Un messaggio di scottante attualità

di Agostino Masaracchia

Le Troiane di Euripide furono rappresentate nel 416 a.C. Facevano parte di una tetralogia, il cui contenuto era preso dal mito della guerra di Troia. Erano la terza tragedia, l’unica sopravvissuta, dopo l’Alessandro e il Palamede, ed era seguita dal dramma satiresco Sisifo. Filo conduttore del complesso erano la barbarie e l’inutilità della guerra. Nel perduto Alessandro erano esposte le cause scatenanti dello scontro, fondate sulla stolta cecità dei Troiani e sulla loro incapacità di ascoltare i sinistri presentimenti delle sciagure a venire, formulati da Cassandra. Nel Palamede era in scena la cieca ostilità dei Greci verso il saggio Palamede e la sua condanna della guerra. Nelle Troiane abbiamo l’epilogo tragico di tutta la vicenda, la sventura che si abbatte sulle donne troiane e la conclusiva distruzione di Troia ad opera dei vincitori. La condanna di quella guerra che, grazie alla lettura totalmente storica del mito, era l’avvenimento fondamentale delle esperienze greche, avviene in un momento in cui un’altra guerra scuote e lacera il mondo greco, quella del Peloponneso. L’anno successivo a quello in cui le Troiane vanno in scena ha luogo la spedizione ateniese a Siracusa. Nella trattazione che gli ha dedicato Tucidide questa spedizione è diventata nella coscienza culturale europea l’emblema delle pulsioni sopraffattrici e omicide dell’imperialismo. E’ interessante osservare che sia in Euripide che in Tucidide, autori assai diversi per vocazione e realizzazioni, la guerra è condannata in modo totale, attraverso la rappresentazione dei suoi lutti e delle sue miserie nel poeta tragico, attraverso la lucida illustrazione delle sue motivazioni e del suo attuarsi nello storico. Il punto cruciale per ottenere una corretta interpretazione delle Troiane è la valutazione dell’apparato di divinità che fanno parte dei personaggi della tragedia. In proposito, si deve considerare fuorviante il vedere in Posidone e in Atena, soprattutto in Posidone, i portatori di un messaggio morale, che suggerirebbe di leggere nella prospettata rovina dei vincitori l’attuarsi di una punizione per le colpe di cui essi si sono macchiati, durante la conquista di Troia, nei confronti degli uomini e degli dèi. In proposito è cruciale l’interpretazione dei vv. 95-97: in essi “non viene espressa una dottrina moraleggiante, che potrebbe giustificare la rovina dei Greci e contemporaneamente mettere in guardia altri mortali da una simile sventura, ma invece un commento sarcastico sulla mancanza di previdenza, indicata come stoltezza, dei Greci che, mentre ancora infuriano contro i santuari di Troia, non hanno il presentimento della loro rovina, che in breve tempo li coglierà, provocata dagli stessi dèi” (Th. Gärtner in Quaderni Urbinati di Cultura Classica N.S. 78, 2004, p. 43). Scrisse ottimamente D.J. Conacher, Euripidean Drama, London 1967, p. 137: “Il tratto che più colpisce nel prologo è il suo quadro degli dèi come crudeli ed egoisti nelle loro spaventose decisioni e nella loro volubilità”. Gli dèi delle Troiane non sono diversi da tante altre figure divine euripidee, come ad esempio Afrodite e Artemide nell’Ippolito e Dioniso nelle Baccanti. Il mondo divino euripideo è amaro e disincantato e non si presta a sovrapposizioni e deformazioni ideologiche tanto care alle ideologie moderne, spesso ispirate dalle religioni monoteiste con le loro irrefrenabili pulsioni maschiliste e razziste e con la loro adesione di fondo alle vocazioni dell’imperialismo. Il mondo di Euripide non ha niente in comune con l’ideologia che ispira le azioni colonizzatrici, volte a difendere contro ogni logica e regola internazionale la ricchezza e il potere di uno Stato. In questo senso il suo messaggio, insieme a quello di Tucidide, rivela la sua attualità, tanto più scottante ed evidente per il fatto che le vittime indicate della guerra sono in primo piano le donne, notoriamente subalterne nell’ordine sociale difeso dall’ideologia imperialista.
Maricla Boggio è già nota e apprezzata nella sua opera di traduttrice di testi tragici greci. Tradurre Euripide comporta una viva attenzione ai valori espressivi di un linguaggio che accosta il fluire, sostenuto ma limpido, delle parti dialogate con il tono appassionato, ma fiorito e retoricamente elevato dei cori. A queste caratteristiche Maricla Boggio è sensibile e consapevolmente in sintonia. Di Troadi viene fuori una traduzione dotata di una scrittura di alta caratura letteraria, ma insieme perspicua, adatta sia alla sua fruizione nella lettura, che nell’utilizzazione sulla scena teatrale.


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