Il teatro della memoria
di Lucio Villari

E così, anche il teatro sfoglia le pagine di un libro della nostra storia dove una privata e segreta passione d’amore si immerge in un forte sentimento di libertà e si confonde con lotte per l’indipendenza e con guerre di liberazione nazionale.
Solo il teatro sa, infatti, restituire alla verità della storia (di una storia, però, non libresca ma colta nei lampi della memoria, della parola, della voce) una delle vicende del nostro Risorgimento che più di altre ha il respiro della tragedia: quella di Anita Garibaldi. Maricla Boggio ha perciò sfidato l’impossibile di un frammento dell’Ottocento, di cui più ha “abusato” la retorica oleografica del risorgimento, restituendo i momenti terminali, agonici di una Anita stremata dalla febbre, dello stremo della fuga da Roma vinta dai francesi nel 1849, avvelenata da una gravidanza ormai compromessa, perduta.
Ebbene, questa Anita che si spegne lucidamente tra le braccia del suo Josè, non può ormai che dialogare con la sua memoria di adolescente, bruna, stupenda americana folgorata dal biondo italiano, appassionato di libertà e di languide carezze. Ecco allora il teatro della memoria che snoda lentamente i suoi grani e che narra dell’educazione sentimentale di una donna che conquista gioiosamente l’indipendenza interiore, l’autonomia delle scelte e la libertà del giudizio estetico sugli uomini che la circondano, tutto questo mentre esplode in lei, come un uragano dei Caraibi, la coscienza della rivoluzionaria e della lottatrice. Quanto racconta “L’ultimo sogno di Anita Ribeiro sposata Garibaldi” è dunque la pura e semplice verità storica ed esistenziale di una biografia politica e umana per molti aspetti unica e inedita del Risorgimento italiano.
Un Risorgimento che se ha avuto degli “eroi” non ha avuto però eroine, tranne appunto la bella e coraggiosa Anita. Nessun’altra italiana ha saputo e potuto imitarla, neanche Cristina di Belgioioso che pure era accorsa, tra lo scandalo dei benpensanti milanesi, a soccorrere i difensori della repubblica romana in quello stesso fatale 1849. Anita resta sola, nella trepidazione rib elle e sensuale, a muoversi nello scenario di due mondi che ella vede ricongiungersi nella voce seducente, nei baci appassionati e nella tempra politica e militare del suo Josè- Il sipario della storia è calato troppo presto sulla sua giovane e ardente vita, ma Anita è custodita per sempre nel nostro cuore.


Il sogno di un amore
di Luigi M. Lombardi Satriani

“Bambino…Mio bambino… Che nome ti avremmo dato io e tuo padre? Dopo quattro fratelli tu venisti ad allietare il nostro amore… Bambino mio, noi ce ne andremo insieme… Non sarai solo… Voglio parlarti del mondo… e delle cose belle che ho vissuto… Tu non vivrai perché non ho più sangue e non ho più respiro da offrirti per farti diventare un vero uomo… Ma di me… io posso raccontarti… e di tuo padre…”: Anita morente così si rivolge al figlio che porta in grembo, iniziando una struggente rievocazione dei tratti essenziali della propria esistenza, della propria storia d’amore.
L’infanzia di una bambina povera di Laguna viene così a essere delineata nella sua trama di sofferenze e fremiti di libertà, di fierezza e di sopraffazioni subite nell’angusto orizzonte di un paese in cui nascere povera e donna comporta una doppia e radicale emarginazione, una irriscattabile soggezione.
L’amore in a queste cupe giornate è luce che irrompe trasformando le cose, rendendo irrevocabile il destino di Ana Maria de Jesus, che diviene Anita Garibaldi e come donna dell’eroe muore in una cascina dell’agro romagnolo, nel corso di un’ennesima campagna di guerra del Generale.
E’ l’apoteosi dell’amore, il suo trionfo quale può essere celebrato da una donna, cui è stata culturalmente riconosciuta la prerogativa di essere totalmente disponibile all’assolutezza dell’amore, alla sua radicalità.
E’ amore-libertà (“Stanno cercandoci, ma sono lontani. Non ci troveranno, lo so! La vita con Josè ha sempre avuto questo sapore di pericolo… Pochi i giorni senz’ansia: i primi tempi, quando andavamo a cavallo nei boschi… o sulla spiaggia e il vento asciugava il sudore dai nostri corpi dopo l’amore… Là finalmente eravamo soli, lontani dai pettegolezzi del paese… io per la gente ero ancora una donna sposata”); amore-desiderio di naufragio nell’altro(“In quelle ore di attesa, ci dicevamo ogni pensiero più segreto, i sentimenti, le ansie, il sollievo… speranze e desideri… Poi quando eravamo sazi di parole il respiro dell’uno si annullava nell’altro…”); amore-ancoraggio di assolutezza nella precarietà (“La guerra ci svelò nel coraggio, e ancora di più sentivamo quanto fosse importante essere uniti”); amore-egoismo (“E ogni volta che tenevo fra le mani il capo di un soldato caduto, opposti sentimenti mi spaccavano il petto. Pietà per quel ragazzo che non sarebbe più tornato alla sua casa, e gioia lancinante, come un balzo nel petto a riprender speranza perché non era il mio Josè, non era lui quell’uomo senza vita già freddo deformato dal piombo, e ad ognuno che guardavo cresceva in me la sicurezza che fosse vivo! Sì vivo ancora il mio Josè”); amore-gelosia (“E insieme all’ansia per il pericolo a cui continuamente andava incontro combattendo, un’altra ancora… oh! Non mi vergogno a dirlo!, un’altra per me più tremenda e più angosciosa che mi prendeva: la gelosia, suggestione della mente, che distruggeva ogni forza nel mio essere”) : amore-dedizione (“Ti seguirò dovunque”: “Siamo una cosa sola, io e il bambino. E io con te, sono una cosa sola. Dunque verrò”: “Non ti ho sacrificato, bimbo mio, sarei morta se lui mi lasciava”).
L’amore attraversa la vita di Ana Maria de jesus, è il suo eroismo, è il fondamento della vita e suo assoluto inveramento.
Questa donna sa essere infinitamente serena perché l’amore scorre infinitamente in lei: (“Occhi di colomba… figlio della mia Laguna, la tua ragazza non potrà più baciarti… Vi bacio io per lei, dolci pupille scure e vi chiudo per la vostra pace”); sa, lei che pur aveva contrapposto da ragazza aggressività ad aggressività, essere delicata (“Rosita dovremo andare a trovarla. In quel bel prato verde, con tanti gigli… e rose… E’ difficile raccontare ai bambini che la morte gli è passata vicino e ha portato via uno di loro”) perché la luce di un sentimento assoluto l’ha illuminata.
Brecht rilevò che si ricordavano i nomi dei grandi costruttori ma non quelli che con la loro anonima fatica avevano reso possibili i monumenti,le opere gigantesche; si ricordavano analogamente soltanto i nomi dei generali delle grandi battaglie e non quelli di coloro che le hanno di fatto compiute; c’è una sorta di crudeltà della storia che consegna alcuni nomi alla memoria dei posteri e perciò stesso precipita quelli di innumerevoli altri nell’oblìo infinito del nulla. Anche per Garibaldi è stata operante questa logica crudele: la gloria della memoria ha toccato anche la figura di Anita, ma certo per luce riflessa.
Maricla Boggio, ispirandosi al libro “La donna del Generale”, dall’omonima pronipote di Anita Garibaldi, ci restituisce con acuta sensibilità e intensa capacità evocativa i tratti di una donna che ha conosciuto un assoluto e a esso si è pienamente dedicata. La parola teatrale attraversa, così, il tempo e fa parlare con noi, in un fitto dialogo antico e moderno, denso di suggestione, Ana maria de jesus, ragazzina di Laguna.

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