orfeo per primo fece conoscere
i segni delle lettere ... Orfeo, che Zeus
uccise con la folgore dalla luce fosca e spettrale ...
Uccise Orfeo, caro figlio di Eàgro, che fu il maestro
di Eracle, dopo aver scoperto per gli uomini
le lettere e la sapienza ...

(Alcidamente, «Ulisse», 24)

 

... E Orfeo,
sollevando alta con la sinistra la cetra,
si gettava nel canto ... E cantava
come la terra e il cielo e il mare,
da principio uniti assieme fra di loro
in un'unica forma, furono separati
l'uno dall'altro a causa dell'odio che porta soltanto rovina ...
E come nell'etere abbiano sempre un saldo confine
gli astri e la luna e i sentieri del sole ...
e come si sollevarono i morti ... e come nacquero i fiumi
risonanti, assieme alle ninfe, e tutti gli esseri
che camminano sulla terra ...

(Apollonio Rodio, «Argonautiche» I, 494 segg.)

 

E alcuni raccontano che i Dattili Idei
vengono dal monte Ida di Frigia, e passarono poi
in Europa ... Erano maghi,
praticarono così gli incantesimi, le iniziazioni
e i misteri, e fermandosi in Samotracia, per queste cose
fecero stupire gli abitanti del luogo ... Proprio in quel tempo
anche Orfeo, sublime nel canto e nella poesia,
divenne loro discepolo e per la prima volta
rivelò ai Greci le iniziazioni e i misteri ...

(Diodoro Siculo, 5, 64, 4)

 

Orfeo era figlio di Eàgro, Trace di stirpe,
molto superiore rispetto a chiunque possiamo ricordare
per la cultura, per il canto e per la poesia ...
La sua fama era così grande che si pensava
che ammaliasse col canto gli animali e le piante.
Aveva conosciuto i racconti favolosi sugli dei,
poi si era messo in viaggio per l'Egitto ...
Laggiù aveva imparato molte altre cose, ed era diventato
il più grande fra i Greci nella conoscenza degli dei
per le iniziazioni, i poemi ed i canti ... Faceva parte
della spedizione degli Argonauti ... Per amore della moglie
ebbe l'incredibile coraggio di scendere nell' Ade
e affascinando Persefone con la sua melodia la persuase
a favorire i suoi desideri e a concedergli di riportare
su dall' Ade la sua donna, già morta, come era accaduto
a Dioniso: il dio secondo il mito aveva ricondotto
su dall' Ade sua madre, Semele ...

(Diodoro Siculo, 4, 25, 1-4)

 

... E Orfeo muore, sbranato dalle donne di Tracia
e di Macedonia, poiché non le aveva lasciate partecipare
ai riti segreti e forse anche con altri pretesti. ..
Dicono infatti che, per l'esito sfortunato della sua impresa
per riavere la moglie, avesse preso a detestare
l'intero sesso femminile ... In certi giorni stabiliti
una folla di Traci e di Macedoni armati si recava a Libetra,
e si riuniva in un edificio grande, molto bello,
costruito per le iniziazioni ... E ogni volta che entravano
per celebrare i riti segreti, gli uomini deponevano le armi
dinnanzi all'ingresso. Le donne rimaste all'erta,
in attesa della loro entrata, avevano afferrato le armi,
spinte dall'ira per il disprezzo nei loro confronti
e avevano ucciso quanti si erano slanciati contro di loro.]
Poi avevano smembrato Orfeo, gettando in mare i brandelli
del suo corpo, che si dispersero lontano ...

(Conone, fr. 45)

 

E qui dicono che vivesse Orfeo il Ciconio,
un mago che mendicava con l'aiuto della musica,
dell'arte della profezia e della celebrazione
dei riti segreti per le iniziazioni. Ma poi Orfeo
si ritenne degno di imprese più grandi
e riuscì a procurarsi una moltitudine di seguaci e la potenza ...

(Strabone, 7, fr. 18)

 

Viene dai puri pura, o Regina degli Inferi,
o Eucle ed Eubuleo, figlio di Zeus. Splendida,
ecco io possiedo questo dono di Mnemosine, famoso
tra gli uomini nel canto ...
«Vieni Cecilia Secundina, divenuta divina
in accordo alla legge» ...

(Laminetta trovata a Roma)