Al Politecnico di Roma una figlia trova il padre nella "Sibilla" di M.Boggio
di Carlo Vallauri


Quando un personaggio famoso (un romanziere, docente universitario, nel caso della commedia di Maricla Boggio Sibilla) inseguito da allievi ed altri vari interlocutori, si sofferma sull'imprevisto arrivo di una ragazza dall' "isola", lo spettatore sente già, alla pronuncia di quel misterioso accenno, che in quell' "isola" qualcosa di grosso deve essere accaduto al professore. E non sorprende allora che venga presto fuori come si tratti della figlia che egli – ignaro – ha avuto durante una bella avventura tra onde sulle spiaggia e persino sabbia, quella sabbia che la ragazza gli rovescia impietosamente nel suo studio.

In questa breve traccia si snoda una storia d'altri tempi che il protagonista affronta con leggerezza e disinvoltura quasi come se l'intreccio riguardasse altri: quindi, con pacato distacco, prende atto della felice (per lui) e drammatica (per le conseguenze che la madre della ragazza ha subíto) avventura. Non un rimorso, non un sentimento doloroso, ma la constatazione di un dato reale che scorre lievemente, ed il professore potrà poi riprendere la sua vita normale, come se nulla fosse accaduto. Se voleva essere la denuncia di un comportamento irresponsabile al quale i potenti di turno, i fortunati al colmo di una vita piena di successi, possono affidarsi, il risultato è conseguito.

Mario Prosperi ha saputo cogliere il freddo disinteresse di un egoista, concentrato com'è su se stesso, mentre Viola Zorzi ha offerto la sua giovanile schiettezza al ruolo della figlia che, vissuta al di fuori di ogni regola, "scopre" il padre, secondo le ritualità del teatro di costume. Completa i ruoli Paola Sebastiani come sorella compromissoria del professore (Politecnico).

Carlo Vallauri

Da "Scena Illustrata sul web", giovedì 17 gennaio 2008

 

 

Sibilla
di Daniela Pandolfi


Quando si dice: "Ecco, un buon testo". E' scritto e messo in scena con una così intrigante sobrietà, che fa desiderare di vederlo rappresentato a lungo e forse con più risorse: magari in un teatro più importante (Piccolo Eliseo?). Ma il "forse" non è di maniera: questo proporsi sommessamente, in uno spazio simpatico, dall'aria sia pure leggermente al risparmio, finisce per dare risalto alla qualità interna dell'opera e al valore discreto dell'impresa cui si assiste. La vicenda che si offre a pretesto dell'azione drammatica è una storia d'amore come tante, che (come tutte le storie d'amore) sulle prime incuriosisce, poi cattura, e infine, ma solo a certe condizioni, si fa emblematica. Ovviamente le condizioni di tale emblematicità dipendono dalla maturità (leggi esperienza, sensibilità e capacità inventiva) di chi l'ha vissuta o scritta: presupposti che nel presente caso si manifestano tutti e di più. Sibilla è una ragazza incantevole d'aspetto e di modi, nata da una intensa passione tra due giovani letterati, studiosi del linguaggio, incontratisi, sull'onda delle loro ricerche, in un'isola del mediterraneo affascinante e sperduta: Creta, Cipro, Malta……Un bel giorno la meravigliosa creatura (Viola Zorzi brava e bella) piomba in gran segreto a casa dell'uomo che è stato suo padre, per vedere com'è e se risponde all'idea che si è fatta di lui, attraverso il racconto della madre. I due innamorati infatti si sono persi di vista molto presto, seguendo ognuno la sua crescita personale, che li ha trasformati in due insegnanti d'università: di linguistica lei, di letteratura lui. Anzi, il giovanotto (interpretato dal Regista Mario Prosperi) ha fatto per giunta di sé un ricercato scrittore, alquanto narciso, seduttivo, sfuggente. Previsioni che l'antica fidanzata aveva azzeccato in pieno, guardandosi bene di informarlo della paternità di Sibilla, che avrebbe significato fermare incresciosamente la corsa di lui verso l'autorealizzazione e procurare a sua figlia un padre o ingombrante o inadeguato o tutt'eddue. Il terzo personaggio è la sorella del professore, che si prende cura di lui come una mamma, una perpetua, una governante, secondo quei canoni che riescono a trasformare un adulto in un eterno Puer, attraverso Edipi polinesiani e riflussi matriarcali, così tragicamente complici del paternalismo nazionale. Costei (Paola Sebastiani, arcigna e ingessata quanto basta) vive una sua importanza per il tramite dell'autorità del fratello, che amministra e centellina un po' ruffianamente a gusto suo, felice di averlo riacciuffato in età matura, come ai tempi della loro infanzia. Sibilla dovrà confrontarsi anche con questa figura di donna così antica, opportunamente acconciata come la Madama Pace dei "6 personaggi", per rendersi conto di quanto sua madre fosse in anticipo sui tempi e di quanto importanti siano la forza e la libertà di cui l'ha dotata. Gli sviluppi della storia, i costumi, le scene, forniscono indizi e considerazioni di grande importanza, per una riflessione sul presente (i giovani, i maestri, i valori importanti della vita, la fuga dalle relazioni "d'uso" in direzione dell'autenticità), con un nocciolo speculativo attuale e importante a proposito del quale ci piace dare la parola all'autrice : "Il tema della responsabilità e del suo rifiuto circola sottotraccia. Non diventa denuncia né argomento sociale. Emerge attraverso i caratteri che portano il segno di comportamenti attuali". Da ultimo, trattandosi dello spettacolo che chiude un programma giunto alla sua IX Edizione a cura dell'Associazione Culturale Drama Studio (con il sostegno dell'Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma in collaborazione con Agis e SIAE) dal titolo "Vetrina Italiana con ospite, proposta per un repertorio del teatro italiano vivente", non resta che augurarci non solo una X Edizione, ma anche un repertorio in buona salute come questo.

Da dramma.it

indietro