Titolo: “A freira Portuguesa"
( La monaca portoghese )

Premio Fondi La Pastora 1978;
Premio IDI 1980.
Autore: Maricla Boggio
è andato in scena il 18 ottobre 2010 a Porto, in Portogallo, al Teatro Campo Alegre, con la compagnia Seiva Trupe diretta da Julio Cardoso, la regia di Claudio Hochman
Traduzione: Carmen Morais de Sarmento
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“La monaca portoghese” è stato rappresentasto per la prima volta nel 1980 nell’ambito del Teatro di Roma diretto da Luigi Squarzina. Oltre al Premio Fondi la Pastora nel 1978 ha avuto il Premio IDI - Istituto del Dramma Italiano - nel 1980, per mezzo del quale sono stati sostenuti i costi dell’allestimento insieme al Teatro di Roma.
Protagonista Rosa Di Lucia, Piero Di Jorio nel ruolo di Noêl, con altri cinque attori, costumi di Gianna Gelmetti, scene e regia di Bruno Mazzali.

Tradotta in francese da Jean-Max Méjean, “La religieuse portugaise” viene rappresentata nel 1997 a Parigi al Théâtre de la Bonne Graine, per la regia di Rachel Salik, protagonista Nadia Samir, con altri otto attori.

Il dramma si ispira alle cinque "lettere portoghesi", composizione letteraria del '600 o lettere autentiche di Mariana Alcoforado, monaca del convento di Beja, innamorata di un ufficiale francese venuto in Portogallo per combattere contro gli spagnoli e poi tornato a Parigi, dimentico della passione che l'aveva legato a lei. Mariana vive in queste lettere un universo di dedizione, di tenerezze, di rimpianti, incredula dell'abbandono, fino ad arrivare a distinguere tra l'amore come sentimento assoluto e il soggetto a cui si rivolge. Sfiorisce l'irrazionale passione mentre subentra il bene, prezioso ma triste perchè cosciente, dell'intelligenza. Ogni lettera è inviata a Noël attraverso un luogotenente che arriva con una nave dalla Francia, al quale Mariana affida i suoi messaggi; la mancanza di risposte da parte del cavaliere, o risposte insulse le fanno capire la vacuità dell'uomo da lei idolatrato.
Personaggi e situazioni nascono dalle lettere di Mariana; l'allucinazione dura un anno, entro il quale si consuma la sua vicenda sentimentale all'interno di una immutabile struttura conventuale e liturgica, composta di preghiere, rituali, canti. Il fantasma di Noël anima i giorni e le notti di Mariana; le si presenta durante le preghiere sostituendosi al Cristo, le ritorna nei momenti dell'antica felicità, la sconvolge nell'immaginarlo a Parigi contornato dalle dame dell'aristocrazia o dalle prostitute nelle sue notti dissolute; in questo delirio le monache diventano le donne che si sono impadronite del suo amore; le loro presenze definite dai colori dell'anno liturgico -rosso, verde, viola, bianco- ruotano intorno a lei; gli animali -il cavallo, la colomba- e i concetti -la sorte- diventano presenze incombenti che la rimproverano o le portano sinistri presagi. Concluso il dialogo con Noël assente o reticente, muto o derisorio, Mariana arriva al distacco dall'amante, non senza qualche disperato ritorno ad una passione difficile da spegnere. Alla fine il cavaliere offrirà quelle lettere appassionate e sanguinanti ad un "antiquario" perchè comprandole ne faccia commercio, com'era di moda nel seicento, quando i carteggi amorosi venivano inventati dai letterati per la delizia dei salotti. Eppure, Mariana Alcoforado è realmente esistita; a Beja c'è la sua tomba, nel convento dove visse fino agli ottant'anni, dimentica, dopo tanto soffrire, dello stolto e vanesio cavaliere francese.


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