Titolo: “Spax"
Autore: Maricla Boggio
Editore: Bulzoni Editore
Genere: Letteratura italiana
Anno: 2004
Prima rappresentazione: Teatro Nuovo di Napoli
Produzione: Ente Teatro Cronaca
Fondato: Mico Galdieri
Regia: Fortunato Calvino
Compagnia: Lucio Allocca, Federica Aiello, Enzo Barone, Marcella Vitiello, Andrea Marocco, Rosalba Di Girolamo, Antonio D'Avino, Rosa Fontanella, Marco Matarazzo.
Musiche originali: Antonio Di Pofi
Scene: Roberto Crea
Costumi: Annamaria Morelli
Assistente regia: Stefano Ariota
Secondo assistente: Alessandra Vispo
Assistenti costumi: Roberta Mattera, Giovanna Napolitano
Testo dell'opera
Presentazione e recensioni
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Il contrario di Pax, disfacimento della pace, scoppio. Presenta i personaggi di due fazioni contrapposte richiamati alla responsabilità delle proprie azioni, al di là di un conflitto deciso dai poteri ufficiali. Inizia con un fatto di cronaca. Una ragazza che stava per uccidere gente dell'altra comunità facendosi saltare in aria, rinuncia al suo piano. Un giudice della comunità avversa la interroga sulle motivazioni; la risposta è che aveva visto dei bambini: questo l'ha fermata. Da qui si sviluppa l'affresco di due comunità che si scontrano con mezzi e modalità di diversa portata, animate da un odio che genera progressivamente altro odio; tema dominante, i bambini, che da entrambe le parti vengono sacrificati al disegno distruttivo. Si susseguono rappresentazioni di altri comportamenti conflittuali, senza denunciare le identità, leggibili ma mai espresse, dei popoli che si contrastano, affondando in una spirale di sofferenze destinate a moltiplicarsi. La struttura è della tragedia classica; messaggeri delle opposte fazioni portano annunci luttuosi; personaggi in processione - ognuno a raccontare con urgenza il proprio dramma - creano un coro di svariate individualità; una Divinità è presente e in ascolto, ma non opera più risolvendo per gli uomini il conflitto: poche le sue parole, appena suggerite al giudice, che a sua volta si interroga da se stesso come imputato; i personaggi - vecchi, soldati, ragazzi, madri, gente qualunque - si presentano a denunciare la propria sofferenza, ad accusarsi reciprocamente, a piangere i morti, a rivivere un passato felice; un tronco d'uomo - l'Oggetto, di cui non si riconosce l'appartenenza tanto la guerra lo ha privato di ogni connotazione - appare verso la fine: così è stato ridotto dal conflitto di cui ora non capisce più le ragioni; anche in questa condizione di sofferenza estrema ama quanto gli resta della vita e grida di desistere dal conflitto mortale. Nell'ultima scena i personaggi interrogano la Divinità rimasta muta, che infine dice:

"E' in voi la grazia, è in voi la dannazione, non posso privarvi di questa natura, che è un dono" .

Un velo si stacca dalla Divinità che si allontana e volteggia sfiorando i personaggi che tentano di carpirselo a vicenda fino a lacerarlo. Poi lo abbandonano, perplessi, timorosi e incerti; e se ne vanno, uno per uno.

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