SCHEGGE
Vite di quartiere «Premio IDI 1987»
di Maricla Boggio

Ringrazio Gerardo Lutte, gli operatori del Centro di Cultura Proletaria, i ragazzi e le famiglie della Magliana per avermi consentito di condividere alcuni momenti della loro vita, cosi da poterne rendere testimonianza.

Maricla Boggio

Un quartiere di periferia di una grande città.

Oggi.

 

Le scene in ordine alfabetico rappresentano prevalentemente episodi di vita di gente di quartiere. Le scene numerate sono lo sviluppo di una storia singola, vissuta prevalentemente attraverso le riflessioni e i dialoghi dei due protagonisti.

 

Mentre le scene numerate devono essere rappresentate secondo l'ordine numerico, quelle in ordine alfabetico potrebbero venire spostate tra loro, anche se la successione suggerita offre un tipo di conclusione condivisa dall'autore; tuttavia la materia trattata possiede intrinsecamente una forza di movimento, e può presentare motivi di interesse spostare certe scene prima o dopo altre: ne deriva una visione diversamente finalizzata dell'insieme, e riflessioni diversificate di tale universo in divenire.

 

Il linguaggio è quello, assai misto dialettalmente, di una grande città dove la fusione di provenienza regionale differente è continua e complessa: questo porta a delle forme approssimative del dialetto di fondo, che è, piu per assonanze e assimilazioni e stratificazioni, quello romanesco.

 

PROLOGO

 

A - IL PESCATORE B - LA CATENINA

C - LA PASTIGLIA DI ROIPNOL

D -IL TELEVISORE

1)- L'INCONTRO

E -IL CARRETTINO DEI GELATI

F -IL RICETTA TORE

2)- IL DIALOGO

G - L'AUTOBUS

H -IL GIUBBOTTO

3)- L'AMORE

1- TRETREGIUGIU

L - GLI ORECCHINI

4)- LA DISCUSSIONE

M - IL RESTAURA TORE

5)- LA SEPARAZIONE

 

PROLOGO

Buio.
Una lama di luce lunare su di una frangia di canneto sul fiume.
Di lontano, fino ad arrivare sul davanti, moto e motorini lanciati a tutto gas.
Risate concitate, fischi e richiami. I motori si spengono.
Qualche fiammella di accendino illumina le facce dei ragazzi.

 

VOCI -

- ‘A scheggia de candela ce l'avete tutti?
- Che ce l'avete la scheggetta?
- Ognuno cià 'na scheggia?
- No aspetta!
- Armando nun ce l'ha!
- Che Luca è arrivato?
- A Marco! E daje 'na candela!
- Procuràteve'e schegge!
- A pezzi 'sta candela!
- 'Na scheggia abbasta pe' spacca' 'n vetro sano!
- De finestra e de machina!
- 'Na vetrata bella!
- A Sandra! Si nun bastano le candele che ciavete ...
- Fate prima a pijanne da 'na machina!
- A Matte', nun te taja'! Sta attento pure te!

Appena un bagliore per intravvedere un cofano di macchina aperto per tirarne fuori le candele. I ragazzi si lanciano le candele della macchina, di ceramica bianca, che vengono afferrate al volo.

 

VOCI

- Forza! Ce semo?
- Gajardi! Me raccomanno!
- Nun ve perdete'n colpo! State attenti!

Un rumore di motorino lontano, fino ad arrivare sul davanti, e poi a spegnersi.
Un bagliore a intravvedere un volto di ragazzo.

 

VOCI

- Ce sta Mimmo! È arrivato pure lui!
- Che ce l'hai 'na scheggia Mi'?
- Forza correte! Ognuno da 'na parte!

I motori riaccesi si mescolano alle voci concitate.
I rumori si dilatano intorno, dalla scena verso il fondo e tra la gente. Il buio è solcato da rapidi bagliori di pila elettrica.

VOCI

- Allora 'namo?
- 'Namo si! Ch'è l'ora!
- Forza voi da 'sta parte! E tu da 'st'altra! Forza!
- lo resto qua a sorveglia' le moto!
- Noi 'namo da 'sta parte e tu m'aspetti qua col motorino!
- Nun ve sbajate, se ritrovamo qua ...
- a la curva del fiume ... ... appresso al ponte! ...
- Avanti! Se comincia!

 

Come un ticchettio di pioggia il rumore secco dello scontro della scheggia di ceramica contro il vetro - di macchina, di finestra, di vetrata - che la scheggia è andata a colpire.
I vetri si frantumano in'briciole. Il rumore è quello di una cascata di frantumi.
Voci lontane in luoghi diversi, mescolate ai rumori dei cristalli infranti.

 

VOCI- Aòh! Qua ce sta 'n'a vetrata!
- Daje a la fuoriserie!
- Forza 'namo più avanti!
- Qua nun ce sta più niente!

Il rumore dei vetri infranti è fortissimo.
Voci e rumori si affievoliscono nella lontananza, fino ad annullarsi.

Buio. Silenzio.

A -IL PESCATORE

Il canneto, che appena si intravvedeva nella luce lunare, è tutto chiaro.
Osvaldo sta con le sue reti sulla sponda del fiume. Accanto a lui, Valerio.

OSVALDO - lo pesco qui, ogni mattina.
Al pomeriggio, poi, sto al doposcuola. C'era bisogno che tu arrivassi.
Siamo in pochi. Tu sei de fori, forse a te daranno un po' più retta.

VALERIO - Non so niente di voi, del quartiere.

OSVALDO - Di me, ti posso di' che studiavo, 'na volta.
Medicina, ero già avanti. Me credevo che avrei cambiato 'I mondo;
ero sicuro che arrivavo io e toglievo tutte le ingiustizie.

VALERIO - E poi? Perché hai smesso?

OSVALDO - Mah! Te casca tutto, a un certo punto.
Nun ce credi più, de riusci' a fa' qualcosa. Te senti inutile, impotente.

VALERIO - Ma se davi i tuoi esami ...
Poi ti specializzavi ... potevi aiutare la gente ...

OSVALDO - C'erano i raccomandati che potevano far pratica sui malati in ospedale,
gli altri se dovevano accontenta' dei libri ... Poi le tasse ... un sacco d'anni ...
a specializzatte nun te pijano se nun conosci qualche pezzo grosso.
Ero partito male dall'inizio. Solo pe' strada me ne sono accorto.
Ero povero, e dovevo stare a paro con gente che cià mezzi,
raccomandazioni, un posto già sicuro ... Me sono scoraggiato
soprattutto quando mi son reso conto che non potevo diventare bravo,
che la gente povera che potevo curare, l'avrei curata male. Cosi ho lasciato.

VALERIO - E adesso?

OSVALDO - Almeno mi sento libero. È un'illusione.
Però il pomeriggio lavoro al doposcuola.

VALERIO -lo non so se sarò in grado di insegnare qualcosa.
L'hanno deciso loro, perché io ho rifiutato di fare il militare.
Tu che gli insegni, a 'sti ragazzi?

OSVALDO - A non fidarsi. A imparare le lezioni, perché devono ripeterle agli insegnanti,
ed è scuola dell'obbligo. Ma insegno che devono leggere anche altre cose,
che poi gli serviranno. Nun è facile. Qui anche i più piccoli se sentono fregati,
come se 'sta convinzione l'avessero succhiata co'llatte.

VALERIO - E allora sarà difficile che riesca a fare qualche cosa io ...

OSVALDO - Quanto rimani qua?

VALERIO - Meno di un anno.

OSVALDO - (ride) Una goccia nel mare ...

VALERIO - Tu sei di qui?

OSVALDO - Vengo dalle baracche. Prima della battaglia per le case.

(guarda davanti a sé)

Li vedi, tutti 'sti palazzi? Nun ce n'era manco uno quando abbiamo cominciato a lotta' per ave' 'na casa. Poi li hanno costruiti, san già più de dodicianni. C'eravamo illusi. So' topaie, 'ste case, gabbie d'isolamento. Quando che stavamo nelle baracche, noi conoscevamo 'na famija che i figli suoi erano cresciuti assieme a noi. Ce vedevamo tutti i giorni, le madri se scambiavano porta a porta i piatti che preparavano per pranzo ... noi giocavamo insieme ... Abbiamo fatto 'sta battaglia delle case, loro sono andati a abita' nel nostro stesso palazzo, solo due piani sopra. Non ci siamo visti più. Come abitare in un altro quartiere ...

Arriva Luca agitando una cintura nera da judo in larghi giri sopra la testa.

LUCA - A Osva'! Hai sentito che hanno fatto stanotte?

OSVALDO - Che hanno fatto?

LUCA - So' andati in gruppo fino al quartiere degli uffici, co' le moto.
J'hanno fracassato tutte le vetrine, le finestre, i vetri delle macchine ...
Un macello ... La polizia è incazzata nera ...

VALERIO - Ma chi è stato? Come hanno fatto? Perché?

OSVALDO - Niente ... So' i ragazzi. .. Pijano delle schegge de candela ...
Sai le candele delle macchine, de ceramica bianca? Basta 'na scheggia de candela,
se tu la getti sopra 'n vetro, quello s'incrina tutto che pare ciabbia 'I cancro,
se ne va in frantumi ...

VALERIO - Ma perché lo fanno?

OSVALDO - (allargando le braccia) Se divertono cosi. Certi se ubriacano de birre. Altri se pijano la droga. O le pastiglie, che ne so? del Roipnol, o del Playgin ...
acido borico perfino ... Certi danno foco a 'na macchina ...

VALERIO - Ma perché? Perché lo fanno?

OSVALDO - La rabbia che ciai dentro, devi pure buttalla fori in qualche modo.

VALERIO - (a Luca) E tu? Non vai a rompere i vetri? Non ti droghi?

LUCA - Qualche cosa, 'na volta ... Adesso ciò un lavoro. E poi mi piace il giudo ...

(agita /a cintura nell'aria)

Nun me ne frega più de 'ste bravate.

OSVALDO - E te sei fatto pure la ragazza ...

LUCA - Ma che, so' tutte storie! Mo' me vojo organizza' bene co' 'sto lavoro, Osva'.
E poi ciò da fa' pure 'I servizio militare.

OSVALDO - Dov'è che te ne stai a lavora'? Nun eri al bar dell'ospedale?

LUCA - Eh! È da 'na settimana che ho cambiato! Il padrone me voleva mena' perché j'avevo magnato 'n tramezzino. Aòh!: nun era ancora chiaro che già j'annavo a tira' su le saracinesche, manco m'aveva fatto 'I libretto e le marchette, tutto lavoro nero che ce straguadagnava, e poì perché m'addento 'n tramezzino col formaggio sta a fa' 'na scenata! Me so' messo a urla' pur'io, che la gente s'è fermata tutta, per poco nun je menavano a lui tanto che je n'ho dette! Quello s'era fatto bianco bianco, è annato a 'telefona' a mi' padre - che mi' padre fa 'I cuoco all'ospedale - e je stava a di' che io je volevo mena'. Mi' padre allora m'ha voluto al telefono, me fa: «Lassa perde, te vengo a pija', che sia finita».

OSVALDO - E te sei già trovato 'n'altro lavoro?

LUCA - E l'ho trovato si! Sto al bar del tribunale! Ce stanno 'n sacco de avvocati e de giudici, che se poi ciai bisogno sai 'ndove rivolgerti. Là me trattano bene, 'I gestore è 'n'amico del padre de Torquato che cià 'I banco del pesce. Anche li nun è che m'hanno fatto 'I libretto e l'altre cose, ma tanto, che me frega, sarà per poco. lo vojo fa' 'I giudò!

VALERIO - E dove lo fai, il judò?

LUCA - Alla palestra dei carabinieri. A noi nun è che so' tanto simpatici quelli dell'arma, però questi so' atleti, è un corpo speciale, insomma so' diversi.
lo so' cintura nera ...

(agita la cintura, accenna a qualche mossa)

Quando che dovrò fare 'I servizio militare, chiedo d'anna' da loro.
Me pagano. So' impegnato poche ore.
Imparo un mestiere che me diverte pure, posso fa' delle gare ...

VALERIO - Perché dici che da voi i carabinieri non sono tanto simpatici?

LUCA - Perché al tempo dell'occupazione delle case,
loro stavano dalla parte dei padroni.

VALERIO - Ma tu ti ricordi di quel tempo?

LUCA - L'ho inteso di'. Tutti lo dicono. Quanno ce so' stati assegnati 'sti palazzi,
prima de riusci' a entracce dentro, c'è voluto un sacco de mesi.
E già altri, che nun erano delle baracche,
a forza de raccomandazioni se facevano assegna' gli appartamenti.

OSVALDO - Si, qua la gente, alla fine, ha dovuto occupa' con la forza.
Per ave' 'ste case, sotto l'altezza del fiume, piene de zanzare, co' le fogne
che straripano de merda. Ma vedi, quella è stata 'na battaglia,
la gente ciaveva qualcosa che la univa. Quelli che oggi stanno a cresce,
i ragazzi, nun cianno manco più una cosa de 'sto genere in cui crede.

VALERIO - Forse non si fidano piu. Hanno visto il fallimento delle battaglie dei padri.

LUCA - (con una piroetta) Vabbè, io ve saluto. Devo anna' a giudò, so' già in ritardo.

(corre via)

OSVALDO - (a Valerio) Parti dall'idea che non riuscirai a ottenere risultati, ma che te devi impegna' allo stesso modo. Forse cosi te sentirai un po' dei nostri.

VALERIO - Per ora non capisco niente. Ma sono qui, devo rimanere. Proverò.

OSVALDO - Vado a gettare le reti nelle vasche. Per oggi de anguille
ne ho tirate su abbastanza. Ce vediamo piu tardi, al doposcuola.

VALERIO - Ci vediamo.

Costeggiando la riva, Osvaldo si allontana con le reti.
Valerio si incammina fino a scomparire.

B - LA CATENINA

Un angolo di quartiere residenziale.
Sandro si avvicina ad una ragazzina vestita bene, con una catenina d'oro al collo.

SANDRO - (si para davanti alla ragazzina con una capriola) Aòh, e 'ndo' vai?

SUSANNA - (lo guarda con interesse, presa alla sprovvista) Bah! ...
E tu?

SANDRO - ' Ndo' vai te ...

(le fa una piroetta intorno, azzarda una carezza sui capelli) Ciai bei capelli ... So' biondi naturali?

SUSANNA - (con tono da adulta) Ciò i I cascé ... Perché?

SANDRO - Tanto pe' ddi' qualcosa. De dove sei? De qua?

SUSANNA - Si, di qua. Tu no?

SANDRO - Da più lontano. Ma t'avevo già vista l'altro giorno, stavi a passeggia'
con dell'amiche tue ... Ciavevi 'na gonnella, stavi proprio caruccia ... e cosi so' tornato. 'Namo a pija' 'I gelato?

SUSANNA - Per me dev'essere solamente di limone!

Si avvicina un carrettino dei gelati. Un ragazzo sta rimestando nei cilindri.

SANDRO - (al ragazzo del carrettino) Du' coni. Uno de limone, l'altro de cioccolato.

(sporge un biglietto)

ARMANDO - (fa i coni, poi strizza l'occhio a SANDRO)
Tiè qua, questi so' doppi, oggi se regala ...

(sottovoce, a SANDRO che prende i coni) Sta tranquillo Sandro, che nun parlo.

Sandro offre il cono di limone a Susanna. I due leccano i loro gelati. Sguardi e sorrisi. Lei si concentra, gli occhi fissi al gelato.

SANDRO - Aòh, e nun dici piu niente?

SUSANNA - Che devo dire? Sto a mangia' il gelato.

SANDRO - Vuoi assaggiare il mio?

(le porge il cono di cioccolato)

SUSANNA· Veramente ... non dovrei. La cioccolata mi fa male ...

(con slancio)

Ma me piace tanto pure a mme!. ..

(dà una rapida leccata al cono che SANDRO le tiene davanti a braccio teso; mentre lei lecca il gelato, lui ritira il braccio verso di se': le due facce sono vicinissime)

SANDRO - E a me, nun me lo fai provare il tuo limone?

Susanna stende timidamente il braccio di quel poco che può, fino a portare il cono a tiro della lingua di Sandro.

SUSANNA· (mentre SANDRO lecca il cono) Come ti chiami?

SANDRO -

(indugia a leggare il gelato, la guarda tenero, provocandola;
finalmente si stacca dal gelato)

E come facevo a risponnette, mentre che stavo a slappa'?
Come te chiami tu, me devi di'!

SUSANNA - lo Susanna! E tu? E tu? E tu?

(ride, mentre Sandro gioca con i suoi capelli,
se li attorciglia alle dita ripetendo il suo nome)

SANDRO - Susanna! ... Susanna! ... Susanna! ...

(si fa confidenziale; le sue mani, dai capelli della ragazza, passano al collo;
lei è un po' eccitata, invogliata ad un flirt)

SUSANNA - E tu, allora? Come ti chiami tu?

SANDRO - Io mi chiamo ... Indovina un po’ ...

(le si avvicina ancora di piu, le mani al collo, il corpo premuto contro quello di lei, cominciando un abbraccio; lei ci sta, nell'ingenuità di un'adolescente, avvicinandoglisi con tutta la personcina)

Indovina Susanna!. ..

(con uno strappo deciso afferra la catenina d'oro dal collo di lei, la fa volteggiare tra le dita, fugge via)

Ma quanto sei cretina! Susanna ... Susannina mia! ... Ma quanto sei cretina!!! ...

 

Sandro è subito lontano.

 

C - LA PASTIGLIA DI ROIPNOL

 

VECCHIO - (apre un pacchetto di farmacia, controlla le medicine)
Questa per la circolazione ... Questa per l'asma ... Le iniezioni per la pressione ...
Le gocce per il cuore ... Le pastiglie per dormire ... Ma è vita questa? E poi, la mutua, come non averla. Il ticket per me è già una spesa.

(verifica assorto i costi di ciascuna medicina; sillaba a mezza voce cifre, addiziona, ripete calcoli)

Mille e cinque la pomata ... più duemila le gocce ... E sono tremila e cinquecento ...

Si avvicina un ragazzetto dall'aria guardinga. Osserva il vecchio.

VECCHIO - Tremila e cinquecento ... Milleottocento le iniezioni. ..
Poi le siringhe, che la mutua non passa ...

RAGAZZETTO . Ché ce l'avresti il Roipnol? Qualche pastiglia in più, che non ti serve?

VECCHIO· Roipnol? È il mio sonnifero. Ma perché dovrei averne qualche pastiglia in più?
Che non mi serve?!

RAGAZZETTO· Mah! Facevo cosi ppe' ddi'. Ve siete quasi comprato la bottega del farmacista,
con tutti 'sti pacchetti!

VECCHIO - Quando si diventa vecchi, le medicine non bastano mai!
Beati voi ragazzi, che siete pieni di salute. Che avete le speranze, che avete la vita davanti a voi!

RAGAZZETTO - Ma di chi parli, a nonne'?! Senti, tu te sei speso quasi tutta la pensione
con i ticket. Me dai qualche pastiglia del tuo Roipnol, e io te sgancio un po' de soldi. D'accordo?

VECCHIO - Ma perché vuoi le mie pastiglie, e in cambio mi offri soldi?
Se qualcuno dei tuoi ne deve prendere, la mutua gliele scrive ... non capisco.

RAGAZZETTO - A nonne', facciamola finita! Quattromila a pastiglia, te va bene?
Ce n'avrai almeno 'na trentina, in quel boccetta, me ne sporgi cinque,
qua ce stanno ventimila lire, prendere o lasciare!

VECCHIO - Ventimila lire! È quello che ho speso per i ticket, le siringhe, il cotone,
e la saponetta alla mandorla che piace tanto alla mia vecchia!. .. lo non capisco ...
per cinque pastiglie ...

(apre il flacone del Roipnol con mani tremanti)

... cinque pastiglie di questo flaconcino ....

(le pastiglie sono sul palmo di una mano del vecchio; svelto il ragazzetta le afferra,
mette in mano al vecchio due fogli da diecimila).

RAGAZZETTO - Cosi semo pari.

(gli dà una botta sulla spalla, intasca le pastiglie)

VECCHIO - (si incammina guardandosi i soldi sulla mano)
Ventimila lire per cinque pastiglie che poteva avere dalla mutua! Per tutto il flacone,
e sono trenta, il ticket è soltanto mille e cinquecento!

RAGAZZETTO - (rimasto solo alza una pastiglia davanti a sé guardandosela tra le dita)
Pastiglia mia, come te voglio bene!

(la inghiotte)

Tra poco sarà un'indifferenza dolce. Guarderò il mondo e non mi farà più paura.
Ecco, le cose intorno si stanno facendo di cristallo ... C'è un ronzio allegro,
sempre più forte ... Com'è bello! lo sto bene!

(si sdraia a terra, beato)

Mo' che arrivano gli altri, a botte li vinco tutti quanti!

D -IL TELEVISORE

Una stanza di un piccolo appartamento. Poveri mobili.
Una certa proprietà nella cura dell'ambiente, anche se povero.

INGEGNERE - Insomma, io le dico che il televisore deve essere uguale
a quello che mi ha rubato suo figlio. La marca, il tipo, la dimensione.
Mia moglie ci è abituata e non può rinunciarvi.

DAMIANO - Mi creda, sono andato dappertutto a cercarlo. La fabbrica non li costruisce più.
Se gliene faccio un altro, almeno è nuovo.

INGEGNERE - Macché nuovo e nuovo! Mia moglie ci è abituata.
Già il furto, si è tanto addolorata.
Se lei non ce ne trova uno uguale, dovrò chiederle i danni.

DAMIANO - lo non so più cosa fare. La prego, aspetti qualche giorno.
Andrò ancora a cercarlo. Noi non abbiamo soldi. .. E c'è solo mia moglie che lavora.

INGEGNERE - Non mi faccia dire!. .. Con quel figlio, grande e grosso,
lasciare che la madre vada a servizio ... Non mi faccia dire!. ..
In ogni modo, cercherò di attenuare la gravità del caso quando mi chiamerà il giudice.
Quello che è successo, comunque, ormai non si può cancellare. Il furto,
l'aggravante che lui era venuto per riparare il bagno,
accolto quindi in casa come uno di cui fidarsi. .. Non mi faccia dire!... .

DAMIANO - Purtroppo quando hanno quel bisogno lì,
non li tiene neanche il padre e la madre. lo mi scuso per lui, ingegnere ...
Vedrà, glielo trovo il televisore alla sua signora, glielo dica, che stia tranquilla ...

INGEGNERE - Me lo auguro per lei. .. E veda un po', di dargli una bella raddrizzata,
a quel figliolo. C'è tanto bisogno di giovanotti che lavorino, lui ha un mestiere per le mani,
e invece, rovinarsi cosi. .. Non mi faccia dire!. ..

L'ingegnere se ne va. Damiano resta solo, intristito.

DAMIANO - Nun c'e sta più, 'sto televisore' È vecchio de diecianni!
Sanguisughe! Se sapevo che tanto lo denunciava,
non gli promettevo di ripagargli quel rottame de televisore!

Damiano medita, la testa fra le mani.
Da un fagottello sulla tavola tira fuori dei fagiolini, carote, cipolle e patate.
Comincia a pulire la verdura, versandola via via in una pentola.

DAMIANO - Certo che 'sto Sandro mio ce ne fa passare! Eppure,
finché ho potuto, io ho sempre lavorato. E sua madre, s'ammazza
pur di non far mancare niente in casa ...

Entra Margherita. Distrutta dalla fatica e dai malanni, dimostra molto piu della sua età.
Cammina muovendosi con difficoltà sulle gambe.

MARGHERITA - Allora? S'è trovato 'sto televisore?

DAMIANO - Toccherebbe rubarlo in un museo. Nun ne fanno più!
Ma quello, l'ingegnere, niente, la moje je patisce ...

MARGHERITA· Me sa che è tutta 'na scusa.
Purtroppo ciavemo torto perché Sandro, ruba' ha rubato.

Entra Carlina, la figlia piu piccola, tutta affannata.

CARLINA - Che c'è Sandro?

MARGHERITA- Non penso. Che c'è Sandro, Damia'?

DAMIANO - No. È un pezzo che sto a casa, nun l'ho visto. Perché, Carli'?

CARLINA - Hanno fatto 'na soffiata. Sta per arriva' la polizia. Vengono pe' 'na macchina rubata!

 

MARGHERITA - Oddio Sandro! ... Quando è stato?

 

CARLINA - Dice stanotte. Ed è vero, c'è 'na macchina mai vista,
sulla collina prima de scenne al fiume ...
Stanotte j'hanno dato foco. Dice che le fiamme erano altissime.

 

DAMIANO - E Sandro, dove stava a quell'ora?

 

MARGHERITA - E che ne so, Damia'? Alle quattro già me n'ero annata a lavora' ...

 

DAMIANO - Dove sarà 'sto fijo?

 

MARGHERITA - Carlina, vacce tu. Trovalo, portalo qua.

 

CARLINA - A mà, e che ne so 'ndo sta quello. A 'stora, sarà in giro con gli amici.
E poi, nun vo' che io ce vada, appresso a quelli ... so' spacciatori. A me ce tiene!

 

DAMIANO - Tra poco dovrebbe venir su a mangiare ...
Aspettiamo. Margherita, su, non preoccupiamoci ...

 

Sirene della polizia spiegate. Un lungo incalzare 'di suoni. Silenzio
pesante.
Vociare di persone che discutono. .

 

MARGHERITA - Famme vede.

(si sporge da una fessura di finestra; il marito fa altrettanto; anche Carlina si insinua tra i due, a spiare che cosa avviene per strada).

 

CARLINA - Hanno preso Mimmo! S'era fregato un motorino.
Guarda, è lui, e ce sta pure il motorino! ...

 

MARGHERITA - Dio sia lodato! Allora non era per la macchina.

DAMIANO - E chi lo sa. Può esse pure che poi indagano su quella ...

 

Un silenzio carico di tensione. Uno sbattere di porta. Entra Sandro.

MARGHERITA-Ah! Meno male!

 

SANDRO- Mbè?

 

DAMIANO - Stavamo in pena.

SANDRO - E perché?

CARLINA - La macchina.

SANDRO - Che macchina?

 

CARLINA - Quella de stanotte. J'hanno dato foco, sulla collina.

SANDRO - Ah, io nun c'entro niente! Quelli so' scemi. Ma che,
se brucia, 'na macchina che rubi? Non lo so ...

 

MARGHERITA - Davvero Sandro? Posso sta' tranguilla?

 

SANDRO - A mà, famola finita. C'è aranciata? Ciò sete.

MARGHERITA - Subito figlio mio.

(esce)

 

Damiano sporge a Carlina la pentola con le verdure pulite e tagliate.

 

DAMIANO - Tiè Carli, mettila a coce sul fornello.

Carlina prende la pentola ed esce.

Damiano e Sandro sono rimasti soli. Silenzio imbarazzato.

Sandro per darsi un contegno prende un album di fumetti e si mette a leggere distratto.

 

DAMIANO - E che a ogni momento, può succede de tutto ... Tu lo sai perché.

 

SANDRO - A papà, io nun so' fesso!

 

DAMIANO - Però intanto stiamo al processo per quel furto. E ce tocca pure pagà il televisore novo all'ingegnere.

SAN DRO - Uffa!

DAMIANO - Non potresti venire con noi, al mattino, a fare le pulizie?
Se ci vai tu al posto mio, a aiutare tua madre, almeno io me cerco il lavoro.
Non è che il sussidio della disoccupazione può anna' avanti anni ....

SANDRO - A papà, la mattina presto nun me va!

MARGHERITA -

(torna con la bottiglietta dell'aranciata, la apre, la porge al figlio)

Tiè Sandro. Bevi piano, che è gelata, figlio mio.

SANDRO - Si si vabbé.

(beve veloce)

Ve saluto.

MARGHERITA- Esci di nuovo?

SANDRO - Perché? Nun se po'?

DAMIANO - Nun sarebbe bene che nun te facessi vede in giro?
Ce sta ancora la polizia.

SAN DRO - Apposta. Meglio circolare. Che ciò qualcosa da rimproveramme?

(esce)

Silenzio.
I due rimangono assorti. Margherita beve il fondo della bottiglietta di aranciata.

MARGHERITA - Ti ricordi quando ci siamo sposati?
È stato al rinfresco di nozze che ho bevuto tutta intera un'aranciata ...

DAMIANO - Eh! Mettevamo i soldi da parte. Cento lire su cento lire ...

MARGHERITA - Io facevo gli straordinari.
Tutto quello che prendevo in più della paga, lo mettevo via per il corredo ...
Per paura di spenderli, li davo a mia sorella.
Quanto m'han fatto comodo, quando li ho presi tutti insieme!

DAMIANO - lo stavo alla cooperativa dei facchini.
E le mance, anch'io le mettevo da una parte.
L'anello per il matrimonio, c'è venuto fuori.

MARGHERITA - Quanto m'è dispiaciuto quando non l'ho trovata più, 'sta vera!. ..
Nun ce vojo pensa' ...

DAMIANO - Adesso, di risparmi, non se ne riesce a fare. È grazie se campiamo.

MARGHERITA - Pure 'sto televisore, che dobbiamo trova' ...

DAMIANO - Io l'ho detto pure a Enrico, se j'arriva qualcosa d'occasione.

MARGHERITA - L'ingegnere cià delle pretese. Costerà 'na barca de soldi.

DAMIANO - Stavolta Sandro, me sa che je tocca d'anna' dentro.
Ciaveva la condizionale, per la faccenda del motorino.
Adesso quello ha fatto la denuncia, e una sull'altra le condanne
se le dovrà scontare tutte e due. Perché capisci, a 'sto punto è recidivo ...

MARGHERITA - 'Sta faccenda non avrà mai fine? lo nun ne posso più.
Nun è il lavoro che me pesa, nun è il male alla schiena ...
Queste so' cose naturali. Ma 'sta faccenda della droga, io nun l'accetto.
Nun è 'na cosa da accetta', come 'na malattia. È più terribile, nun so ...

Silenzio.

DAMIANO - La minestra se sta a coce. C'erano già dei fagiolini, giù nell'orto. E le carote, du' cipolle ... Le patate sono di quelle vecchie. Almeno, se devo stare a casa. servo a qualcosa.

MARGHERITA - (assorta) E poi Carlina. Se ce stai tu a casa, al lavoro me sento più tranquilla. Che non finisca male almeno lei. Pe' 'na ragazza, é pure peggio.

DAMIANO - Noi facciamo quello che possiamo, eh, Margheri'? Ma nun é che uno può cambià tanto le cose. È la vita, la gente, 'sto quartiere ... che ne so?, che te rovina ...

Entra Carlina, tenendo fra le dita degli orecchini lunghi.

CARLINA - A mà, che me li posso mette?

MARGHERITA - Prendili, tanto non valgono un bel niente.
Però ci tengo, non li perdere. Me li ha fatti tuo padre.

Carlina mette gli orecchini ed esce.

CARLINA - (correndo via) A mà, quanto me stanno bene! Torno più tardi!

Margherita la guarda uscire. Sorride.

MARGHERITA - Mah! Nun me la conta giusta. Me sa che è 'nnammorata.

DAMIANO - Ma é una bambina! Che dici, Margherita?

MARGHERITA· E io, quant'anni avevo quando tu cominciavi a guardamme?

DAMIANO - Bé, io volevo sposarti.

MARGHERITA - Oggi questi nun cianno né lavoro né casa.
Che fa un ragazzo, una ragazza, al giorno d'oggi?

DAMIANO - Mio nonno, mi ricordo, si lamentava di mio padre.
E mio padre si lamentava di noialtri. E noi, coi figli nostri?
Questi so' i più disgraziati. Qualche santo provvederà.

MARGHERITA - Bé, io vado a spiccia' un po' i letti. ..

(si alza)

DAMIANO - La minestra sarà quasi cotta. Vado a vedere ...

Escono, ognuno verso le proprie faccende.

1) L'INCONTRO

Sedie di plastica rotta. Tavolini zoppi. Libri in scaffali sbilenchi.
Qualche ragazzino sta facendo stentatamente dei compiti in quaderni spiegazzati.
Valerio passa da uno all'altro, indicando errori, mostrando pagine da studiare.
Da una parte, Teresa è assorta nei suoi pensieri. Bella, appena ragazza,
povera di abiti ma dall'aria altera, una sensitiva.

VALERIO - (a un ragazzino) Te l'ho detto mille volte, qui davanti ci va l'acca!

(si avvicina ad altri due che stanno facendo a pugni)

E basta! Siete venuti per studiare, fatela finita!

(afferra un libro da terra, tutto spiegazzato)

Ecco dove gettate i libri!

(butta il libro su di un tavolino; prende per le orecchie i due litiganti, a forza li sbatte su due sedie)

Guardatevi le lezioni per domani, che poi vi interrogo.

Valerio si avvicina a Teresa, che è rimasta indifferente in mezzo a tutto quel trambusto, abituata da sempre alle tensioni del quartiere.

TERESA - (proseguendo un ragionamento, rivolta a Valerio)
Io, sai?, delle volte pregavo. Dicevo: «Santo Iddio, fa che le cose vadano cosi. Ma alla fine, poi, gli facevo: «Vabbé, se c'è un ragazzino cieco che te sta a chiede de daje la vista, senti a lui, che io vengo dopo». Cioè, io facevo 'sti ragionamenti: «Guarda quelli che cianno più bisogno de me, magari a me me vedi dopo, però me devi vede dopo, perché io te sto a prega' ... ». E tante volte avevo paura che la preghiera rimaneva dentro la stanza dove stavo, allora addirittura aprivo la finestra e me mettevo de fori al balcone. 'Ste cose qui ...

VALERIO - Ma perché proprio ai ciechi, pensavi?

TERESA - (assorta) Parlavo a bassa voce. Me piaceva tanto guarda' il cielo, e pure la strada ...

VALERIO - Ma ai ciechi, perché?

TERESA - Lavoravo in una associazione de ciechi. .. Li aiutavo. Li facevo passeggiare. Ero diventata amica di una ragazza che me voleva insegnare a leggere il Braille ... E io quando arrivavo a casa, cominciavo a andare a tastoni, e capivo che era difficile, vivere da ciechi. .. Tante volte li guardavo, e pensavo: «Chissà come se lo immaginano il mondo. Se lo vedono cosi, io credo che preferiscono ridiventare ciechi». Era tutto un discorso che me facevo dentro ...

VALERIO - Anch'io mi sono fatto discorsi cosi.
Le mie scelte sono la conseguenza di questi ragionamenti.

TERESA - Ma tu, che discorsi te vuoi fare! Sei un ragazzo bene, un signore che viene da fuori. Qui, tu ci stai quel tanto che ti permette di non fare il servizio militare!

VALERIO - Infatti. I discorsi che io mi faccio dentro, sono quelli, precisamente, che io obbietto.

TERESA - Ma che obbietti? Le armi! Ma la violenza? Quella tu ce l'hai dentro come tutti. Tho visto io, l'altro giorno, menare un ragazzino per fargli fare i compiti. Un calcio nel sedere, ecco quello che gli hai dato! Altro che obbiettare, caro mio!

VALERIO - Ma a quel comportamento io c'ero stato portato dalla violenza vostra, del quartiere! Come vuoi che io, da solo, dall'oggi al domani, riesca a cambiare questa violenza? Con un sorriso? Una carezza sulla guancia? Se si volesse cambiare qualche cosa per davvero, qui ci sarebbe da ribaltare tutto quanto per cent'anni.

TERESA - E allora, che cosa sei venuto a fare qui, e già sai che non ti riuscirà di combinare niente? Ho ragione io, ti faceva comodo fare l'obbiettore dalle nostre parti.

VALERIO - lo ho obbiettato, e basta. Sono poi quelli dell'esercito che ti impongono di fare il servizio civile. Te lo buttano addosso, e tu lo devi fare. Ma che cosa credi che si possa cambiare in pochi mesi? Appena arrivi in posti come questi, ti accorgi che i tuoi principi sono astratti; applicarli in concreto è follia, fallimento fin dal principio ...

TERESA - Certo, voi crescete sui libri. La vita non esiste, per voi. La vivete per sentito dire. La leggete. Soprattutto la vita dei poveri.

VALERIO - E si! Allora che cosa devo fare? Suicidarmi perché sono nato in una famiglia benestante? Sentirmi in colpa con tutti quanti voi perché sono cresciuto in una bella casa, con i pasti regolari? Perché sono arrivato all'università? lo faccio del mio meglio ...

TERESA - Si, ma non basta. Lo sai che cosa vuol dire lottare per anni fino a riuscire a ottenere un buco di casa? Questo l'ha fatto mia madre, ma intanto noi crescevamo in una baracca di assi senza il cesso! Lo sai cosa vuol dire fare i picchetti per occupare dei locali, perché almeno i bambini possano avere un posto dove fare i compiti, mentre il Comune non ti dà nemmeno un doposcuola? Lo sai cosa vuol dire non riuscire a dormire la notte perché anche a febbraio qui ci stanno le zanzare, che ti entrano dappertutto e ti divorano, ti inseguono? Si, c'è quasi da ridere, ma per una cosa come questa, qui la gente rischia di impazzire.

VALERia - (imbarazzato) Mol'e di queste cose le ho lette sui giornaIi. .. Hanno anche scritto dei saggi. ..

TERESA - Tutte queste cose tu le hai imparate leggendole, oppure te le hanno raccontate altri. Noi queste cose le viviamo. È’ ben diverso, credimi. Per questi fatti che tu hai letto, io non ho avuto infanzia. Mi hanno messa in collegio, mia madre era vedova. Per queste cose che tu hai letto, io mi sono ritrovata grande senza aver goduto l'età dei giochi. E tu, che bambino eri?

VALERIO - Un bambino ricco, l'hai già detto tu. Ma infelice. In collegio, perché venissi su meglio. Subito l'inglese ... la scherma ... D'estate ritornavo a casa. Andavamo al mare, c'era la villa. Ho imparato la vela, viaggiavamo ... Che cosa ne posso io? Più tardi ho cominciato a fare delle scelte mie, a ragionare sulle cose. Anche tu, quand'eri piccola, hai subito delle situazioni. Adesso, ci fai sopra i tuoi ragionamenti. È da adesso che si possono trovare dei punti in comune, capisci.

TERESA - Si, il tuo è un bel ragionamento. Ma tu hai letto i tuoi libri, sai sempre cosa dire. A me mancano le parole. Dopo il collegio ho vissuto soltanto qua, in quartiere. Vorrei andarmene. Il resto del mondo non so com'è, ma certo non è peggio. L'idea tua, dell'obbiezione, non la capisco bene, però mi piace ...

VALERIO - Ma come fa a piacerti, se non la capisci?

TERESA - In fondo, è ribellarsi alla violenza, magari con dei mezzi violenti. Quel calcio nel sedere al ragazzino dell'altro giorno, tu glielo hai dato perché volevi che, studiando, lui si ribellasse a una violenza-vera. Ho capito giusto?

VALERIO- (sorride) Hai capito benissimo. Perché dicevi che non capivi?

TERESA - lo è una vita che cerco di ribellarmi alla violenza. E ce n'è tutti i giorni, di tutti i tipi, da quella che vedi subito a quella che non appare ma che ti fa ancora più male, io poi sono una ragazza, ti puoi immaginare ... Allora penso, penso dentro di me ... Tengo gli occhi stretti per concentrarmi bene, poi prego Dio, gli dico: «Fammi fare quello che è meglio, fa che io riesca a capire come posso superare meglio questo momento che è difficile ... ». Poi sto ad aspettare, e non è che proprio sento la sua voce, però mi viene in mente qualche cosa. Sono di nuovo io, é chiaro, ma intanto sono stata lì a riflettere, e riesco a decidere cosa fare. Cosi ho fatto adesso mentre tu parlavi. E mi è venuto che ti devo pensare con affetto, forse cosi ti aiuto. Sei buono, tu. Un po' matto, ma sei buono.

VALERIO - Te lo ha detto il tuo Dio?

TERESA - Si, me lo ha detto lui.

VALERIO - E ti ha detto che staremmo bene assieme?

TERESA - No. Dovrei concentrarmi di nuovo per chiederglielo.

VALERIO - Allora concentrati. Chiediglielo.

TERESA - (chiude gli occhi. /I viso proteso verso l'alto, in attesa)

VALERIO - La bacia.

(Teresa ha un sussulto, apre gli occhi di colpo)

TERESA - Guarda che io non sono stata mai con nessuno uomo. Non mi va che uno pensi a me come a una che si può scopare. Io voglio parlare, conoscere ...

VALERIO - Ma è stato solo un bacio ... un bacetto innocente ...

TERESA - Ti volevo soltanto avvertire.

VALERIO - Anche senza le parole, avevo già capito. Siamo cosi diversi, eppure abbiamo cose uguali ...

(le prende una mano, se la porta alle labbra dopo averle fatto sfiorare la bocca di lei, come un bacio che lui riceve dalle sue dita).

TERESA - (sospira, già mutata, raddolcita) Nemmeno un anno e sarai via. Lontano da qui.

E - IL CARRETTINO DEI GELATI

Armando, il ragazzo del carrettino dei gelati, sta contando i soldi dell'incasso della giornata accanto al suo carrettino.

ARMANDO - An vedi che sommetta 'sta giornata!. ..

(divide in due mazzette i biglietti)

E uno a tte ... E uno a mme ... Metà per uno non fa male a nessuno!. ..
Ché poi, si nun 'ero io, che te vendevo tutti quei coni alle coppiette! Fai pure schifo, con quelle manacce zozze che te ritrovi, nonno mio! lo da te er gelato nun me lo comprerei mai e poi. ..

(intasca una mazzetta, si guarda intorno circospetto)

Meno male che ancora nun è arrivato. Sennò me stava a fa' i conti lui. .. Sarebbe meglio che me tenessi i soldi mano a mano che incasso. Ma sarà che voglio fa' le cose giuste, che ne so?, preferisco divide a rischio mio quann'ho finito ...

(fischietta guardandosi intorno; mordicchia un cono di ostia, vuoto)

'Sti gelati fanno schifo, sanno tutti un gusto uguale. A me va soltanto l'ostia

(sputa il cono masticato)

E pure quella, chissà con che la fanno.

Si avvicina un vecchietto con una giacca bianca da gelataio molto sdrucita.

GELATAIO - Già te riposi? Già hai finito la giornata?

ARMANDO - E che dovevo fa', nonno? È quasi ora de cena, la gente se n'è ita a casa. Nun ce sta più nessuno!

GELATAIO - Se fosse tuo il carretto, te n'anderesti in giro pure a notte!

(sporge la mano aperta)

Da qua li sordi. Quant'è oggi? Che hai fatto?

ARMANDO - Che ho fatto? Il solito. Va là che io san bravo!

GELATAIO - Mortacci tua. Se te tenevo a casa a nun fa' niente, ce guadagnavo un sacco. Ma che fai? Dormi? Nun giri? Nun reclamizzi la merce tua? Nun la vedi la gente? Che fai leggi i fumetti? Questo me manna alla rovina!

ARMANDO - A nonno, famola finita! A me me fa piacere d'aiutatte, ma si nun sei contento, io nun ce vengo più col carrettino.

GELATAIO - E cosi rubi a casa! O qua o là, tanto te li denari li hai da trova', questo è matematico. E a casa tua, chi manda avanti la baracca? Nonnetto. Alla tua età, altro che quella robba io me facevo! Le donne, me piacevano! Ero gagliardo, io!

ARMANDO - A nonno, lassamo perde! lo faccio quello che me pare. A te chi te dice niente? Allora vivi e lassa vive.

GELATAIO Ilo lasso vive! lo lavoro, io! Tu invece rubi!

ARMANDO - A nonno, alla tua età dovresti già esse morto, cosi i tuoi nipoti ciavevano quei quattro soldi. Invece, zozzo che nun sei altro, te ne vai ancora con le femmine, che poi io nun capisco come ce sta co' tte quella zoccola che nun è bbona nemmeno a spiccia' casa ...

GELATAIO -Insomma famola finita. Se tu te voi buca', so' cazzi tua. Io so' vecchio, me va d'anna' con chi me pare, e d'ora in poi il carrettino me lo riprendo io, vabbe'?

ARMANDO - Fa un po' come te pare.

(afferra veloce i soldi che il vecchietto teneva ancora in mano; si allontana di corsa)

Me spetta la buonuscita per adesso, poi vedremo ... Chissà, se mai te viene un colpo ...
i parenti semo noi. .. Te saluto nonne'!. ..

GELATAIO - Mortacci tua!

 

F -IL RICETTATORE

Ernesto sta pesando degli oggetti d'oro. Da una parte mette quelli che può rivendere, dall'altra quelli che rifonderà. Esamina con la lente qualche pezzo.
Entra un ragazzo.

RAGAZZO - Mi hanno detto che compri ...

ERNESTO - Dipende.

(lo esamina con attenzione; capisce con chi ha a che fare)

Se non è roba che mi crei problemi ...

RAGAZZO - È’ oro ...

ERNESTO - Meglio che gli orologi. ..

Il ragazzo gli sporge una catenina e due anelli.

RAGAZZO - Quanto può essere?

ERNESTO - Si pesa. È presto fatto.

RAGAZZO - Un anello ha una pietra ... Pare un rubino.

ERNESTO - Sè! Un rubino. È’ sintetico. Ch nun lo sapevi, che anche assieme all'oro, ce mettono le pietre artificiali? Per me è fastidio, perché nun vale niente e me tocca de rifa' l'oggetto.

RAGAZZO - Ma tanto, se lo pagate a peso ...

ERNESTO - Eh! Nun è detto, nun è detto. Certe volte, se trovi l'amatore, te lo rivendi cosi come l'hai preso.

(guarda il ragazzo con impazienza)

Bé, famola finita. Pesiamo, o nun pesiamo?

RAGAZZO - Quanto fa?

ERNESTO - Momento. Calma.

(mette gli oggetti su/la bilancina; equilibra con i pesi)

So' venti grammi, compresa la pietra che me tocca de butta', venti pe' dieci ... so' duecento.

RAGAZZO - Dieci al grammo? Vale un sacco di più!

ERNESTO - Aoh, me lo vieni a di' a me che vale un sacco de più? E che, nun lo so il valore dell'oro? Alla giornata lo so, il valore. Ma a me chi me difende? Se vengono qua a fare 'n'ispezione, perché, chissà mai, j'han fatto 'na soffiata? A me me tocca de fa' fa' er lavoro in fretta e furia, pe' fa' spari' j'oggetti ... E poi, se qualcuno de 'sti anellucci, de 'ste spillette, fossero solamente indorate? Va a fini' che ce rimetto pure. ,

RAGAZZO - Mi serviva di più ...

ERNESTO - Ahò, nun te conosco. Puoi esse pure 'no spio ne. Ormai l'ho detto e lo mantengo. Duecento, o niente.

RAGAZZO - Dammeli. No, aspetta ...

(dopo un'incertezza, tira fuori da un fazzoletto annodato una vera d'oro)

E con questa, quanto mi puoi dare?

ERNESTO - (lo guarda fisso) Una vera: è de tu' madre?

RAGAZZO - Stava in casa ... Non la mette mia madre.

ERNESTO - Sé! «Non la mette ... "! Le donne prima de tojesse la vera se fanno taja' er dito! E vabbé, tanto a te chi te conosce ...

(pesa la vera)

'Na bella vera, de n'a volta. Spessa, tornita. Un bell'oro scuro.
Cinquantamila in più, va bene?

RAGAZZO - (in un soffio) Okay.

ERNESTO - (gli da i soldi) E via de corsa, nun te volta'. Se te fermano, 'sti soldi li hai avuti da 'n'amico, che ne so?, ma io nun ciò da entrà, va bene?

RAGAZZO - Va bene.

Il ragazzo corre via con i soldi. Ernesto riprende a lavorare.
Continua a fare i suoi mucchietti, dividendo gli oggetti.

ERNESTO - Questo anello può andar bene per la sora Assunta che ne voleva uno uguale uguale. Più tardi ce passo. Adesso nun è aria. Sirene della polizia. 1/ quartiere si anima di voci e di rumori, in un crescendo di tensione.

VOCI -
- È tornato Richetto?
- Ce sta la polizia, fate attenzione!
- Sarà per quella macchina rubata!
- Roberto s'è fregato il motorino!
- C'era lo spacciatore all'angolo del bar!
- Avvertite da Ernesto, che stia attento! ...

Entra Armando, trafelato.

ARMANDO - Erne', ce sta la polizia! Fa attenzione. Qualcuno ha fatto 'na soffiata.

 

ERNESTO - A chi? A me?

 

ARMANDO - Nun se sa se è 'na cosa di robba o de preziosi ... In tutti

ARMANDO - Che ho fatto? Il solito. Va là che io san bravo! GELATAIO - Mortacci tua. Se te tenevo a casa a nun fa' niente, ce guadagnavo un sacco. Ma che fai? Dormi? Nun giri? Nun reclamizzi la merce tua? Nun la vedi la gente? Che fai leggi i fumetti? Questo me manna alla rovina!

ARMANDO - A nonno, famola finita! A me me fa piacere d'aiutatte, ma si nun sei contento, io nun ce vengo più col carrettino. GELATAIO - E cosi rubi a casa! O qua o là, tanto te li denari li hai da trova', questo è matematico. E a casa tua, chi manda avanti la baracca? Nonnetta. Alla tua età, altro che quella robba io me facevo! Le donne, me piacevano! Ero gagliardo, io!

ARMANDO - A nonno, lassamo perde! lo faccio quello che me pare. A te chi te dice niente? Allora vivi e lassa vive.

GELATAIO -lo lasso vive! lo lavoro, io! Tu invece rubi!

ARMANDO - A nonno, alla tua età dovresti già esse morto, cosi i tuoi nipoti ciavevano quei quattro soldi. Invece, zozzo che nun sei altro, te ne vai ancora con le femmine, che poi io nun capisco come ce sta co' tte quella zoccola che nun è bbona nemmeno a spiccia' casa ...

GELATAIO -Insomma famola finita. Se tu te voi buca', so' cazzi tua. lo so' vecchio, me va d'anna' con chi me pare, e d'ora in poi il carrettino me lo riprendo io, vabbe'?

ARMANDO - Fa un po' come te pare. (afferra veloce i soldi che il vecchietto teneva ancora in mano; si allontana di corsa) Me spetta la buonoscita per adesso, poi vedremo ... Chissà, se mai te viene un colpo ... i parenti semo noi. .. Te saluto nonne'!. ..

GELATAIO - Mortacci tua!

F -IL RICETTATORE

Ernesto sta pesando degli oggetti d'oro. Da una parte mette quelli che può rivendere, dall'altra que/li che rifonderà. Esamina con la lente qualche pezzo.
Entra un ragazzo.

RAGAZZO - Mi hanno dett.o che compri ...

ERNESTO - Dipende. (lo esamina con attenzione; capisce con chi ha a che fare)
Se non è roba che mi crei problemi ...

RAGAZZO - È oro ...

ERNESTO - Meglio che gli orologi. ..

Il ragazzo gli sporge una catenina e due anelli.

RAGAZZO - Quanto può essere?

ERNESTO - Si pesa. È presto fatto.

RAGAZZO - Un anello ha una pietra ... Pare un rubino.

ERNESTO - Sè! Un rubino. È sintetico. Ch nun lo sapevi, che anche assieme all'oro, ce mettono le pietre artificiali? Per me è fastidio, perché nun vale niente e me tocca de rifa' l'oggetto.

RAGAZZO - Ma tanto, se lo pagate a peso ...

ERNESTO - Eh! Nun è detto, nun è detto. Certe volte, se trovi l'amatore, te lo rivendi cosi come l'hai preso.

(guarda il ragazzo con impazienza)

Bè, famola finita. Pesiamo, o nun pesiamo?

RAGAZZO - Quanto fa?

ERNESTO - Momento. Calma.

(mette gli oggetti su/la bilancina; equilibra con i pesi)

So' venti grammi, compresa la pietra che me tocca de butta', venti pe' dieci ... so' duecento.

RAGAZZO - Dieci al grammo? Vale un sacco di più!

ERNESTO - Aoh, me lo vieni a di' a me che vale un sacco de più? E che, nun lo so il valore dell'oro? Alla giornata lo so, il valore. Ma a me chi me difende? Se vengono qua a fare 'n'ispezione, perché, chissà mai, j'han fatto 'na soffiata? A me me tocca de fa' fa' er lavoro in fretta e furia, pe' fa' spari' j'oggetti ... E poi, se qualcuno de 'sti anellucci, de 'ste spillette, fossero solamente indorate? Va a fini' che ce rimetto pure. ,

RAGAZZO - Mi serviva di più ...

ERNESTO - Ahò, nun te conosco. Puoi esse pure 'no spio ne. Ormai l'ho detto e lo mantengo. Duecento, o niente.

RAGAZZO - Dammeli. No, aspetta ...

(dopo un'incertezza, tira fuori da un fazzoletto annodato una vera d'oro)

E con questa, quanto mi puoi dare?

ERNESTO - (lo guarda fisso) Una vera: è de tu' madre?

RAGAZZO - Stava in casa ... Non la mette mia madre.

ERNESTO - Sé! «Non la mette ... "! Le donne prima de tojesse la vera se fanno taja' er dito! E vabbé, tanto a te chi te conosce ...

(pesa la vera)

'Na bella vera, de n'a volta. Spessa, tornita. Un bell'oro scuro. Cinquantamila in più, va bene?

RAGAZZO - (in un soffio) Okay.

ERNESTO - (gli da i soldi) E via de corsa, nun te volta'. Se te fermano, 'sti soldi li hai avuti da 'n'amico, che ne so?, ma io nun ciò da entrà, va bene?

RAGAZZO - Va bene.

Il ragazzo corre via con i soldi. Ernesto riprende a lavorare. Continua a fare i suoi mucchietti, dividendo gli oggetti.

ERNESTO - Questo anello può andar bene per la sora Assunta che ne voleva uno uguale uguale. Più tardi ce passo. Adesso nun è aria. Sirene della polizia. Il quartiere si anima di voci e di rumori, in un crescendo di tensione.

VOCI
- È tornato Richetto?
- Ce sta la polizia, fate attenzione!
- Sarà per quella macchina rubata!
- Roberto s'è fregato il motorino!
- C'era lo spacciatore all'angolo del bar!
- Avvertite da Ernesto, che stia attento! ...

Entra Armando, trafelato.

ARMANDO - Erne', ce sta la polizia! Fa attenzione. Qualcuno ha fatto 'na soffiata.

ERNESTO - A chi? A me?

ARMANDO - Nun se sa se è 'na cosa di robba o de preziosi ...
In tutti i modi sono diretti da 'sta parte. E meglio che te sbrighi.

ERNESTO -

(mette gli oggetti sul tavolino in uno straccio, ve ne aggiunge altri dal cassetto, ne fa un fagotto che lancia a Armando)

Armando, tiè 'sta roba ... A te nun te conoscono ... Nun te vanno a guarda'.

ARMANDO - Ma 'ndo la metto io, 'sta roba? E si me scoprono, che dico?

ERNESTO - E mettila nel carretto coi gelati. Quando che ciai bisogno,
io so' qua, me ricordo.

ARMANDO - (avvolge il fagotto nel maglioncino che teneva arrotolato al/a vita)
E vabbé, Erne'. Però io nun c'entro con 'sta roba rubata, che tu te comperi allo strozzo me fai di' certe cose ... E se poi io ce vado de mezzo? Mortacci tua .

ERNESTO - Semo dello stesso quartiere, caro mio. Stavolta tu non c'entri, 'n'altra volta nun c'entro io e me dai 'na mano te. Corri, vai!

Armando corre via. Incrocia un altro ragazzo che sta passando con un pallone.

ARMANDO - A Gianca', tié 'sto fagotto, che ciò fretta. È roba delicata fa attenzione! Me so' spiegato, eh? Portala a tu' sorella, che cià il pupo ... lo ripasso stasera, quanno se ne so' iti. Okay?

RAGAZZO - Mannaggia Armando, sempre la stessa storia. E vabbé, li mortacci. Tanto semo tutti nella stessa baracca.

Si allontanano tutti quanti in varie direzioni.

 

2) IL DIALOGO

La casa di Teresa, una delle tante case povere del quartiere. Un grande letto sfatto. Valerio e Teresa, vestiti, ci stanno sopra in mezzo a un mucchio di libri e di giornali.

TERESA - E poi, tutte le cose della vita, mano a mano che le scoprivo ... A me m'ha sempre attirato tutto.

(si tira su, eccitata dal ricordo)

Pensa che quando era ragazzina, la prima volta che me so' venute le mie cose, io sono corsa al rubinetto de cucina, tenevo un grumo sulla mano, l'ho lavato nell'acqua, volevo vede com'era veramente, se quel sangue nascondeva dentro qualche cosa che paresse 'na creatura ... Mia madre poi, quando gliel'ho detto, se messa a ridere. Dice: «Ma che, nun eri mica incinta! ... ". Ma a me, quella faccenda della vita, m'era rimasta misteriosa. E volevo capi'. E volevo scopri' .

VALERIO- (ride, tenendola abbracciata con tenerezza) Eri proprio una sciocchina ... Ma come potevi pensare che un grumo di sangue da solo avesse una vita?

TERESA - A ValeriO, tu queste fantasie non le puoi capire. Sei un uomo, e voi uomini non capite niente de 'ste cose, anzi ne avete schifo.

VALERIO - Ci fanno un po' impressione, questo sì ... Ma schifo, bé schifo proprio no. A me tu mi piaci sempre, come potresti farmi schifo quando hai quelle tue cose li?

(la abbraccia più stretto)

TERESA - Lasciami stare, patti chiari abbiamo fatto, anche se t'ho accettato qui da me, e mia madre se n'è andata addirittura a dormi' nella stanzina, perché noi stessimo assieme. Ma assieme cosi e basta, intesi?

VALERIO - (la accarezza imbronciato, guardingo a una ulteriore reazione di lei) Finché lo vorrai tu, intesi. ..

TERESA - Senza scherzi e trabocchetti, va bene? Nun come l'altra notte, che m'hai svegliato, e non volevi lasciarmi più.

VALERIO - (le prende il viso fra le mani) Ma tu, per me, non provi niente? Non ti va di stare assieme a me? Non senti che con un abbraccio io ti dico di più quanto ti voglio bene? Sei davvero una strana ragazza ...

TERESA - Mi va ... (sorride) Va là che mi piaci, e lo sai. E poi, come lavori, qui da noi, a 'sto doposcuola dove non cià resistito mai nessuno, e tu li, a imprecare, a beccarne al volo uno che scappa e un altro che fa a botte ... In fondo, anche se te nun ce credi, di ottenere alla fine un risultato, però te impegni. E questo, a me, me pare molto ... molto...

(non trova la parola, allarga le braccia e lo circonda in un abbraccio infantile)

molto meraviglioso!

(Valerio vorrebbe trattenerla in quello slancio, ma lei subito sfugge)

VALERIO - Ma che fai? Giochi? Vuoi illudermi? Se ormai non ti avessi conosciuta, direi che sei una civetta, e ti darei una bella lezione.

TERESA - Ma è una scommessa, la mia, lo sai? Mio padre è morto che io ciavevo due anni. Quando poi sono cresciuta, gli ho promesso, a lui morto, siccome non l'avevo conosciuto mai, che sarei arrivata vergine al matrimonio.

VALERIO - Sei buffa! Perché questa promessa? Che gli importava, a tuo padre, se era morto, che tu arrivassi vergine al matrimonio?

TERESA - Mia madre con lui c'era arrivata. Vabbé che s'erano sposati che lei ciaveva appena sedicianni. Ma insomma, io ho promesso e basta. E per ora deve essere cosi, poi si vedrà.

VALERIO - lo credo che ci sia qualche altra cosa che ti ha fatto decidere in questo modo ...

TERESA - Forse, anche qualche altra cosa ...

VALERIO - Non me lo vuoi dire?

TERESA - È che credo di averlo capito anch'io da poco. Di me stessa, voglio dire. Ho cercato di guardarmi dentro, come quando uno va dallo psicanalista. Me facevo da sola le due parti, ero io ed ero anche quell'altro.

VALERIO - E che hai scoperto?

TERESA - Quando c'era il movimento femminista, a casa mia, già qui, in quartiere, si facevano gli aborti clandestini. La legge, non era passata ancora. E io stavo là, piccoletta, avrò avuto diecianni ... Ma 'ndove dovevo anna'? Giravo per le stanze ... C'erano tutte quelle donne che aspettavano ... Angosce. Pianti. Lamenti soffocati ... Poi, quel sangue, buttato nella tazza, raggrumato ... lo pensavo: «Li, c'è la vita» e non dicevo niente. Ma per me, un bambino era il massimo. E tu non puoi buttarlo. Che ne so? Me veniva da pensa' cosi. ..

VALERIO - Anche quella è violenza. E la facevano le donne.

TERESA - Si, ma non puoi dirlo tu, che sei maschio. La vostra, di maschi, quella è violenza allo stato puro.

VALERIO - lo mi sono rifiutato di ammazzare, lo sai.

TERESA - Ti sei rifiutato per sostenere una tua teoria, in cui non è toccata la tua pelle. Ma se tu metti incinta una ragazza, che cosa fai? E io non voglio, capisci?, non voglio che mi capiti con te, di rimanere incinta. Perché io il figlio me lo terrei, ma tu, con la tua classe, la tua cultura, con la tua famiglia benestante, come la metteresti poi?

VALERIO - Come vai lontano. Sei ancora vergine ... (ride) ... devi perfino imparare a dare un bacio dato bene, e già pensi a questo e a quello. Comincia a essere un po' più dolce, non succederà niente di terribile, te lo prometto.

Teresa si abbandona ad un bacio finalmente fiducioso, meno fugace dei precedenti.

TERESA - Perché poi, vedi, Valerio, io non chiederei di meglio che essere un po' più dolce, come dici tu. Soltanto che ho paura. Paura di soffrire. Hai capito?

VALERIO - Credo di capire almeno un poco. Dormiamo, adesso.

TERESA - E tu, stammi vicino.

VALERIO - La mia avversaria battagliera ...

(si baciano)

La mia dolce compagna.

I due si addormentano.

 

G - L'AUTOBUS

Anna e Elvira stanno davanti al portone di casa, in atteggiamento ansioso.

ANNA - Stefano ancora non torna. A quest'ora è sempre a casa.
Non per altro, magari, ma la fame ...

ELVIRA - E Andrea e Domenico, pure loro. Come sarà 'sta cosa?

ANNA - Ho mandato Cinzia a telefona' al padre, che sta in macelleria ...
Magari j'ha telefonato a lui, da fori ... Chi lo sa. Proprio nun me lo spiego ...

ELVIRA - Stasera poi avevo cucinato i rigatoni con le melenzane. Specie a Andrea, quanto je piacciono! Per fortuna che nun scociono, mangeremo più tardi. Tanto a casa è sempre 'na torre de babele, la televisione, il citofono, chi arriva e chi esce ...

ANNA - (guarda a destra e a sinistra, con crescente preoccupazione)
E pure Cinzia, che nun torna ...

ELVIRA - Sarà guasto il telefono del bar. Quello è sempre intasato, i ragazzini je mettono i tappi della birra al posto dei gettoni. Je sarà toccato d'anna' fino alla latteria ...

ANNA - Ma là il telefono nun ce sta proprio più! L'hanno portato via tutto d'un pezzo!

ELVIRA - Sarà andata fin sullo stradone, dal giornalaio ...

ANNA - Capirai! So' dieci minuti perlomeno! E poi, a 'st'ora, ce sarà la fila ...

ELVIRA - Ce l'aveva, il gettone?

ANNA - Ciaveva la moneta. Quello del bar de solito je da' er gettone al posto... .

ELVIRA - Si ma se nun telefoni da lui, niente gettone: lui te lo dà se lo consumi li.

ANNA - Ma se al suo bar il telefono è guasto, un cristo che va' telefona', che cazzo fa'?

Elvira allarga le braccia. Un silenzio pesante. Le due donne si guardano attorno con preoccupazione crescente.

ELVIRA - Erano andati un po' a svagarsi. 'Sti baracconi de festival, qualcosa da vede c'è sempre. Je regalano pure dei manifesti, grandi, tutti colorati. .. Domenico mio se li mette sempre in stanza sua, dietro il Ietto. Poi, quando so' invecchiati, ce fodero i cassetti ...

Arriva Cinzia trafelata. La madre le va incontro.

ANNA - Allora?

CINZIA - (concitata) Papà nun ne sapeva niente. M'ha fatto aspetta' che lui chiamava il festival, dove ce sta Richetto che risponne ...

ANNA - E che avete saputo?

CINZIA - Niente ancora. Dopo un po' che aspettavo che papà me richiamasse, ho riprovato a chiama' io, ma il numero era sempre occupato ...

ELVIRA - Ma cosi adesso quello magari sta chiamando, e tu non ce stai più?!
Dov'eri? AI bar?

ANNA - (incalzando) Da Cecco in latteria?

ELVIRA - Da Lallo dei giornali?

CINZIA - Stavo da Ernesto, quello che commercia in orologi.
AI telefono ce stava lui ad aspetta', m'ha detto de veni' da voi,
almeno nun stavate in pena.

Arriva Ernesto di corsa.

ERNESTO - (ad Anna) Ha telefonato tuo marito. Dice che al festival li hanno chiamato pure col megafono, ma nun se sono presentati.

ANNA - E capirai!, con quel casino de altoparlanti, musiche e comizi! ... Quelli poi, se stavano infrattati a mangiasse 'na pizza, a ride e a scherza', ma che hanno sentito!. ..

ERNESTO - (incerto) Mentre che stavo pe' veni' qua, è arrivata la madre de Gianfranco. Dice che il fijo passava in motorino sopra al ponte, e ha visto un incidente ... non so bene.

ANNA - Parla perdio! Che altro sai?

ELVIRA - Va avanti!

ERNESTO - Niente so. A Gianfranco jè sembrato de vede gente de qua ...

ELVIRA - Ma chi? ANNA- Come?

ELVIRA -I ragazzi non avevano macchina ...

ANNA - Neppure il motorino ... figurati!, quelli prendono l'autobus!

ERNESTO - (desolato) È precipitato l'autobus ...

ANNA, ELVIRA, CINZIA - (insieme, accavallandosi) L'autobus?
- Ma quale autobus?
- Quale numero di autobus?

ERNESTO - Il duecentonovantatre.

(tutto d'un fiato, per tirar fuori tutto quanto non può piu trattenere)

Era sul ponte, dice. E correva veloce. Ce stava 'na fila de macchine che nun se volevano sposta', tutte nel centro. L'autista ha preso, se fidava ch'era grande ... ha superato sulla destra. Sarà stata la strada scivolosa ... ha toccato il muretto sopra al ponte ... quello ha ceduto. È caduto di sotto.

ANNA, ELVIRA e CINZIA
- (con un urlo) Stefano! Andrea! Domenico!
- È caduto? Ma come?
- Dove s'è fermato?
- Io lo devo sapere!
- Ernesto che altro sai? Dove staranno adesso?
- Andiamo là!
- Sì corriamo!

Le tre donne si sostengono l'un l'altra, abbracciate.

ERNESTO - Calmatevi! Che ne sappiamo? Nun è detto che fossero sull'auto! ...

CINZIA - lo me lo sento, c'erano!

(si torce tutta, le mani sulla faccia)

Erano là, lo so ... Lo prendevano sempre, quall'autobus.
Era l'ora, era l'ora che tornavano.

ANNA - (a Ernesto, febbrile) Ma ti avrà detto Gianfranco se stavano ancor Ii. ..
Ti avrà detto qualcosa!

Ernesto fa un gesto di impotenza.

ELVIRA - Anna, può essere soltanto un brutto sogno. Tra poco ce li vedremo qui, affamati ... Io ciò i rigatoni pronti, e la peperonata ...

(si illude per rassicurarsi, nell'elencazione dei cibi)

E je preparo pure le fragole, stanno già in frigo, pulite, per domani ... ma stasera avemo da fa' festa ... Purché tornino,

(piange)

nun m'importa si me trattano male ... si me strillano sempre ... si nun so' mai contenti ...

ANNA - Io je sto a prepara' 'na camicia bellissima, a Stefano.
Tutta de filo azzurro fresco fresco. Così al campeggio nun cià caldo ...

Crescono intorno i rumori del quartiere.
Voci commentano l'accaduto che comincia a diffondersi.

VOCI -
- Hai sentito? È caduto dal ponte ...
- Ma che numero era?
- Il duecentonovantatre ...
-Com'è stato?
- Chi c'era?
- Dice che ce sta Andrea ... E Domenico ...
- E Stefano ...
- Ma chi te l'ha detto? Hanno telefonato ...
- Sono vivi?
- Chissà ... non si sa niente ... non si sa niente ancora ...

Le tre donne sono un gruppo compatto di dolore.
Ernesto si aggira impotente, incerto su che cosa fare.

ERNESTO - Che se po' fa'!. .. Namo a telefona' agli ospedali ... Sul ponte, ormai, è inutile ... Saranno già due ore che è successo ...

CINZIA - (in un impeto) lo ce devo anna'. lo ce vado. Col motorino de Gianfranco. 'Ndo' sta Gianfranco?

ERNESTO - È’ venuto dalla madre, che così nun stava in pena, ma poi è ripartito di nuovo ... Nun lo so, forse è andato all'ospedale.

CINZIA - Namo a telefona' a mi' padre. Almeno lui saprà qualcosa!

Arnaldo il macellaio compare dal fondo. Passi corti, lenti. Stringe le labbra,
mentre guarda le donne che a loro volta lo fissano, incapaci di fare domande.

Cinzia si butta verso di lui, fin nelle sue braccia.

CINZIA - Papà!

Arnaldo abbraccia la figlia stretta stretta. Indugia nell'abbraccio, nascondendo il viso, per ritardare il momento in cui dovrà parlare. Poi si rivolge ad Elvira.

ARNALDO - Elvira, nun c'è stato niente da fa' purtroppo.

ELVIRA - (con un grido) Domenico?

ARNALDO - Sì. ..

ELVIRA - (un rantolo) Andrea?

ARNALDO - Sì Elvira, tutti e due. Gianfranco ha telefonato, sta all'ospedale. Erano dentro l'auto. E’ stato un attimo, nun se ne sono manco accorti, l'ha detto il medico ... Erano là, tornavano dal festival ...

ELVIRA - Ma non è possibile! Io impazzisco! Anna! Cinzia! Ernesto! Aiutatemi! Arnaldo sei sicuro? lo nun ce credo! I figli miei!

ARNALDO - Io pure vorrei non crederci ... Ma Gianfranco li ha visti ... Inutile nascondere ... farti sperare ... Elvira ... Ti porteremo noi.

Ernesto sorregge Elvira pressocché esanime.
Anna si avvicina ad Arnaldo ancora abbracciato a Cinzia.

ANNA - (in un soffio, sospesa ma già consapevole) E Stefano nostro?

ARNALDO - Salvo. Ma non dir niente adesso ... parrebbe un'ingiustizia.

(insieme ad Anna si avvicina ad Elvira, e tutti quanti si allontanano, mentre Cinzia rimane sola a guardarli)

 

ELVIRA - (come una madonna addolorata, sostenuta dai tre, mentre si allontanano)
A Domenico je piaceva la camicia de seta bianca con la riga gialla ... Andrea ce teneva a quella majetta grigio perla, con le taschine e il collettino ... se la voleva conserva' pe' la comunione d'Antonia ... Voglio che siano belli i figli miei! Belli come so' sempre stati!

(ritorna dopo l'effimera illusione di un attimo al dolore lacerante)

Ma che sto a di'!? lo nun ce credo! ... Gianfranco s'è sbajato ...
Io li voglio vede co' li occhi miei!

CINZIA - (rimasta sola, scivola a terra) Stefano è vivo! Lui sì e Domenico e Andrea so' morti! Com'è possibile? lo nun so se ridere o piangere! Lui è vivo, e gli altri due no! Perché lui si e loro no?

(ride e piange, alla fine è un lungo pianto)

Non sarà mai più come prima ... tra noi. .. a giocare per strada ... tutti insieme ... Ogni volta che vedrò Stefano, mi sembrerà di vedere Andrea e Domenico ...

(si allontana, le braccia incrociate sulle spalle, rannicchiata in un abbraccio con se stessa)

 

H -IL GIUBBOTTO

Davanti a un banco di giubbotti e capi di abbigliamento in esposizione, Armando, Luca, Sandra e Matteo lo scemo, che ha l'età degli altri ragazzi ma a livello mentale è rimasto un bambino.

Armando tiene sottobraccio una cartella di scuola.
La venditrice sta facendo ordine sopra il banco pieno di giubbotti e pantaloni ammonticchiati.

ARMANDO - (fa segno a Luca e a Sandro, indicando la venditrice)
Questa qua nun ce conosce. Voialtri due la tenete impegnata. Matteo ve sta appresso, e io lavoro. Intesi?

Luca e Sandro fanno un cenno di assenso.

ARMANDO - Poi se vedemo dietro il ponte.

LUCA - A Arma', e 'sta cartella?

ARMANDO - Eh! So' arrivato da scola ... Che ne famo?

SANDRO - Damme qua, che la tie' Matteo.

(prende la cartella dalle mani di Armando, la sporge a Matteo, che tutto contento la afferra e comincia a frugarvi).

MATTEO - Sì sì, la cartelletta a me! Che ce posso guarda', zi'?

ARMANDO - Sì Matteo, ce poi guarda', ma nun me strappa' le pagine dei libri.

MATTEO - 'Na pagina de quaderno, eh, zi'? Che, ce posso disegna'?

ARMANDO - Vabbé Matteo, famola finita!

Matteo sparge a terra, fuori dalla cartella, libri e quaderni. Apre la scatola dei pennarelli. Tutto concentrato si accoccola a tracciare figure su di un foglio.

LUCA - Giusto pe' divertisse 'na volta tanto. Però a me nun me va più de fa' certe cose ... Sarà perché lavoro, nun vojo corre rischi.

SANDRO - Pure questo è lavoro. 'N giubbotto gajardo, so' due o tre piotte.

LUCA - Nun me va de rischia' sempre la galera!

SANDRO - A fa' '1 barista sai quanto guadagni!

ARMANDO - Che, stamo a litiga'? lo pe' me so' pronto.

LUCA - Vabbé 'namo va. Ancora pe' 'sta volta. Matte', vie' qua!

MATTEO - (si avvicina ai tre con il foglio tutto disegnato fra le mani; a Sandro)
Te piace, eh, zi'? Ce 'sta 'na casa grande grande in mezzo, davanti ce sta 'n'albero, tutto verde con dei fiori rossi. ..

(continua a tracciare dei segni sul foglio, assorto)

Mo' ce vojo pure fa' 'l mare, in fondo in fondo ... E poi ciannamo tutti quanti

(ride contento)

SANDRO - Matteo è mejo se sta de fori. Almeno nun crea impicci ...

LUCA - Vabbé. Prima facciamo ...

Armando rimane accanto a Matteo, fingendo di interessarsi ai suoi disegni. Sandra e Luca si avvicinano al banco e osservano dei giubbotti prendendoli in mano, provandoseli a vicenda.

La venditrice sorridendo li aiuta a indossare i giubbotti; si volta un attimo per prenderne un altro da mostrare; nello stesso momento i due sporgono un giubbotto verso Armando, che velocissimo si slancia ad afferrarlo e fugge via.

La venditrice si rivolta e vede Armando in fuga con il suo giubbotto tra le braccia.

VENDITRICE - Ladro! JI giubbotto! Aiuto' Aiuto!

Si profila un vigile sul percorso di Armando che, vistosi scoperto e non potendo superare l'ostacolo con il bottino, lascia cadere a terra il giubbotto, supera il vigile di lato con una mossa di scarto e sparisce fuori dalla vista. Il vigile si china a recuperare il giubbotto.

VIGILE - (porge il giubbotto alla venditrice) Signora, abbiamo recuperato la refurtiva!

VENDITRICE - Meno male! Era uno dei capi più cari! 'Sti fiji de puttana! lo sto qua a sputa' sangue.

Luca e Sandro tentano di defilarsi. Sandro si è avvicinato a Matteo, che ha seguito la scena facendosi delle risatine.

SANDRO - (si china a raccogliere i libri e i quaderni per metterli nella cartella)
Fa' veloce Matte'. Forza co' 'sti colori ...

VIGILE - (gli si para davanti) E voi, dove volete andare?

SANDRO - (candido) Perché?

LUCA - Noi che c'entramo?

MATTEO - (mostra al vigile il foglio disegnato) Ciò fatto il mare ... Te piace, zi'?

(si concentra di nuovo sul foglio zigzagando con un pennarello)

Mo' ce vojo fa' pure 'na barchetta ...

VIGILE - (alla venditrice) Loro c'entrano?

 

SANDRO e LUCA insieme - Noi manco lo conosciamo a quello!

MATTEO - E chi lo conosce, a Armando?

(ridacchia, continuando a scarabocchiare il foglio)

VIGILE - Ah!, si chiama Armando, il vostro complice!

SANDRO - Ma quale complice! Noi, fino a prova contraria,
stavamo qua a provasse dei giubbotti, per conto nostro.

VENDITRICE - Mah! A me è sembrato che si fossero dati delle occhiate tra loro ...

LUCA - Ma signora, che sta a di'? Ce vale rovina'?
Io lavoro, faccio il barista al tribunale!

VIGILE - (si china a raccogliere libri e quaderni)
Vediamo un po', che ci sta qui ...

(legge l'intestazione di un quaderno)

Qua c'è un diario di classe, intestato a questo Armando. E dal cognome possiamo risalire all'indirizzo di casa. Gli facciamo una bella denuncia ...

(guarda significativamente Sandro e Luca)

E a voi magari la denuncia, la facciamo per concorso in flagranza di reato! ...

MATTEO - E a me, zi'? Ce so' pur'io, zi'! ...

LUCA - Ma santo Iddio! E vabbé, Armando lo conosciamo. Ma che c'entriamo noi?! Stavamo qua con Matteo, avevamo deciso de fa' 'na passeggiata. Se semo fermati a prova' 'sti giubbotti ... Matteo se faceva i suoi disegni. ..

VIGILE - Sì sì tutti angioletti. .. Boni boni. .. Ma che credete che so' della montagna der sapone?! Avanti! Documenti! E fate in modo che il vostro amico si presenti, ché sennò sono guai! Vado diritto da suo padre ...

(legge nel diario, sfogliando qua e là)

Ma guarda guarda ... quante assenze ... E magari a casa,
racconta che va a scuola tutti i giorni!

LUCA - Armando il padre nun ce l'ha ... È morto che lui ciaveva un paio d'anni.

VIGILE - (un po' meno burbero) Ci sarà pure la madre ...

SANDRO - Lavora dentro 'n'ufficio, fa' le pulizie. È 'na collega de mi' madre.

VIGILE - Ah! Cosi anche tua madre sta a sfiancasse, e tu qua, a «passeggiare»!

VENDITRICE - (al vigile) Senta, io il giubbotto l'ho riavuto, per fortuna ... Lasci perdere, tanto cosa vuole ricavarne ... Son dei ragazzi ...

VIGILE - Così, alla prima occasione, ci riprovano! E trovano un venditore meno tollerante di lei, che gli spara e per caso lo colpisce! Ha capito perché mi sto incazzando? Non certo per il suo maledetto giubbotto. Se fosse mio figlio, questo Armando, sai le botte che gli darei, finché non ci riproverebbe più, a fare le bravate dei giubbotti!

Matteo si è avvicinato alla venditrice. Le mostra il foglio tutto impiastricciato.

MATTEO - (alla venditrice) E davanti alla casa, ce vojo fa' 'na mamma. Ma nun me viene bene ... Che m'aiuti, zi'?

(le porge il pennarello)

VENDITRICE - Sì caro. Come ti chiami?

(prende il pennarello, comincia un disegno)

MATTEO - Matteo, zi'! E tu? Che bello! Pare 'na mamma vera! E mo' faje pure 'n ragazzino accanto ... E 'I ragazzino sta a mangia' la merendina! ...

VIGILE - E adesso sta a vede' che va a fini' tutto a tarallucci e vino!

(a Sandro e a Luca)

Voi due, fate che 'sto amico vostro se presenti qua immediatamente!

LUCA - Poi ce lassate anna'?

VIGILE - Vedremo ...

SANDRO - A sor vigile, famola finita. La signora qua ha detto che per lei
nun ce stanno più problemi. Se nun c'è la denuncia ...

VIGILE - Eh! No! Se vuoi saperla troppo lunga, è là che io te frego! Armando se presenta, o sennò famo notte. E nun me fate perde ancora tempo, che ciò altri inghippi da spiccia'.

LUCA - Dai, Sandro. A 'sto punto famola finita.

Luca fa un lungo fischio modulato, un segno convenzionale tra loro.
Da dietro l'angolo riappare Armando piuttosto mogio.

ARMANDO - (disinvolto) Che se fa?

VIGILE - Ah! E tu che dici?

(lo prende per un orecchio, tenendo con l'altra mano il diario di classe)

Fijo de 'na mignotta, tutte 'ste assenze! Ma nun te vergogni?
E tua madre, a fatica' pe' te!

ARMANDO - Ma so' stato malato ...

(Il vigile molla la stretta; lo guarda in faccia)

VIGILE - Ringrazia che hai trovato 'sta signora ...
Ma nun ciavete altre fantasie per la testa,
invece de anna' a ruba' la roba alli altri che lavorano?

Silenzio.
I tre stanno a capo chino; imbarazzati e ostili.
Matteo continua a stare attaccato alla venditrice che gli fa il disegno.

MATTEO - A casa poi vojo prova' a fa' un disegno del tuo negozio ..
Co' tutti 'sti giubbotti sopra 'I banco ...

VIGILE - Sparite! Nun ve vojo più vede'. Ma ...

(Passa davanti a ognuno di loro, guardando ciascuno in modo intenso, quasi accorato)

..me raccomando!

(Tira fuori un po' di soldi da una tasca, li porge a Matteo)

Tié, va a comprarti un gelato.

MATTEO - Un gelato si! Grazie, zi'!

Matteo si avvia saltellando. Gli altri tre lo seguono a muso duro.

 

3) L'AMORE

Teresa e Valerio in campagna, sdraiati sull'erba.

VALERIO - Non c'eravamo ancora venuti, in campagna.
Il quartiere è appena a qualche chilometro da qui.
Pochi minuti per lasciarlo, e ti pare di non averci mai vissuto.

TERESA - Perché tu nun ce sei nato. lo ce l'ho dentro, 'I quartiere. Come 'na malattia, 'na piaga da cui nun puoi guari'. Che te concede un poco de sollievo, se t'allontani.
Ma poi ce torni, e è tutto come prima ... Per te è diverso. I problemi nostri
sono anche i tuoi per pochi mesi solamente. Tu hai scelto 'sti problemi
perché hai delle teorie da dimostrare ... Non perché ce vivi dentro.

VALERIO - Eppure, Teresa, il lavoro con i ragazzi mi sta appassionando.
E qualche risultato incomincia a farsi sentire. Hai visto CarIa,
Carlina come la chiamate voi? Fino a poco tempo fa, se le parlavi, ti sputava addosso, urlava come un cucciolo impaurito. Adesso sta ad ascoltare,
delle volte sorride perfino ... Ha iniziato a dire qualche frase ...

TERESA - Carlina si difendeva contro tutto e contro tutti. Aveva capito
che doveva fare così, se voleva sopravvivere in mezzo alla violenza.
Adesso comincia a parla', l'ho notato pure io ... dimostra un po' de fiducia ...
Speriamo che 'sta fiducia non le dia 'na fregatura,
quando dovrà fa' i conti con gente meno umanitaria de Valerio ...

VALERIO - lo non posso fare di più ...

Silenzio.

TERESA - Comunque, a casa de Carlina, per via de Sandro, ce sta sempre un macello de problemi. ..
Hai provato a fa' qualcosa pe' Sandrino?

VALERIO - L'ho mandato a parlare con quelli della comunità, è già tanto che ci sia andato ...
Sembrava interessato seriamente, a smetttere ... Certo, ci vuole molta volontà.
E prospettive ... Soprattutto quelle.

TERESA - Quelle che quando torni al quartiere, poi nun ciai ...

Silenzio.

TERESA - E Luca? L'ho incontrato l'altra sera.
M'ha detto che da qualche giorno sta a fa' il barista al tribunale ...

VALERIO - S'è messo proprio bene, Luca. I furti, gli scippi, le spedizioni pe’ i giubbotti,
tutta roba passata, almeno pare.

TERESA - (maliziosa) E’ perché s’è fatta la ragazzina ...

Silenzio.

TERESA - (con rabbia) Perché nun c'è progetto, niente!, nel quartiere. Tutti a gira' a vuoto ...
Su tanti destinati a 'sta vita dannata, che vuoi che sia due o tre che se sistemano?

VALERIO - Ognuno di noi è uno. Tutti insieme diventiamo tutti.
Io sono uno e ho rifiutato il servizio militare. Se tutti facessero come me,
alla fine le guerre diventerebbero impossibili.

Silenzio.

TERESA - A me pare che se resta sempre soli.

VALERIO - lo sono stato solo per tutta l'infanzia, anche se intorno a me avevo una famiglia.
E mi sono sentito solo finché non ho potuto fare delle scelte mie.

TERESA - Ma da ragazzino tu ciavevi la barca ... Ciavevi casa, villa e tutto il resto ...
é diverso, credimi, é 'na sofferenza da signori.

VALERIO - Sì, meno dolorosa sulla pelle, la mia infanzia in confronto alla tua.
Mio padre mi regalava perfino delle cose che non facevo in tempo a desiderare.
Ma quello che pensavo, come mi sentivo dentro, lui non gli è mai venuto in mente di parlarne con me,
di chiedermelo. Era troppo impegnato a fare i soldi. Questa mancanza di amore,
un ragazzo ne rimane segnato per tutta la vita.

TERESA - Ti è pesato molto, a te?

VALERIO - Forse mi resterà per sempre dentro, come un marchio.
Se non incontrerò una fata buona, che spezzerà l'incantesimo
e mi farà rinascere con il suo amore.

(Teresa ride; lui la bacia)

Hai la bocca dolce, Teresa ...

TERESA - Sì? (lo bacia) Anche tu ...

VALERIO - Siamo dolci, tutti e due. Ci siamo raddolciti perché siamo insieme.
Come mi sei cara, Teresa!. .. Tutta la tua violenza non era altro che pudore.
Tu non volevi mostrare la bellezza dei tuoi sentimenti, splendida come la bellezza del tuo viso ...
Teresa mia ...

(la abbraccia con passione; lei ricambia)

... Ia bellezza del tuo corpo ... che io desidero tanto ...

TERESA - Oh!, ti prego, lasciamo stare come sono! La tua vita non è qui.
Altre cose ti aspettano, mi dimenticherai. Tu rimani con noi
soltanto ancora pochi mesi ...

VALERIO - Ma io ti voglio portare via con me!

(la abbraccia; i due rimangono avvinghiati)

Tu sei più forte di me. Ti sei fatta da sola. lo ti voglio, sei tu che manchi alla mia vita. Sei tu che mio padre e i suoi soldi non potrebbero mai darmi.

TERESA - Ma io non sono come te ... Questi modi, freddi, precisi ...
di affrontare un problema ... di vederlo davanti a te ...

(i due continuano a baciarsi, mentre i loro pensieri si affollano nonostante i baci)

VALERIO - Anche adesso? Anche adesso tu mi senti cosi?

(la bacia con passione)

TERESA - Anche adesso siì .. Tu sai perché mi vuoi. ..
Calcoli cosa ti manca nella vita che cosa rappresento io per te ...
Mentre adesso ... dentro di me io sento soltanto più un desiderio
che prima non ho provato mai. .. che spezza ogni mio limite ... ogni mia resistenza ... Sempre di più ... sempre di più ... io non desidero altro che te ...
Valerio ... Valerio mio ...

I due ragazzi rimangono allacciati continuando a baciarsi con passione.
Un grido di Teresa, lancinante, che segna la fine di un momento di incantesimo.

TERESA - Ahhhh!!! M'hai rotta tutta!

(si rialza con un balzo)

VALERIO - (si tira su di scatto, tentando di riabbracciarla) Ma che fai? Mi butti via cosi?

TERESA - (tenendo Valerio lontano, gli occhi fissi) Quella goccia di sangue ... L'hai vista, quella goccia? Così almeno tua madre nun potrà più dire che io nun ero vergine.

(si butta a terra piangendo)

VALERIO - (umiliato, le si avvicina) Non è cosi che avrei voluto averti.

TERESA - L'amore è una cosa delicata. Dovevi darmi tempo. Già cominciavo a cedere. Sentivo che ti amavo anche con il mio corpo. Hai avuto fretta.
Troppo presto ti sei voluto prendere la cosa mia più preziosa.

VALERIO - (incerto, senza capire bene del tutto quanto lei ha detto) Non fare la bambina ... Qualcuno a un certo punto ci doveva essere, a deciderti. .. a farti prendere coraggio.

(la accarezza; lei non reagisce, il viso nascosto dai capelli)

Ora cominceremo a fare l'amore veramente, senza tutte quelle paure ...
promesse e giuramenti ... Questa volta tu non scapperai ...

(la bacia leggero sui capelli; lei si volta, scopre il viso)

TERESA - (guardandolo imbronciata come una bambina che desidera tornare a giocare) M i hai fatto male ...

VALERIO - Ora non più.

(la abbraccia; lei ricambia)

Vedrai ...

I due si allontanano abbracciati.

 

1- TRETREGIUGIU

Marco sta rivestendosi. Robusto, capelli corti, al polso un cinturino di cuoio con i chiodi. Accanto a lui un distinto signore si ricompone gli abiti, si rassetta i capelli scomposti da un evidente momento di abbandono.

DISTINTO SIGNORE - E un'altra volta possiamo combinare sulla barca.
Siamo più liberi. Senza orari. Senza sguardi indiscreti.

MARCO - Se po' fa'. Ma patti, chiari, tariffa tripla. E poi, vicino al molo.
Vojo scenne quanno me pare. Ciò da fa', io, a 'na cert'ora ...

DISTINTO SIGNORE - Sempre tutti questi impegni. Se ti pago!
Ti pigli il tempo che ci vuole, ce ne stiamo belli tranquilli, ci facciamo pure il bagno. Eh? Che ne dici? Giovedi?

MARCO - Mm ... Te telefono.

(un gesto impaziente con la mano)

I soldi.

DISTINTO SIGNORE - Li hai già avuti!

MARCO - Li altri. Semo stati du' ore.

(guarda l'orologio con impazienza)

Nun me fa' perde tempo, che sennò nun me rivedi.

Il Distinto Signore estrae una banconota dal portofogli, la dà a Marco indugiando a stringergli la mano, con insistenza.

DISTINTO SIGNORE - Come sei maschio! Allora, intesi. Giovedi?

MARCO - Può esse. T ra devo scappa'. Ciò ancora un lavoretto che m'aspetta. . .

DISTINTO SIGNORE - Almeno un bacio.

MARCO - Per oggi è chiuso. Ciao, bambina.

Marco scompare. Il Distinto Signore sospira, socchiude gli occhi, aspira il profumo di quel corpo sfuggito, rimastogli sulla mano.

DISTINTO SIGNORE - Lui può fare quello che vuole ...

In un angolo di strada del quartiere, Emma e Gina stanno ultimando il loro trucco. Colori violenti di fondotinta, sull'ocra. Labbra ciclamino. Occhi bistrati come usava nei kolossal su Cleopatra.

EMMA - Che poi, Gi', si me vede mi' padre, me ammazza de botte.

(accentua il rosa delle guance, guardandosi in uno specchietto)

GINA - E perché, mi' madre nun sta sempre a guardamme, appena torno a casa, pe' vede se me so' ripulita? Fosse per lei, me lascerebbe pure. Ma mi' padre, sono scenate si me scopre con il trucco.

EMMA -

(si ripassa le labbra con il rossetto, sorridendosi per contemplare l'effetto seducente)

Eppure, a me me piace, de truccamme. Che ne so?, me fa' senti' più sicura ...

GINA - (finendo di sfumare il rosa sulle guance) Pure a me.

(fruga nella borsetta del trucco)

Me volevo mette un po' de strasse ... Ciavevo 'na boccetta, con tutte pagliette luccicanti. .. ma nun la trovo più ... Ch' ce l'hai te?

EMMA - (le porge una boccetta) Tié, stava dentro la trusse, me l'avevi prestata l'altro giorno. Per la festa, nun te ricordi?

GINA - Adesso me ricordo. Che te volevi fa' vede da Marco che te piaceva, eh?

EMMA - Vedi. .. Marco per me, è il classico uomo forte. Quando che arriva lui,
me pare tutta 'n'altra cosa da tutti 'sti pischelli. E guai a chi je dice niente,
je mena subito!

GINA - È proprio tozzo! Cià 'na forza!. ..
Poi nun è che sta li come tant'altri, a scherza', a ride ...

EMMA - Lui è uno che sa quello che vuole. Anche bucarsi, come fanno tanti de qua,
ma che!, nun gliene frega niente! Lui dice ·che non è da uomo.
Qualche volta sninfa un po' de coca, ma perché quella esalta ... E poi a me,
quando che sto con lui, me fa sentì donna.

GINA· Potessi trova' uno come Marco!

EMMA - Lui quando arriva, cià i soldi. Si può spendere come si vuole. Panini,
coca cola, pizza, il cinema, la bisca ... nun è che sta a guarda'. M'ha regalato pure
un braccialetto, che dev'essere antico ...

(lo tira fuori dalla borsetta e lo mostra a Gina)

Si me lo vedono da 'ste parti, tutti a domanda' da 'ndove arriva, e de qua e de là ...

GINA - Nun è che l'ha rubato?

EMMA - E che ne so? Delle volte je danno degli oggetti in cambio ...
che ne so?, se fa dei lavoretti. ..

GINA - Emma sta attenta, che nun te lo ritrovi dentro.

EMMA· Già c'era andato qualche mese fa. Normale: chi è che nun ce va?
L'altro giorno uno tutto acchittato è arrivato fino a dove noi stavamo a parla',
gli ha'fatto un cenno ... lui gli c'è andato vicino, ma io ho sentito,
quello je chiedeva se je rimediava un bell'impianto stereo ...

GINA- E lui?

EMMA - J'ha detto: «Mo' vediamo ... ". Poi j'ha fatto un cenno brusco,
come a di': «Sparisci, adesso nun è cosa", e quello se n'è andato.

GINA· E lo stereo?

EMMA - Che ne so? Era ieri soltanto.

Arriva Matteo lo scemo. Voce infantile in una corporatura da adulto.
Comportamento rimasto all'età di un ragazzino.

MATTEO - Stavamo a gioca' a tretregiugiù e quelli tutto a un tratto se so' sentiti male ...

GINA - Quelli chi?

MATTEO - I ragazzini che giocavano insieme a noi. Se so' sentiti male,
erano diventati bianchi bianchi. Parevano che nun respiravano neppure ...
appena appena ... un filo ... e stesi a terra ... lo credevo che scherzavano ...

EMMA - Tu credi sempre che la gente scherzi, Matteo.
Ma quelli, stavano male veramente?

MATTEO - So' arrivate le madri. Dovevi senti' che strilli!

GINA - Sì, ma che hanno fatto?

MATTEO· Hanno chiamato la croce ... verde ... rossa ... Che ne so?

EMMA - E chi è venuto?

MATTEO - Bo! Valeria cercava de falli respira' ... je stava proprio addosso ...
Uno s'è un po' ripreso ... Ma l'altro ... nun c'è stato più niente da fa' ...

GINA - Ma chi? Com'è stato?

EMMA - Perché? Che cosa avevano?

MATTEO - Bo! Che ne so! Tutto a un botto se so' sentiti male.

GINA - Ma nun sarà successo cosi, senza ragione. C'era qualcun'altro assieme a voi?

MATTEO· Ce stava un tizio ... l'avete visto pure voi ... Uno che tante volte passa ...

EMMA· E che ha fatto, 'sto tizio?

MATTEO - Niente ha fatto. Me voleva buca', già l'altro giorno, a me.
Che poi quell'iniezione, se la san fatta l'altri. Ma a me nun c'è riuscito. E poi ridevano ... C'era tutto un commercio. E buste e pacchettini. Caricavano 'sti ragazzini
sulle macchine, poi dopo un po' li riportavano. E se giocava di nuovo, tutti assieme ...

(fa la mossa di inclinarsi, dorso in giu, le mani avanti, cantilenando)

Tretre ... giugiù ... (ride) Quelli saltavano che parevano ranocchie. 'Na cifra sveij. Mamma mia!

(si avvicina a Emma)

Che me meni, zi'? Mename un po' ...

(si dà dei colpi con il palmo della mano contro la guancia, ridendo; si offre con il viso, prendendo con la sua la mano di Emma, perché lo percuota)

EMMA - Matteo! Mortacci tua! Ma dicce che è successo!

(lo percuote con la mano, che l'altro guida contro di sé con la sua, gemendo di piacere)

Tié va!, sei proprio scemo ... Ce dici che è successo?!

MATTEO - Sì Emma ... Che ne so?

(le dà bacetti sulla mano)

Quanto sei buona, zi' ... Me vuoi bene, si?

GINA - Oh santo Iddio! Nun è che c'era Vincenzino? e Giorgetto?

EMMA - No no stavano al mare con mi' cugina. Ma chi saranno? E poi com'è finita? 'Namo a vede, che tanto questo, che ne sa.

Arriva Sandro.

SANDRO - È morto Glauco. L'hanno bucato.

GINA - Ma che stai a di'?! Bucato?

SANDRO - Bucato sì. E pure Ermanno. Ma lui se l'è cavata. EMMA - So' ragazzini de sei anni, sette ... Com'è possibile?

MATTEO - Stavamo a gioca' tretregiugiù ...

(saltella, rivivendo il gioco per conto suo; ride)

SAN DRO - Giocavano per strada. Come sempre, con gli altri ragazzini. È passato quello della fermata della metro, che tante volte ce vado anch'io, quand'ho bisogno. Ma a me nun me ne frega, so' cazzi mia se io ce vado. So quello che me faccio, so' io che chiedo, e pago. Ma quello è venuto là, e se li portava via. L'aveva già fatto un par de volte, ma io nun c'ero arrivato: li drogava! 'Stì ragazzini, pur d'aveccene de nuovo quella roba, andavano con lui: quello che lui voleva, loro facevano. Li mandava in giro con le buste, chi je diceva niente? Erano diventati schiavi suoi. Se vede che stavolta 'na dose era tajata male, e Glauco c'è rimasto, era tanto piccoletto ... A Ermanno, Valerio l'ha tirato fuori. Ma Glauco, quando che l'hanno caricato sull'ambulanza, non respirava più.

(piange senza ritegno)

Possibile? lo me buco, me buco da tant'anni, ma sono fatti miei.
'Stì due, erano ancora ragazzini. ..

(si dà dei pugni in testa, con rabbia)

MATTEO - Me meni pure a me, zi', eh?

(gli si avvicina, gli prende la mano)

SAN DRO - Matteo ... Matteo ... Povero Matteo ...

(lo accarezza)

MATTEO - Che è che è? 'No schiaffo dolce? Che ne so?

GINA - Dio Dio ... Sandra, Vincenzino che era tanto amico de Glauco ...
Devo anna' a casa

(si avvia)

SANDRO - Io torno là (a Matteo) Dai, vieni pure te.

(lo prende per mano; Matteo gliela bacia, rimanendo attaccato alla sua mano,
e lo segue come un bambino)

MATTEO -lo nun ce credo che Glauco è morto. È tutto un gioco, eh, zi'?
'Namo a gioca' pure noi. ..

(si avviano)

EMMA - lo resto qua. Ve raggiungo dopo. Stavo a aspetta' Marco.
Chissà poi se verrà ...

Emma siede a terra. Tira fuori la trousse, si riesamina il trucco. Aggiunge qualche sfumatura di fondotinta al collo. Si pettina, si arriccia, si gonfia.

EMMA - Tretre ... giugiu ...

(cantilena il gioco infantile)

Voci in lontananza. Un crescendo di disperazione.

VOCE DI MADRE - E dove lo lasciavo, il figlio mio?
Se qua nun ce sta niente, dove lo lasciavo?

VOCI SOVRAPPOSTE -
- E su Patrizia nun fa' cosi. ..
- Calmati che tanto è tutto inutile ... Fatalità ...
- Che ci potevi fare tu? Fatalità ...

VOCE DI MADRE -
Fatalità nun è! Maledizione ìi!
A Glauco! Ma che hai fatto a mamma tua? Glauco risponni amore mio!

Emma tira fuori dalla trousse una collana di perle giganti. La fa oscillare davanti a sé,
se la mette prima sulla fronte, poi intorno al collo.
Controlla che effetto fa allo specchietto della trousse.

EMMA - Tretre ... giugiu ... A Marco je piace quanno me metto un gioielletto ...
Adesso me metto pure il suo ...

(fruga nella trousse, tira fuori il braccialetto d'oro, se lo infila, contemplandolo)

Certo che fa la sua figura!. ..

Le voci lontane si intrecciano. Un pianto sale a superare le parole.

EMMA - Avecce un fijo pe' poi vedello morì cosi. .. lo nun me sposo.
Mah! Bisogna vede poi Marco, che intenzioni cià ...

Appare Marco.

MARCO - An vedi la madonna incoronata!

EMMA - (pavoneggiandosi) Mbè?

(mostra il braccialetto)

Lo riconosci?

Marco le si avvicina. Un bacio duro, da padrone.
Si pulisce la bocca con il dorso della mano.

MARCO - T'ho detto mille volte che nun me piace
che te ne vai in giro dipinta come 'na battona.

EMMA - (improvvisamente umile, remissiva) A Marco, ciai ragione, si.

MARCO - Sì vabbé, lo so che te metti cosi solo per me ...
Ma nun me va che te ne stai in giro.

EMMA - Va bene, Ma'.

MARCO - Io sto a pensa' al futuro. E se vuoi esse la mia donna,
a casa, tranquilla, ad aspettamme.

Emma si affretta a ripulirsi il viso con un klinex trovato nella trousse.

EMMA - Te va bene cosi?

MARCO· Mm ... Da adesso in poi m'aspetti a casa, nun per strada,
finché arrivo. Intesi?

EMMA· A Marco, sì.

MARCO - Poi io te vengo a prenne, annamo al cine, ce facciamo 'na pizza,
e tutte cose ... Okay?

EMMA - (un riso malizioso) Okay. Marco sei forte.

MARCO - La mia donna. Nessuno che trovi a ridi', vabbé?

EMMA - Come vuoi tu a me va bene, Marco mio.

I due si abbracciano.

MARCO - Devo ancora sbrigare una cosetta. Lo stereo che m'avevano ordinato.

EMMA· Gliel'hai trovato?

MARCO· Sai quelle terrazze, quasi a piano terreno,
tutte piene de sdraie e de vasi de fiori? La porta aperta su un soggiorno,
nun ce stava nessuno. Due minuti e via.

EMMA - Ma se ti prendono, Marco mio ... se poi ti prendono ...

MARCO - Già una volta l'hanno fatto. Tanto, questa è la vita.
Una volta o l'altra, te succede. Mica posso mori' de fame mentre aspetto.

I due si allontanano abbracciati.

EMMA - Sai, oggi è morto Glauco ... L'hanno bucato ...
Uno che sta sempre a spaccia' alla fermata della metro ...

MARCO - A Glauco? Poveraccio ... E povera Patrizia ...
Che già cià un figlio scemo ... Quello almeno era a posto ... Poveraccio.

EMMA - (sempre piu in lontananza, come un chiacchierare quotidiano)
Se non era quello, si pigliava qualche malanno Sempre a gioca' pe' strada ...
O 'na moto ... O 'na malattia infettiva.

MARCO - O 'na pistola ... fra un po' d'anni. ..

II pianto riprende forte, in mezzo a voci che bisbigliano, come in preghiera.

VOCE DI MADRE - A Glauco! Amore mio!

 

L - GLI ORECCHINI

Un gruppo di ragazzi irrompe in un angolo di quartiere spruzzandosi
delle bombolette spray di schiuma da barba.
Luca combatte contro i ragazzi a colpi di schiuma. Tutti quanti sono ricoperti di getti biancastri. Ai ragazzi finiscono le bombolette. Luca ne estrae di tasca una piena.

LUCA· Ammazza! Nun ve salvate! Ciò la riserva! ...

RAGAZZI -
- Ma guarda 'st'impunito!
-Nun vale!
- Nun è più gioco! Nun è leale!
-'Namo a trovanne pure noi!. ..

I ragazzi corrono via. Luca ride, inseguendoli ancora con un getto di schiuma.

LUCA - (dietro di loro) Sì! Sto a aspetta' voi!

Luca si ripulisce della schiuma. Tira fuori il pettine e uno specchietto,
si sistema i capelli appiccicati. Arriva Carlina,
gli orecchini lunghi della madre alle orecchie.

CARLINA - (oscillando il capo per mettere in evidenza gli orecchini) Ma che hai fatto? Pari 'n bagnoschiuma ...

LUCA - Giochi de carnevale ... Magari se era panna ...

I due ridono. L'atteggiamento reciproco è in bilico tra i modi camerateschi dell'infanzia e la differenza adolescenziale di comportamento tra un ragazzino e una ragazzina.
Carlina aiuta Luca a togliere i residui di schiuma dal giubbotto. Una certa dolcezza nei suoi gesti, che indugiano femminilmente. Luca avverte l'intenzione. La guarda.

LUCA - Belli 'sti orecchini! Quanno te li sei fatti? Pari più donna co' 'sti cosi ...

CARLINA - Te piacciono?

(si pavoneggia, compiaciuta del complimento)

So' de mi' madre ...

LUCA - (ne tocca uno, da esperto) È’ oro?

CARLINA - Sé! Figurate se resistevano ancora dentro casa!

LUCA - Certo che voi donne ve trasformate a seconda de quello che ve mettete addosso! Ammazza! Già cosi, co' 'sti pendenti, pari più granne de quattr'anni!

CARLINA - (maliziosa) Perché, se fossi più granne de quattr'anni che me diresti?

LUCA - «Mettemose assieme», te direi. ( ride) E tu, che me risponni?

CARLINA - (ride furba) Ma quattr'anni de più io nun ce l'ho!

LUCA - Ahò! So' stato a un veglione l'altra sera, avevi da vede come che s'eran conciate certe femmine! Belle! Bonissime! Tutte ignude! Vestite da gitane ... da zingare ... da odalische! ... che ne so?

CARLINA - (con una punta di disappunto, e tuttavia curiosa)
E tu, come che c'eri entrato?

LUCA - Me cià portato Ernesto, quello che sul mercato tiene il banco del pesce: appunto lui j'aveva dato il pesce pe' 'sto cenone, e cosi il padrone j'aveva offerto qualche posto a 'sta serata, insomma a noi nun è costato. C'era pure suo fijo Torquato, che è dell'età mia, e ce semo annati assieme.

CARLINA - (afferra al volo l'argomento del cenone, meno pericoloso per lei di quello delle donne)
Ah, e che ve siete magnati?

LUCA - (allegro al ricordo)
Una barca de roba! ma 'na cosa incredibile! Proprio da nun crede!

CARLINA - Per esempio?

LUCA - (con limpida felicità rivive la sorpresa e i gusti di quei cibi)
All'inizio avemo magnato ostriche vive e tartufi de mare, ahò dico!, tartufi de mare!

CARLINA - Perché se chiamano tartufi de mare?

LUCA· E che ne so? Se chiamano cosi e so' carissimi. Forti, te fanno strizza' l'occhi, pe' 'I sapore che cianno. Poi tartine col salmone ... caviale ... e un piattino de fettine de salmone mentre che prima ce l'avevano dato come crema.

CARLINA - E tu, tutta 'sta roba te sei magnato?

LUCA - Ma che, scherzi? Questo è l'inizio solamente!
L'antipasto, come devo spiegatte?

CARLINA - Bah! lo avevo già chiuso!

LUCA - Ce stavano ancora altri antipasti, de pesce sempre ché il menu era quello. Mazzancolle alla crema. Gamberoni arrostiti, e pure con la maionese... '

CARLINA - Ma te magnavi proprio tutto, de quello che portavano?

LUCA - E no? A me me c'entrava tutto quanto. Ma sta a senti', che adesso arriva il resto: tre primi! Spaghetti in bianco, quelli con le vongole e l'erbetta tutta sminuzzata, e l'ajo! Pasta al forno!, con la carne nel sugo! Ravioli!, con li spinaci e la ricotta de ripieno, e 'no strato de formaggio parmigiano tutto grattato sopra, e '1 burro fuso! lo me magnavo tutto quanto! Come che arrivava il piatto, che i camerieri li portavano già bell'e pronti, tutti in bilico, come giocolieri, sulle braccia, ahò!, io me lo magnavo!

CARLINA - lo me sarei soffocata! ...

LUCA - Ma te sei piccoletta! Quella era 'na cena da veglione! 'Na serata da adulti!

CARLINA - (imbronciata) Ecco! lo nun ciò mai l'età! A casa mi' madre me strilla perché nun spiccio e dice che so' grande; pe' 'ste occasioni risulto 'na bambina ...

LUCA - (consolandola, con il tono protettivo) E su, Carli', la prossima volta
te ce porto... Co' me, te lasceranno de sicuro.

CARLINA - (speranzosa) Promesso?

LUCA - (serio) Promesso.

CARLINA - (ancora incerta) Me lo giuri?

LUCA - (si pone una mano sul cuore, solenne) Te lo giuro, Carli'.

CARLINA - (rassicurata, di nuovo allegra) Dai, va avanti a racconta',
tanto oramai 'sto cenone me pare quasi che ce stavo pure io!

LUCA - Con tutto ch'erano svelti i camerieri, se ne saran passate già due ore, ed erano finiti appena i primi. Ma avevi da vede i secondi, mamma mia! Arriva 'n cameriere con un vassoio enorme, e sopra un maialino con tutte fiamme intorno!

CARLINA - E s'è bruciato allora?

LUCA - Ma che bruciato! È 'na finezza! Poi hanno spento, e ce l'hanno tajato, tre fettine pe' piatto. Subito dopo hanno servito il rostbiffe coi funghi, e come terzo un fritto misto tutto decorato con delle verdure.

CARLINA - A Luca, sai che te dico? Co' 'sta barca de roba, a casa nostra ce magnavamo un mese intero!

LUCA - E pure noi, figurate! Ma quanno che c'è l'occasione, la pancia te se allarga, fa provvista. lo ho resistito fino al dolce, c'era la torta con la panna, me so' fatto du' fette. E a quel punto li, per festeggiare, dopo tutto il vino che c'eravamo bevuto, è arrivato lo sciampagne! Sai quei bicchieri alti, con il bordo largo largo intorno?

CARLINA - (imita la forma del bicchiere con le due palme delle mani aperte, unite al polso) E come no?!

LUCA - Cinque! Cinque me ne so' fatti! Alla fine nun me reggevo in piedi, nella pancia nun c'entrava piu niente, me girava la testa ...

CARLINA - (giudiziosa) Siete tornati a casa.

LUCA - Macché a casa. Dopo, te l'ho detto, so' sceso con Torquato in discoteca, a vede 'n po' de mondo.

CARLI NA - E avete ballato, in discoteca?

LUCA - Tutto subito nun ce la facevo, tanto m'ero riempito. Però, guardare, sì. Che femmine! E vestite in un modo! E i trucchi! A un certo punto, me so' messo a balla' come un coatto, solo solo in mezzo alla pista. 'Ste femmine me guardavano pure loro, se divertivano. E a quel punto, qualcuna me ne so' toccata: loro ridevano, erano tutte allegre ... Ma poi, de botto, so' crollato, me morivo de sonno. E semo tornati a casa tutti assieme.

CARLINA - (ingrugnata e sospettosa, non del tutto convinta) Ah, mbé ... Tutto qua?

LUCA - (tornando bruscamente alla realtà)
E che dovevo fa'?

CARLINA - Ah!, per me niente. È che voi maschi ve vantate sempre ...

LUCA - Ché, sei gelosa?

CARLINA - E de che?

LUCA - Mah! Te sei tutta ingrugnata a un certo punto! ...

CARLINA - Ah, pe' me, puoi pure anna' co' chi te pare, che me ne frega a me!

LUCA - Ma dai, Carli', lo sai che a te te vojo bene!
Soltanto che te sei ancora piccoletta...

(accenna un abbraccio)

CARLINA - (urla) Nun me tocca' sennò te strozzo!

LUCA - (preso alla sprovvista dalla reazione per lui sproporzionata)
Ma nun te faccio niente!

CARLINA - (con la voce di pianto) Lo so che a me me dicono “'a bocchinara” perché mi' fratello se buca e allora tutte le peggio cose le buttano sopra a me. Ma io nun faccio niente!. ..

(Luca tenta una carezza; lei urla)

E guai a chi me tocca! Si me tocchi te sputo!

LUCA - (ride affettuoso, compiaciuto) È cosi che devi fa', Carlina, se me voj bene. Guai a te si te comporti come le zozze del vejone!

CARLINA - (piange appena, quieta, già un po' consolata) A me me fa schifo tutto de 'sta vita. Quello che hanno sempre da di' li altri, sulle persone ... le spiate ... i pettegolezzi ... le cazzate ... Ma che c'entro io se Sandro se buca? Io vojo ave' 'na vita bella, pulita, senza compromessi, senza tutte 'ste fregnacce ...

(urla risentita)

E invece no! Sempre de mezzo! E de qua e de là ... E de sotto e de sopra ...
Io me ne vojo anna' de qua, io me ne vojo anna' via ...

LUCA - (le accarezza i capelli, le tira qualche riccioletto; lei accetta, senza reagire) Bona, Carli'. Sei piccoletta ... Quanno che ciavrai un quattr'anni de più, che dici?, ce mettiamo assieme?

CARLINA - (tira su dal naso le ultime lacrime; sorride, di nuovo allegra)
Allora, te piacciono 'sti orecchini? Me li metto alla festa de martedì grasso?

LUCA - Te li puoi mette, ma guai a te se te fai tocca'! Stai con me, balli con me, con nessun altro, intesi? E niente baci e bacetti a questo e a quello.

CARLINA - (ardita) Neanche a te?

LUCA - A me soltanto. Anche adesso, come anticipo.

(le prende il mento fra le mani, girandole il viso fino al suo; la bacia veloce sulle labbra)

CARLINA - (un piccolo grido) Sai di tabacco! Ma che, fumi?

LUCA - Come tutti, mbé?

CARLINA - Volevo di', nun è che te fai pure gli spinelli?

LUCA - Che me stai a fa' l'interrogatorio?

CARLINA - (con tono adulto)

È che so' pratica de 'ste cose. All'inizio te fai magari 'no spinello, e poi te ritrovi l'eroina.

LUCA - Dai, Carli', nun è che vedi tutto troppo nero?

CARLINA - (lo guarda fisso, seria) È’ che ce so' abituata, a vede nero ... Promettimi che me voj bene. Ma nun pe' ride. Pe' davvero.

LUCA - Pe' davvero. Promesso. Ma poi me lasci in pace.
Nun me stai a sfini' come le fidanzate, io ce tengo alla mia libertà.

CARLINA - Oh Luca sì. Se so che me voj bene.

LUCA - E allora ...

(accosta le labbra a quelle di lei, che si protende verso di lui; i due rimangono vicini, le labbra appena a sfiorarsi. emozionati)

Irrompono i ragazzi armati di bombolette cariche di schiuma. I due si allontanano di scatto l'uno dall'altra.

RAGAZZI
- An vedi, è ancora qua!
- A coraggioso!
- Difenditi!
- Volemo la rivincita!

Luca tira fuori due bombolette. Ne dà una a Carlina.

LUCA - Forza Carli'! Sotto contro tutti! Dai a spruzza'!

CARLINA - Sotto a colpire! Forza Luca!

(spruzza all'impazzata sui ragazzi, che a loro volta lanciano contro lei e Luca getti di schiuma)

LUCA - Semo forti, Carli', lo devono capire! Vaffanculo a tutti quanti!
Zozzi coatti che nun sete altro! Forza Carli'! Semo forti assieme!

In un turbine di schiuma i ragazzi si inseguono fino a scomparire.

 

4) LA DISCUSSIONE

Casa di Teresa. Di spalle ognuno rispetto all'altro, Teresa e Valerio. Silenzio teso.

VALERIO - Insomma mi spiegherai cosa è successo!

TERESA - (si volta di scatto, aggressiva)

Ma l'hai visto, tuo padre, come me guardava?

VALERIO - Non t'aveva mai incontrata prima. Ti guardava ...

TERESA - M'aveva invitata a casa sua! Era stato lui a invitarme! E invece me squadrava come se avesse dovuto assumerme nella sua azienda! Come quando se fa 'n'esame a 'na persona! Senza cordialità ... senza simpatia!. .. Più che guardarme, me valutava, ecco!

VALERIO - Lui è sempre cosi. Si è fatto dal niente. È’ il suo modo di comportarsi.

TERESA - Meno male che c'era tua madre. Lei sì, tutta caruccia, a cerca' de famme parla' perché lui capisse de che pasta ero, se andavo bene per te ... Tu poi, chissà dov'eri, a un certo punto te ne sei andato!

VALERIO - Dovevo sistemare la barca ...

TERESA - Ah, ecco! Te ciaveva mandato tuo padre, chiaramente. Così je veniva più facile de “valutarmi", come dici tu. E infatti, dopo che m'aveva squadrata, s'è messo lì, sulla sdraia, con il giornale in mano, a legge, con i suoi occhiali neri ... Manco se fossi stata 'na mignotta de passaggio, nun me filava proprio! ...

VALERIO - Forse lui continuava a leggere per non metterti in soggezione.
Ti lasciava parlare con mia madre. Tra donne, eravate più libere ...

TERESA - Guarda che m'ero messa perfino 'I pezzo sopra del costume, proprio pe' faje vede che nun è ch'ero facile; e poi me ne stavo lì, a parla' sottovoce con tu' madre, pe' nun daje fastidio ... E lui, sulla sua sdraia, niente, ogni tanto uno sguardo, ma così, distratto, tra una lettura e l'altra.

VALERIO - E poi? Avrà pur detto qualche cosa!, a un certo punto.

TERESA - E poi, niente invece! Quando tu' madre è annata a fasse 'I bagno, che nun sapevamo proprio più che di', io so' rimasta apposta, perché volevo vede se lui me diceva qualche cosa. E me ne stavo ferma, lì, e lo guardavo fisso.

VALERIO- E lui?

TERESA - E lui niente, te l'ho già detto! Faceva finta de legge 'I giornale. Ma se capiva ch'era imbarazzato, nun ne poteva più de sta' lì fermo, sotto il mio sguardo che nun lo mollava. Ma io, dura. Finché alla fine se n'è andato lui. S'è alzato dalla sdraia, è venuto vicino a me, e m'ha steso la mano. Io gliel'ho stretta forte forte, mentre che lo fissavo, finché anche lui ha dovuto guardarmi. Io, nello sguardo, je dicevo: «Bé, ciavrai pure più de cinquant'anni, ma a me nun me lo metti in culo ... ". A quel punto, lui m'ha guardato come se me vedesse per la prima volta. E m'ha sorriso.

VALERIO-Ah! Ti ha sorriso!

TERESA - M'ha sorriso perché ha capito che nun cedevo. Che non poteva metterme sotto i piedi. Nun era de cordialità, quel sorriso lì.

VALERIO - Si è fatto dal niente, mio padre. Non ha avuto mai regali da nessuno. E adesso vorrebbe che io continuassi la sua strada. Ha capito che anche tu sei partita dal niente, e invece di sentirti simile a lui e di offrirti la sua simpatia, di aiutarti, cerca di crearti delle difficoltà. Perché, nei suoi calcoli, per me lui ha pensato a una donna di condizione sociale elevata. Qualcosa di più alto.

TERESA - Che hai detto? “Qualcosa di più alto”?

VALERIO - Soldi. Potere. Ceto sociale. Quelle cose ìi. Lo ha detto tante volte.

TERESA - Anche tu hai usato quel termine. Come una cosa naturale. “Qualcosa di più alto”...

VALERIO - L'ho usato per farti capire come la pensa mio padre! Teresa, cosa vorresti dire?

TERESA - lo Valerio non capisco più che cosa vuoi.

VALERIO - Voglio te. La mia ribelle matta.

(le si avvicina timidamente)

Io voglio essere diverso da mio padre. Ma tu devi aiutarmi, Teresa.
Devi capire che anche per me, certe volte, è difficile ...

(la abbraccia; anche lei fa lo stesso)

TERESA -Appena hai finito 'sto servizio civile, ce ne andiamo via insieme. Magari tu me raggiungi in Svizzera, dove vado al campeggio coi ragazzi piccoli. Poi da lì, quando ho finito pure io, ce ne stiamo soli soli in qualche baita ... Ti voglio tanto bene. Sono gli altri a rischiare de dividerce.
Le persone ... le cose ... Non siamo noi, nemici.

VALERIO - Sì, Teresa. Andremo via insieme. Lo desidero anch'io.

I due si baciano.

 

M - IL RESTAURA TORE

Sandro seduto a terra sta preparandosi uno spinello. Si avvicina Cesaretto, portando un tavolinetto rozzo con sopra alcuni attrezzi per il restauro; sotto il braccio tiene un grande angelo di legno dipinto, una di quelle sculture seicentesche che qualche volta si trovano dagli antiquari e provengono da una chiesa.

SANDRO (continuando nella preparazione dello spinello)
Te piace l'angiolone, Cesare'?

CESARETTO - Me piace sì. Proprio come quando ciavevo bottega, al centro storico.
Ma tu, che ne sai de 'st'angiolone?

SANDRO - Che ne so? E chi l'ha dato a Yuri in cambio de 'na piatta?

CESARETTO - Sei stato te, è cosi? Yuri se sta a arreda' la villa giù al Circeo ...

(lavora all'angelo; raschia, ripulisce con uno straccio umiddo; spennella)

Quando sarà finito, farà 'na bella figura. Il guaio è che de lavori così, nun ce ne stanno mica tanti. .. Giusto quando un tipo come te va a rimedia', come che fate voi, che quel che trova trova ...

SANDRO (accenna allo spinello) 'Sta robba, nun te la regalano ... Ma a me, me sta bene cosi.

CESARETTO - (una mano sulla guancia dell'angelo)
Guarda che bei colori! ... Pare de carne questa faccia ... Mentre che tu sei giallo,
Sandro mio. Ma già, con quella robba che prendete ...

SANDRO - Ma te sei visto, a te? Da quando vivi qua, pari 'n'anima in pena.

CESARETTO- Nun ho mai pace, sì. Quando avevo bottega, stavo sempre là, nun me stancavo mai.

SANDRO - Ma non potevi insistere ... restarci? Se t'impuntavi ...

CESARETTO - Eran quattr'anni che stavamo a fa' su e giù dal giudice. Un'angoscia che non finiva mai. Alla fine ho ceduto. Adesso cianno messo 'na buticche, gioielletti, collane, braccialetti ...

SANDRO - Ma qui, nun ciai provato, a fare 'sto lavoro?

CESARETTO - E che aggiustavo? Le sedie de plastica? Indoravo le moto?

SANDRO - Te mettevi 'na bottega ... che ne so?

CESARETTO - Qua la gente torna solo pe' dormi'. Figurati se cià i soldi per arredasse casa con li angioloni ... Giusto Yuri, pe' fa' vede che ha mezzi, quando mostra ai clienti i vasi delle tombe etrusche.

SAN DRO - Vuoi tirà?

(gli offre lo spinello)

CESARETTO - Ma lassame perde! Che già me gira la testa cosi come me ritrovo, figurati se tiro 'sta monnezza! ...

SANDRO - Tanto il lavoro da muratore l'hai lasciato ...

CESARETTO - E ciavevo provato, ma 'ste cose bisogna comincia' da ragazzini. Sopra quei ponti, me pareva già d'esse cascato. Hai voglia a pensare alla famiglia, che devi guadagna' ... A me lo stomaco me se girava tutto, le gambe me tremavano, gli occhi me se chiudevano ...

SANDRO - lo lavoravo bene, da muratore. Poi è tornato quello che stava in malattia.
E m'hanno mandato a casa.

CESARETTO - Pure tu ne hai provati, de lavori ... Ma io sono tanto più vecchio de te, Sandro. E ciò i figli e la moglie. Quella poveraccia fa la sostituta della bidella che sta in maternità. Ma il posto fisso, che sistemerebbe tutte cose, quello nun viene!

(rimane pensieroso; accarezza l'angelo)

A meno di un qualcosa che ce faccia conosce di fronte a tutti quanti. Se facessimo notizia, capisci Sandro? Allora sì. ..

SANDRO - Ma che te stai a fa' veni' in mente, Cesare'? Restaurati 'sto angiolone, che per oggi ciai 'na cosa bella, mortacci tua!

CESARETTO - (assorto nei suoi pensieri, accarezza l'angelo)
Tu che ne dici, eh?, bell'angiolone? Che ne dici tu?

SANDRO - A Cesare', adesso te metti pure a parla' con l'angelo?

CESARETTO - (assorto) Chi lo sa? Chi lo sa che lui non mi capisca?

Cesaretto si allontana con l'angiolone tre le braccia, in un atteggiamento affettuoso, come se tenesse un bambino. Continua a parlargli sommesso, mentre si allontana fino a scomparire dalla vista.

SANDRO - Bo! S'è ammattito.

(Sdraiato a terra, si prepara uno spinello)

Sandro fuma lo spinello. I rumori del quartiere. Urla. Sirene. Motorini. Entra Anna con un grosso pacco tra le braccia.

ANNA - Che, s'è ammattito Cesare'?

SANDRO - Stava a ridipegne l'angiolo pe' Yuri. Poi è tornato alla solita questione, che qua lui nun se ritrova ... A un certo punto ha ;Jreso in braccio l'angelo e se n'è andato ...

ANNA - L'ho incontrato al fiume. Je parlava, all'angelo. Diceva: «Tu che ne dici?». Mah! Certe volte io pure me sto a ammatti', parlo da sola, che ne so?, parlo a Mimmo, mi fijo che sta dentro. Mentre che spiccio casa, je parlo, a quello, con le parole proprio, me figura che lui me sente. Je dico che poi esce, che se ne stia tranquillo, che a tutto se rimedia ... So' venti volte che va a fini' in galera, ma io ce spero sempre che lui se metta a lavora' ... Oggi è giorno de visita e io gli porto il pacco.

SANDRO - Che ciavete messo, Anna? I biscottini fatti in casa ... Le sigarette, eh? .. la cioccolata ... e i soldi per i pasti.

ANNA - Eh!, quelli sì, son tanti. Ma che, dobbiamo mantenerli noi, i nostri figli, se lo Stato li manda in galera?

SANDRO - Quello è abituato bene, con la vostra cucina ...

ANNA - Almeno quando è dentro, son più tranquilla, nun ciò l'angoscia che l'ammazzano come un cane durante una rapina. Anche là dentro, in ogni modo ... Ma lui nun è de mafia, chi lo tocca? E poi, è così dolce il figlio mio! ...

SANDRO - Là dentro non son rose e fiori, ne so qualcosa anch'io. Magari lo vengo a saluta' pur'io, che dite?, je farà piacere?

(si alza da terra)

ANNA - Ma sì Sandrino. Tanto nun è che ciai molto da fare ... Così m'aiuti.

(gli porge il pacco, che Sandra afferra)

Che 'sto pacco è proprio de piombo. Cinque chili te concedono, cinque chili non un grammo de meno io ce metto.

Arriva Osvaldo il pescatore, trafelato.

OSVALDO - S'è buttato!

ANNA e SANDRINO - (insieme) Chi?

OSVALDO - Cesaretto. S'è buttato.
Stavo a pesca' le anguille, non ce l'ho fatta a tirarlo su ...

ANNA - Ma che, è annegato?

OSVALDO - S'è voluto butta' lui. Piano piano.

SANDRO - Piano piano? Ma come?

OSVALDO - Lui m'è passato vicino. ^o stavo sotto il ponte a tira' le anguille nella rete, e poi me le buttavo nelle vasche. Ho visto che lui veniva proprio verso me, allora me so' girato dalla parte sua. Ma ciavevo 'ste reti, non potevo mollarle. Lui s'è fermato all'altezza mia. M'ha mostrato quell'angelo de legno, gli carezzava 'na guancia, come fosse a un bambino ... E me diceva: "È d'accordo pure lui, che è 'na bella idea! ... “. lo non capivo di che parlava, però me sembrava tutto allegro, je faccio: "Ah allora se è d'accordo lui, va tutto bene!” e j'ho strizzato l'occhio, come se fa' in 'st'occasioni. Stava già lontano ... Dice: "Sì sì, dice che poi ce pensa lui, a smove gente, per il posto a Gianna e tutto il resto ... “. Io l'ho perso un momento con lo sguardo, le reti me pesavano, dovevo rovesciarle nella vasca. Poi ho girato l'occhi, l'ho ripreso: lui scendeva piano piano, nell'acqua. Era già a mezza gamba. S'era accorto che lo stavo guardando, ha alzato l'angelo con tutte e due le mani, sopra la testa, e lo muoveva de qua e de là, come a salutarmi. .. E continuava a scendere, un passo dopo l'altro. Là ce stanno correnti, lui lo sapeva, l'altr'anno è annegato un ragazzino ... Mentre che io pensavo de raggiungerlo, lui è sparito in mezzo a un gorgo. Ho gridato ma nun c'era nessuno. L'ho visto riaffiorare per un attimo, ma stava già lontano. Si teneva abbracciato all'angiolone, appariva e spariva, senza un grido ... Intanto era venuta gente. Qualche pescatore s'era tuffato con la barca accanto per non essere portato via dalla corrente.

SAN DRO - Ma poi, non l'hanno preso? Nessuno è riuscito a salvarlo?

OSVALDO - Era lui che non voleva. Si lasciava scivolar via dalla corrente ... I gorghi lo inghiottivano, lui e quell'angelo che non mollava. L'acqua li ha coperti. Poi è emerso l'angelo da solo. Quando l'hanno trovato all'altro ponte, per lui era finita.

ANNA - Bisogna dirlo a Gianna. Starà alla scuola.

(a Sandro)

Tu accompagnami. Mimmo deve sta' dentro altri due mesi, per stavolta s'accontenta.
Io credo di dover restare qua, per oggi.

I tre si allontanano. Prima di andarsene come Anna e Sandro, Osvaldo raccoglie il tavolinetto con gli attrezzi di Cesaretto.

OSVALDO - Non s'era abituato, qui. Se n'è andato con l'angelo. Beato lui.

 

5 - LA SEPARAZIONE

Un telefono pubblico attaccato al muro esterno di un palazzone del quartiere.
Teresa al ricevitore.

TERESA - E allora, Valerio? Ah, parti per il Brasile E perché?
Una borsa de studio ... sui problemi dell'emarginazione giovanile: ma nun avevi detto che volevi veni' pure te in Svizzera, dopo 'I campeggio? Poi lì studiavi anche un pochino, se dovevi ... e stavamo insieme, nun volevamo fa' così? E che me frega a me, se tu poi dal Brasile me telefoni? Che me frega de 'n pezzo de cornetta, coi secondi contati e l'ora fissa? .. Ah, tuo padre vole che te laurei al più presto, e la borsa de studio è necessaria per la tesi ... Ma nun ce lo sapevi anche da ieri, quando ce semo visti? Me lo dovevi di' adesso, pe' telefono? Dopo che t'ho aspettato per un'ora, e nun te sei fatto vede ... Valerio, tu sei proprio tutto matto, oppure sei in malafede, il che è anche peggio. Nun te preoccupa', tu vai pure in Brasile, a studia' l'emarginazione e tutto il resto, io vado in Svizzera, coi ragazzini del campeggio. Da fare io ce n'ho qua, da noi.

(piange con rabbia)

Nun c'è problema, Valerio, nun c'è proprio problema ... Fai quello che te pare, ché tuo padre, alla lunga, me l'ha messo proprio in culo. E io, che me credevo ... Bé, salutame mamma, e statte bene.

Teresa abbassa il ricevitore. Si lascia scivolare giu, restando con la schiena appoggiata al muro e le gambe a terra. Lacrime di rabbia le scendono sul viso. Intorno, i rumori e le grida del quartiere. Motorini a tutto gas. Sirene della polizia. Grida e vociare in crescendo. Teresa urla a bocca spalancata. Un suono uniforme, violento.

TERESA- HHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!! ! .

Il grido è sommerso dai rumori.

Compare Matteo. Ha in mano un mazzetta di fiori di campo, di quelli che si ritrovano sulle rive di un fiume, anche in periferia. Matteo si avvicina a Teresa e le porge i fiori. Teresa prende i fiori, stende le braccia verso Matteo che si accoccola in grembo a lei, facendosi piccolo piccolo. Teresa tiene Matteo stretto a sé, il viso reclinato su di lui. Come una Madonna addolorata con un bambino Cristo.

FINE

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