ROMA Spettacoli

martedì 10 maggio 2011

Gianni Mattioli

Con la regia di Fortunato Calvino all’Accademia di belle Arti

Ecco “Il racconto di maggio”

Napoli. E’ dalla parole del grande scrittore ebreo Primo Levi, che possiamo desumere il perché della rappresentazione dell’opera di Maricla Bogtgio, “Il racconto di maggio”, messo in scena dal regista Fortunato Calvino, nell’ambito della rassegna “Il maggio di belle arti”, presso la sala teatro Niccolini, nell’Accademia di Belle Arti. “Siamo in molti, ma ogni anno il numero diminuisce - dice amaramente Levi - a ricordare il modo specifico in cui laggiù, temevamo la morte. Se morremmo qui in silenzio, come vogliono i nostri nemici, il mondo non saprà di cosa l’uomo è stato capace, il mondo non conoscerà se stesso”. Queste le parole che vogliono essere il motivo dominante della messa in scena sullo scritto dei Maricla Boggio e la regia e l’elaborazione di Fortunato Calvino insieme a Massimiliano Rossi e agli studenti di Belle Arti. In un contesto narrativo che si sviluppa attraverso il racconto degli ex deportati filtrato da una riacquistata serenità del preswente, la rappresentazione assume una forza visiva di derammatico impatto attraverso le “visioni” in cui i protagonisti di efferate crudeltà rivivono la loro storia apparendo con i segni delle torture subite. Nella necessità di far conoscere ai giovani di oggi la testimonianza dei sopravvissuti allo sterminio si concretizza la ragione primaria di questa rappresentazione. E’ stata un’avventura durata sei mesi e grazie alla partecipazione e all’entusiasmo creativo dei giovani dell’Accademia di Belle Arti di Napoli che questo progetto si realizza e grazie al professore Angelo La Fera a cui va il merito dell’avventura da parte degli studenti. n viaggio, quello compiuto dal regista -calvino e dagli studenti di Belle Arti, nella memoria e nel dolore, che solo un’autrice sensibile come Maricla Boggio poteva descrivere nel suo testo già nel titolo così evocativo. -scrittrice dalla notevole intensità drammaturgica, che già in passato si è messa in luce per altre ricostruzioni storiche, tenendo sempre presente la verità e il punto di vista dei più deboli e delle vittime degli avvenimenti storici più importanti che hanno contrasssegnato il nostro Paese. Anche in questo lavoro gli episodi si succedono con incalzante capacità evocativa, come costume della scrittrice. Ricordi atroci e di momenti di intensa pietas, che riemergono da anni di silenzio. La dimensione del ricordo sviluppato da uomini e donne nel rivedere i luoghi della deportazione consente allo spettatore di formulare un giudizio critico, pur coinvolgendolo nell’emozione di vicende che riemergono dal passato, con la minaccia di potersi ripresentare se la sete del potere e la violenza che la accompagna tornassero a prevalere.

 

 

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venerdì 13 maggio 2011

Costanza Falanga

CALVINO E IL RACCONTO DI MAGGIO

Il regista napoletano porta in scena il lavoro firmato da Maricla Boggio

Riaperto l’anno scorso dopo lunghi lavori di restauro che lo hanno reso un teatro moderno a tutti gl ieffetti, lo storico teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, intitolato all’archietetto Antonio Niccolini, ritorna a vivere finalmente anche nella sua funzione di proscenio con un lavoro diretto dal regista e drammaturgo napoletano Fortunato Calvino, “Il racconto di maggio” firmato da Maricla Boggio, nell’ambito di una rassegna che sta riscuotendo molto successo. (...) Massimiliano Rossi dà vita ad un lavoro composto da diversi quadri scomponibili che concorrono a rappresentare il viaggio di un gruppo di amici, ex deportati, fino al campo di sterminio in cui erano stati prigionieri durante il periodo nazista. I sopravvissuti, ormai anziani, accompagnano un gruppo di giovani e nel corso del viaggio narrano loro la terribile esperienza vissuta, facendo rivivere in scena una serie di episodi che neanche loro pensavano di ricordare. Il viaggio intrapreso è una preziosa occasione per svelare e trasmettere ai ragazzi, compagni di viaggio, il senso terribile di ciò che è avvenuto, affinché non si ripeta mai più.

 

 

Nell’ambito della rassegna
“Il Maggio delle Belle Arti di Napoli”

Omaggio a Primo Levi con “Il racconto di maggio”

servizio di Maddalena Porcelli

Napoli. 15 maggio. Nell’ambito della rassegna “Il Maggio delle Belle Arti” il regista Fortunato Calvino mette in scena, nella sala Niccolini dell’Accademia di Belle Arti, in collaborazione con i professori Angelo La Fera e Mario Romano, “Il racconto di Maggio” tratto dal testo della scrittrice Maricla Boggio. Lo spettacolo, frutto di un intenso lavoro protrattosi per oltre cinque mesi con gli allievi dell’Accademia, ha dato vita a momenti di grande intensità emotiva. Gli attori, tutti giovani dell’Accademia, sono stati affiancati dall’attore Massimiliano Rossi nel ruolo dello scrittore Primo Levi d di un generale delle SS. Una scenografia essenziale, con un proscenio composto da vestiti dismessi e scarpe consunte, ha dato il via al racconto dei sopravvissuti ai campi di sterminio che insieme ad un gruppo do giovani affrontano un viaggio a ritroso nei luoghi della prigionia per testimoniare una realtà e sottrarla all’oblio. Delicatissima la coreografia, soprattutto quando, attraverso morbidi movimenti di danza, vediamo i corpi congiungersi per divenire albero, per poi scomporsi in individualità sofferenti. Calvino, che da sempre è impegnato nella costruzione di una grammatica della testimonianza, ci pone nella condizione di riflettere sulla deriva della memoria, sul tempo che la offusca, sulla perdita di senso del linguaggio utilizzato nelle formule celebrative. Ciò che ancor oggi si stenta a comprendere è che per quanto il lager incarni una dimensione d’eccezione al suo culmine, per quanto sia il luogo di una morale capovolta, esso appartiene pur sempre all’esperienza umana. Calvino ce lo ricorda,dando voce ai suoi personaggi,ai loro ricordi: fame,freddo,pidocchi e cimici, le botte, la paura,la lotta con se stessi per non perdere il senso di sé e della dignità,la resistenza all’annientamento,perché tutto,anche i sentimenti più intimi,vennero stravolti in quell’universo e perfino la libertà di quei pochi sopravvissuti sentita come un peso da sopportare; perché quando s’impongono quelle condizioni, anche gli istinti primigeni sono annientati; negazione della solidarietà umana,indifferenza cinica per il dolore altrui,abdicazione dell’intelletto e del senso morale,al punto che i confini tra vittime e carnefici sembrano svanire. Parole,musica dal vivo per pianoforte e violino,danza: tutte queste arti vengono utilizzate per descrivere il patimento di un’umanità ridotta al niente. Primo Levi,al quale Calvino fa omaggio in questo lavoro,dichiarò “ Ogni uomo civile è tenuto a sapere che Auschwitz è esistito,e cosa vi è stato perpetrato:se comprendere è impossibile,conoscere è necessario”. Non basta un giorno della Memoria per acquietare le coscienze e nessun uomo può ritenersi immune dal male dopo l’esperienza dei lager. E se quella memoria è stata costruita attraverso la grande diffusione dei cimiteri di guerra e di monumenti ai caduti,programmati secondo un linguaggio di esaltazione patriottica e di glorificazione della morte per la patria,resta memoria non elaborata e dunque destinata alla dimenticanza o,peggio ancora,all’indifferenza. Quella dei lager,sembra suggerire Calvino,non è un capitolo di storia concluso e in nessun modo dovremmo considerarlo appartenente ad altri. Quella storia è la nostra storia,consumata,come sostiene il sociologo Bauman,in nome della modernità. E’ utile tener presente quanto da lui dichiarato:”La modernità ha reso possibile il razzismo: un’era che ha proclamato il successo come unica misura del valore umano,che ha aspirato all’autocontrollo e all’autodeterminazione, che non ha ammesso l’esistenza di diverse culture”. Elaborare quella memoria, ostinarsi a testimoniarla,soprattutto ai giovani,è un dovere morale specialmente in era contemporanea,laddove i meccanismi della globalizzazione e della politica economica neoliberista determinano la diffusione di nuove ideologie razziste,basti pensare anche soltanto alle attuali politiche sugli immigrati,adottate dalla gran parte delle nazioni europee.

 

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